Sir Claudio, leggenda rossoblù e campione di buone maniere
In un mondo, non solo quello sportivo, in cui prepotenza, prevaricazione ed egoismo spesso la fanno da padrone, la storia di un uomo che ha costruito la propria carriera sull’educazione, sul garbo e sul rispetto dell’avversario inevitabilmente tende a risaltare. Se a queste preziosissime qualità d’animo si aggiunge la sopraffina competenza calcistica, ecco che abbiamo delineato in poche parole la figura di Claudio Ranieri. Non uno qualunque, insomma, ma un vero e proprio Signore del calcio, con la maiuscola non casuale.
Re Claudio nei giorni scorsi ha annunciato la propria decisione di lasciare la panchina del Cagliari (ma attenzione: non ha dato l’addio al calcio, lasciando qualche spiraglio per futuri possibili incarichi da commissario tecnico di una Nazionale) dopo aver realizzato l’ennesimo miracolo sportivo di una straordinaria carriera. È partito dal Cagliari nel lontano 1988 e ha chiuso al Cagliari 36 anni dopo. La magica cavalcata a cavallo tra gli anni ’80 e 90’ (doppia promozione dalla C alla A e salvezza al primo anno nella massima serie) l’ha reso un eroe per i tifosi rossoblù, ma ora va via da leggenda.
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“Risorgeremo”, disse appena tornato sulla panchina dei sardi a gennaio 2023. E pensandoci bene, a distanza di un anno e mezzo, di risurrezione si è trattato. Anche perché prese la squadra in un momento in cui la classifica non era di certo incoraggiante (il Cagliari bazzicava nelle terre di mezzo, più vicino ai play-out che alle zone alte) e aleggiava ancora nell’ambiente una certa ‘depressione’ per la recente retrocessione maturata in quella maledetta domenica di fine campionato a Venezia.
La boccata di ossigeno che si respirò da quel momento fu subito tangibile e a beneficiarne fu soprattutto l’ambiente, con i tifosi in testa. “Con Ranieri tutto è possibile”, sostenevano i tifosi, e fu una speranza che col passare delle settimane divenne certezza. In pochi mesi il ritorno in A passando dall’inferno dei play-off, grazie al gol di Pavoletti a tempo scaduto in quel di Bari, poi una stagione nella massima serie tribolata, ma raddrizzata in tempo e conclusa con una meritata salvezza con un turno di anticipo. In questo lasso di tempo, ha osato e rischiato, si è emozionato e ha pianto di gioia. Ha avuto ragione.
Chiamiamolo destino, forse anche un po’ fortuna, ma Claudio Ranieri ha chiuso un cerchio a Cagliari, e l’ha fatto da assoluto vincente. Ha saputo gestire un gruppo di giocatori non facile, composto da alcuni senatori che con un altro allenatore, alla prima panchina, probabilmente avrebbero storto il naso. Ma con lui non l’hanno fatto, perché il mister li ha sempre fatti sentire importanti, sottolineando spesso in conferenza stampa l’importanza di tutti. E alle tentate dimissioni dopo la sconfitta interna contro la Lazio ha ottenuto l’immediata reazione dei suoi ragazzi, inaspettata ma forse in cuor suo sperata.
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Ha fatto leva sul fondamentale sostegno della tifoseria: “Se ci soffiate alle spalle, col vostro aiuto condurremo la nave in porto”. E così è stato, per tutto l’anno, senza contestazioni, nemmeno nei momenti più difficili. Inevitabile, dunque, il tributo che gli oltre 16 mila presenti alla Unipol Domus per l’ultima panchina in rossoblù hanno dedicato a sir Claudio. Cori, applausi e standing ovation a ripetizione per omaggiare e ringraziare uno dei tecnici più vincenti della storia rossoblù. E lui, garbato com’è, e anche un po’ commosso a dire il vero, ha voluto ringraziare i suoi ragazzi, la dirigenza e i tifosi, lasciando un messaggio importante per il futuro: il Cagliari è un bene prezioso e va difeso da tutti. Al popolo rossoblù la richiesta di non lasciare mai da sola la squadra, perché “se i giocatori sanno che alle loro spalle c’è un’isola, un intero popolo, daranno sempre il massimo”.
E questa è la grande eredità che Claudio Ranieri lascia al Cagliari e all’intero mondo del calcio, visti gli infiniti attestati di stima che ha raccolto in carriera ovunque sia stato. Una lezione di sport che, pensandoci bene, è soprattutto una lezione di vita. Perché le buone maniere, il sacrificio nel lavoro e il rispetto per il prossimo alla lunga pagano sempre, anche quando sembra che non vadano più di moda.