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Lo hanno visto giocare per strada nella Favela, ora firma col Barcellona | Realizza il sogno di una vita

Barcellona/ fonte Facebook- mondosportivo.it

Da una gioventù terribile al sogno Barcellona: l’incredibile storia del calciatore che ha fatto commuovere tutti gli appassionati.

Diventare calciatori per tanti è un sogno vero e proprio. Fare il lavoro che si preferisce, per di più pagato alla grande, stare sotto i riflettori, avere il calore e l’affetto del pubblico. Per qualcun altro però questo significa molto di più.

Per coloro che da piccoli non hanno avuto quasi niente infatti riuscire a sfondare nel mondo del calcio rappresenta un vero e proprio miracolo, oltre che un riscatto sia dal punto di vista sociale che da quello economico.

Ed è proprio questo ciò che è accaduto a questo calciatore del Barcellona, che è passato dal giocare per strada nella Favela a firmare con uno dei club più grandi al mondo. Vediamo però di chi stiamo parlando e com’è stata la sua infanzia.

Un’infanzia molto difficile

Uno dei calciatori che in questa stagione sta trainando totalmente il Barcellona sia in campionato che in Champions League è di sicuro Raphinha. L’esterno brasiliano, dopo che in estate sembrava addirittura vicino all’addio per far posto a Nico Williams, è uno degli elementi chiave della squadra di Flick.

Ed è stato proprio lo stesso che di recente ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni di France Football, dove ha toccato diversi temi. In particolare però a far commuovere appassionati, tifosi e addetti ai lavori sono stati i suoi racconti riguardanti l’infanzia difficile vissuta in Brasile.

Raphinha/ fonte Lapresse- mondosportivo.it

”Mi sento orgoglioso…”

Crescere in una favela è sempre complicato. La gente ha difficoltà economiche e poche opportunità di uscire dalla propria situazione. Allo stesso tempo, è molto gratificante quando ci riesci, come è successo a me. Mi sento orgoglioso di scrivere una bella storia, sapendo da dove vengo”.

Così Raphinha, che ha evidenziato le difficoltà della sua infanzia, ma che allo stesso modo ha voluto quasi ringraziare il contesto in cui è vissuto per ciò che è diventato. ”Sono diventato ciò che sono oggi grazie a tutto ciò che ho vissuto all’interno della mia comunità. Mi ha fatto crescere sia personalmente che professionalmente. Della mia infanzia a Restinga, quello che ricordo di più sono le partite di calcio con i miei amici e cugini, il tempo che passavo con i miei nonni e tutta la mia famiglia la domenica”.