Il modo di comunicare di Daniele De Rossi
Un paio di settimane fa, il Post ha pubblicato un articolo dal titolo “Daniele De Rossi non parla come gli altri allenatori”. Nel pezzo si spiega in maniera diretta ed efficace il perché De Rossi non comunica come i suoi colleghi.
Lavorando nel giornalismo sportivo da poco meno di 20 anni, mi è capitato di affrontare interviste a diversi protagonisti della nostra Serie A, e ogni volta ho provato a porre domande che non portassero alle solite risposte fatte di luoghi comuni e frasi fatte. Le odio, perché credo che se si parli con frasi fatte vuol dire che: a) non si hanno argomenti interessanti; b) non si ha un vocabolario ampio e adeguato alla circostanza.
“Dobbiamo lavorare, guardare avanti, essere più cinici, la squadra è forte, siamo un buon gruppo” è ciò che sentiamo, sistematicamente, nella stragrande maggioranza delle interviste e delle conferenze stampa. Fateci caso: estrapolate le frasi dalla bocca di un allenatore, un calciatore, insomma: un intervistato, e trasportatele nella bocca di un altro a caso, funzioneranno uguale. Il calcio usa vocaboli intercambiabili, usa supercazzole per sviare i discorsi, usa appiattimenti linguistici per uscire indenni da qualsiasi discorso si affronti. Ecco: Daniele De Rossi, finalmente, FINALMENTE!, non parla così.
In quell’articolo del Post, si legge che De Rossi sembra “sinceramente interessato a parlare di calcio, a spiegare le sue scelte approfonditamente e con sguardo critico, a metterle in discussione, a non concentrarsi sugli episodi sfortunati per lamentarsi”. Cosa che, di conseguenza, “sta spingendo anche i vari giornalisti, ex calciatori e opinionisti che commentano il calcio in televisione a fargli domande diverse dal solito: anche queste sono diventate un po’ meno retoriche, un po’ più profonde e acute.”
Nel postpartita del suo primo derby di allenatore vinto, De Rossi ha affrontato, nell’intervista rilasciata a DAZN, tutti i temi proposti con tranquillità, calma, lucidità. Senza aver fretta di rispondere, senza dare la sensazione di doversi sbrigare perché il tempo stringe e ci son cose più importanti a cui pensare. De Rossi sta provando a far capire al mondo del calcio che comunicare è fondamentale per consentire sia alle proprie idee di essere condivise e, di conseguenza, svilupparsi (non per forza internamente, nel senso: se un allenatore ascolta De Rossi può apprendere le sue idee, farle proprie, per poi riproporle nel vortice-calcio in una veste addirittura migliorata). De Rossi sta insegnando che saper comunicare è fondamentale in un mondo avvolto dalla circolazione perpetua di notizie, in uno sport seguito in ogni angolo di questo paese.
Sempre da quell’articolo del Post: “Dopo la partita contro la Fiorentina, giocata domenica 10 marzo e finita 2-2, per esempio, De Rossi ha parlato per dieci minuti con lo studio di Sunday Night Square, il programma della domenica sera di Dazn, l’emittente che trasmette tutte le partite di Serie A in Italia. Sono tre minuti in più di quelli che sarebbero consentiti dagli accordi tra la Lega Serie A e l’emittente, ma né dallo studio sembravano preoccupati di sforare, né De Rossi mostrava di essere impaziente di finire l’intervista (nonostante fossero le 23 passate, la squadra dovesse tornare a Roma e, tre giorni dopo, andare in Inghilterra per giocare il ritorno di coppa contro il Brighton: tutte cose che molti allenatori usano come scusa per chiudere in fretta un’intervista)”.
Tornando al post-derby di qualche ora fa, ai canali ufficiali della Roma, in due minuti scarsi, ha parlato con la naturalezza che lo contraddistingue di: emozioni, professionalità, lavoro, immediato futuro. Diretto, schietto, come servirebbe che facessero tutti, in questo calcio in cui davanti ai microfoni traspare spesso quell’insofferenza di togliersi l’ingente peso il prima possibile.