Pantani, quel Tour de France del 2003 – 4/a puntata
A 20 anni dalla sua prematura scomparsa, il ricordo di Marco Pantani è ancora ben saldo nel cuore di tutti gli appassionati di ciclismo e non solo. Non esisterà mai la controprova, ma chissà cosa sarebbe accaduto se il Pirata avesse avuto la possibilità di disputare il Tour de France 2003, quello del Centenario. Allora, proviamo lo stesso a farglielo correre…
Parigi, 5 luglio 2003. “Mi hanno buttato giù dalla torre, mi pare giusto ripartire da sotto una Torre”. Così Marco Pantani, alle ore 17:15 strappa una risata al suo neo direttore sportivo Eusebio Unzue. Tra 15 minuti esatti il “Pirata”, con indosso lo splendido body della Banesto-Carrera, comincerà il quinto Tour de France della sua tribolata carriera.
E si riparte con un cronoprologo di 6,5 km tutto all’interno della capitale francese, con partenza sotto la Torre Eiffel e arrivo presso la sede della Radio. Una prova che non è nelle corde del corridore di Cesenatico.
Nella Grande Boucle del 1998 da lui dominata con la mitica impresa del Galibier e dei 9 minuti a Ullrich, il cronoprologo di 5,6 km si disputò in un’altra capitale, a Dublino. Pantani si classificò 181/esimo su 189 partenti con un ritardo di 47” dal vincitore Boardman.
Una prestazione non certo scintillante ma che comunque non compromise il risultato finale. A distanza di cinque anni, Pantani disputa il breve riscaldamento in sella alla sua Pinarello da crono fissata sui rulli con un solo pensiero in testa: limitare i danni da Armstrong e Ullrich senza rischiare nelle diverse curve presenti sul percorso considerato anche il fatto che l’asfalto è umidiccio a causa di una pioggia leggera caduta un’oretta prima.
L’umore del Pirata è buono, anche perché il sorteggio dell’ordine di partenza delle squadre gli è stato favorevole. Pantani partirà sestultimo di 198 iscritti tra Gilberto Simoni, fresco vincitore del Giro d’Italia 2003 e Joseba Beloki, due volte sul podio nel 2001 e nel 2002.
Si tratta di due scalatori non proprio avvezzi alla specialità della cronometro, proprio come Pantani e il corridore di Cesenatico può tirare un sospiro di sollievo: “almeno non verrò ripreso”, sorride mentalmente Marco.
Ore 17:29 e 30 secondi, Pantani sale sulla pedana di partenza in sella alla sua bicicletta. Ore 17:29 e 55 secondi, il commissario di gara stende la sua mano aperta davanti al Pirata per segnalare un “5”. Da lì in avanti ogni secondo corrisponde a un dito abbassato fino a che, alle 17:30:00, Pantani ha il via libera e parte.
Un momento storico. Dopo 3 anni, mamma Grande Boucle riabbraccia uno dei suoi figli prediletti. E lo riabbraccia con un boato della folla presente alla partenza esponenzialmente più elevato rispetto a quello comunque enorme udito due giorni prima alla presentazione.
Marco Pantani imbroglia. Imbroglia nettamente in questo cronoprologo. Perché ufficialmente pedala da solo, ma praticamente in quei 6,5 km in sella alla sua Pinarello pedalano in centinaia di migliaia di persone.
Pedalano le decine di migliaia che assiepano i marciapiedi delle strade del percorso che urlano “Pantanìììì, Pantanììììì”. Pedalano tutti gli spettatori che non aspettavano altro di assistere a questo momento dalla televisione.
E Marco quei 6,5 chilometri se li gode tutti, come l’assetato si gode il meritato sorso di acqua fresca dopo una traversata nel deserto.
Il tempo? Anche se può sembrare una bestemmia in una cronometro, oggi è un dettaglio quasi superfluo. In ogni caso, 8’11”, 177/a posizione a 45 secondi dal vincitore, l’australiano della FDJ Bradley McGee.
Obiettivo di partenza raggiunto: evitati i rischi del percorso e danni limitati. Ullrich e Armstrong sono distanziati rispettivamente 43 e 38 secondi, quindi non sono lontanissimi. Vero, Marco?