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Chiuso il ciclo di Pioli al Milan: bilanci e aspettative future

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Si chiude, quindi, il ciclo di Stefano Pioli al Milan: risoluzione consensuale del contratto, ma garanzia di un anno di stipendio qualora il tecnico emiliano non riesca a trovare una panchina per la prossima stagione (in caso contrario, l’allenatore uscirà dal libro paga del club milanese) visto che la scadenza naturale dell’accordo era fissata per il giugno del 2025.

Una separazione, va detto, che (a nostro parere ovviamente) arriva in ritardo. I dubbi sull’allenatore, infatti, si erano palesati non certamente negli ultimi mesi. Tuttavia, si era scelto di rimanere nella continuità, forse per dare un segnale all’ambiente, in seguito disorientato dall’arrivo di Zlatan Ibrahimović, che avrebbe dovuto (nelle intenzioni della società) corroborare la narrazione di una proprietà che vuole riportare il Milan ai fasti di un tempo.

In molti hanno detto che il vero problema del club rossonero è stato il confronto coi dirimpettai nerazzurri, che hanno vinto e convinto, e che se ci fossero stati altri al loro posto la situazione sarebbe stata vissuta diversamente. La realtà è che, andando a vedere le partite in questa stagione, si aveva la sensazione, soprattutto nella seconda fase, di una squadra alla ricerca di una sua identità.

Se è vero che l’attacco, bene o male, ha funzionato, è anche oggettivo che i rossoneri hanno praticamente sempre steccato quando si sono trovati di fronte a squadre di spessore, in Italia e in Europa, oltre ad avere subito, in stagione, un numero di gol (49) che mette la retroguardia rossonera ai livelli di una compagine di metà classifica (l’Inter campione ne ha incassati 22).

Promosso tutto sommato l’attacco (76 reti) ma non al livello di chi ha vinto il campionato (89). Ecco, questi numeri spiegano molto di più la situazione rispetto a tanti altri, squadernati oggi da molti tifosi e commentatori (la media punti migliore di quella di tanti protagonisti del grande passato milanista, da Sacchi ad Ancelotti, passando per Fabio Capello, i piazzamenti in campionato eccetera). Va detto che è sempre difficile confrontare personaggi e squadre di epoche differenti: noi, quindi, preferiamo farli tra compagini dello stesso periodo.

Stefano Pioli, dopo lo scudetto vinto nella stagione 2021/22, ha totalizzato rispettivamente 20 e 19 punti in meno della squadra campione. Lo scorso anno è arrivato in semifinale di Champions, venendo però malamente eliminato dall’Inter con due sconfitte secche e senza attenuanti.

Quanto abbia influito in quei risultati in Champions il sorteggio favorevole è emerso di prepotenza in questa stagione. Pochi mesi dopo il doppio confronto europeo nella semifinale del massimo torneo continentale per club (quindi un lasso di tempo confrontabile in modo oggettivo), il Milan è stato eliminato nella fase a gironi e l’Inter (incapace di vincere un girone ampiamente alla propria portata) è uscita davanti al primo ostacolo di spessore.

In definitiva, con Stefano Pioli in panchina, nelle ultime due stagioni, la squadra rossonera è stata relegata in seconda fascia, non riuscendo mai a lottare per vincere il campionato, e facendo la comprimaria in Europa. Logico che la tifoseria non abbia voluto accettare questo stato di cose, oltretutto assistendo a prestazioni sul campo quantomeno interlocutorie.

Ha destato poi molte perplessità anche la gestione atletica del gruppo, falcidiato da infortuni muscolari a catena: la guida tecnica è stata quindi considerata non all’altezza del blasone e delle aspettative. E questa insofferenza è venuta fuori di prepotenza in rete.

C’è stata, sotto questo aspetto, la rivolta di tanti addetti ai lavori (tra le righe, anche del diretto interessato), che male hanno sopportato questo movimento di opinione, tacciandolo di incompetenza quando andava bene, se non di isteria incontrollata e sterile. Noi, invece, al netto di quanto sopra, pensiamo che gran parte della tifoseria ragionasse sulle partite viste, oltre che sui numeri sopra esposti.

Dopodiché, si può anche dire che, alla luce delle problematiche imposte dalla sostenibilità dei conti, il livello tecnico degli elementi in rosa non possa andare oltre quello attuale. Tuttavia, questo non esclude di poter avere un’idea di calcio chiara, provando a mettere i giocatori nel proprio ruolo, e cercando di portare a Milanello elementi consoni agli schemi che si vogliono poi applicare.

Di sicuro, senza voler entrare in analisi complesse, per le quali non c’è spazio, il livello tecnico delle squadre partecipanti alla Serie A ci suggerisce che una compagine in grado d’incassare pochi gol ha buone possibilità di arrivare in alto in classifica. Il che significa, per esempio, tenere le squadre corte, impedendo agli avversari di fare ciò che vogliono tra le linee.

In certe partite di questa stagione, invece, si aveva quasi la sensazione che il Milan giocasse senza centrocampo, col risultato che i difensori si sono spesso trovati a essere presi in velocità, e costretti ai duelli individuali in zone nevralgiche del campo, coi risultati numerici che abbiamo esposto più sopra. Probabilmente, tutto quanto sopra ha portato al divorzio tra il tecnico e i tifosi. Sottolineiamo questo aspetto, perché la nostra idea è che la società avrebbe proseguito con Stefano Pioli, e prova ne è la grande difficoltà con la quale, ormai da settimane, si ceca d’individuarne l’erede. Ma questa è un’altra storia.