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A ritmo d’Orologio

Il tempo scorre e per l’Inter è sancito a ritmi scanditi. Le stelle hanno cadenza puntuale, precisamente 58 anni: dalla fondazione all prima, passando per la seconda appena vinta. Nel 1966, a 58 anni dalla fondazione, l’Inter festeggiava la prima stella battendo 4-1 la Lazio; quest’anno il destino ha voluto regalargli questa gioia in un derby per un tripudio totale.

Ed è proprio all’interno della società rossonera che il 9 marzo 1908 avvenne un’importante scissione: i futuri nerazzurri erano un gruppo di dissidenti pronti a dar vita a un movimento calcistico improntato sull’internazionalità. Al ristorante milanese L’Orologio, 44 commensali stanno per scrivere una delle più belle pagine di storia del calcio italiano. L’idea che riunisce il gruppo è tanto semplice quanto ambiziosa: fondare una seconda squadra di calcio con sede nel capoluogo lombardo. Per risaltare il contrasto con i cugini del Milan, si decide che i colori sociali saranno l’azzurro e il nero, perché al tempo è comune usare una matita che ha una punta rossa e una, appunto, azzurra. Lo spunto sulle tonalità viene proprio da un pittore, un certo Giorgio Muggiani, che per sancire la fondazione dichiarerà: “Questa notte splendida darà i colori al nostro stemma: il nero e l’azzurro sullo sfondo d’oro delle stelle. Si chiamerà Internazionale, perché noi siamo fratelli del mondo”.
Il primo scudetto per l’allora Foot-Ball Club Internazionale arriverà dopo sole due stagioni, nel 1910, ma per arrivare alla prima stella servirono 58 anni. Il decimo scudetto “è un francobollo che completa con la stella d’oro, una già ricca collezione”: parole scandite dal presidente Angelo Moratti il 15 maggio 1966, giorno del trionfo. Lo scenario è quello di un San Siro (a due anelli) gremito da oltre 60mila tifosi, l’avversario la Lazio. È la penultima giornata del campionato. E’ il suggello della Grande Inter! La squadra della celebre “filastrocca”: Sarti, Burgnich, Facchetti, Bedin, Guarnieri, Picchi, Jair, Mazzola, Peirò, Suarez, Corso. In panchina il mago Helenio Herrera ma anche Domenghini (che diventerà presto titolare al posto del centravanti spagnolo), Gori, Landini, Cappellini, Malatrasi, Cordova.

Oggi i protagonisti sono altri, ma non così diversi. Da Lautaro Martinez passando per Calhanoglu i gol sono arrivato in tutti i modi: dalla costruzione dal basso alle verticalizzazioni improvvise fino ai calci da fermo e i gol da quinto a quinto o addirittura da terzo a terzo. I sette gol nei due derby fanno da contraltare alla “strana” sconfitta contro il Sassuolo, alla fine risultata benevola perché presa come avvertimento e richiamo alla realtà. Le prove di forza sono state poi innumerevoli con l’apice della vittoria nello scontro diretto contro la Juventus: di fatto il campionato dei bianconeri è ancora fermo a quella sera. L’uomo copertina rimane però Simone Inzaghi, un condottiero capace di passare da uomo di coppe a stratega di una corsa a tappe.