Alcides Edgardo Ghiggia è passato agli annali per essere stato decisivo in una delle giornate più celebri nella storia del calcio: il Maracanazo, ovvero la drammatica sconfitta del Brasile nell’ultimo match della Coppa Rimet 1950, che premiò invece gli ospiti uruguaiani. Ghiggia realizzò il definitivo 2-1, gettando nello sconforto un Paese intero. Questo e tanto altro nella parabola di questo baffuto calciatore, legato anche all’Italia per motivi controversi e senza dubbio meno conosciuti, che proponiamo in questo articolo.
Alcides Ghiggia deve la sua fama, come detto, alla rasoiata di destro che decise Brasile-Uruguay 1950, regalando la seconda Coppa Rimet alla Celeste. Ala destra tecnica, agile e scattante, Ghiggia sarebbe stato costretto a lasciare il Peñarol giusto un paio d’anni più tardi. Il motivo è presto detto. Accadde infatti che il nostro si ritrovò invischiato in uno spiacevole episodio durante una partita: aggredì fisicamente l’arbitro Juan Carlos Armental e fu squalificato per un anno. Fu così che maturarono i tempi per proseguire la carriera altrove. Si accasò in Italia, un anno prima del compagno di club e Nazionale Pepe Schiaffino.
Italianizzato in Alcide, fu chiamato anche dalla Nazionale italiana in qualità di oriundo da genitori di origine spagnola: in realtà, le sue radici affondavano nel Canton Ticino, quindi in Svizzera. Ma tant’è… 5 presenze in azzurro tra il 1957 e il 1959, all’interno di un’epoca poco propizia che vide la mancata qualificazione al Mondiale di Svezia. 8 stagioni nella Roma e una nel Milan, poi il ritorno in patria. Ma, pallone a parte, si era reso protagonista di un altro fatto che trovò spazio sui giornali italiani per un lungo periodo. Stavolta, il calcio non c’entrava nulla. Il campione del mondo uruguaiano finì sotto la lente d’ingrandimento della magistratura.
Bisogna tornare indietro al settembre 1959. Fa scalpore la denuncia all’autorità giudiziaria da parte di una ragazza di 17 anni, appartenente a una famiglia della borghesia capitolina, nei confronti del 32enne Ghiggia. Il calciatore viene accusato di aver sedotto con promessa di matrimonio la minorenne, conosciuta tre anni prima, raccontando di essere sposato ma di avere già iniziato le pratiche per il divorzio dalla moglie uruguaiana. In dolce attesa, la giovane fu lasciata dal calciatore. Il suo nome era Maria Perinelli, la più giovane di 7 fratelli, che aveva dichiarato di essersi innamorata di Ghiggia dopo una partita della Roma contro la Sampdoria. La ragazza partorisce il 26 ottobre 1953, dando alla luce una bambina, insistendo sulla paternità del calciatore. Il quale nega e conferma solamente di aver conosciuto Maria, senza averla mai sedotta, viaggiando per Roma con lei a bordo della sua Giulietta Sprint.
Sotto il profilo penale, dopo alcune peripezie il giocatore fu amnistiato. La seconda denuncia, stavolta in sede civile, fu inoltrata dalla madre della ragazza (la signora Assunta Filippi) per corruzione di minorenne. Con annessa richiesta di risarcimento pari a 20 milioni di lire. Una cifra enorme per l’epoca, che oggi ammonterebbe a circa 320.000 euro. La vicenda si trascina per qualche anno. Finché il Tribunale di Roma, nel 1963, chiuse il procedimento intimando a Ghiggia il pagamento di 6 milioni più le spese processuali. Il calciatore era già rientrato nel frattempo in patria, dopo una breve esperienza nel Milan.
Dieci anni dopo, il suo nome tornò alla ribalta in quanto vennero a galla le condizioni di indigenza in cui si trovava. Sotto falso nome, aveva svolto per anni il lavoro di tuttofare in un garage per automobili: i milioni guadagnati in Italia erano evaporati da tempo. Finalmente, grazie all’intervento di alcuni amici e l’intercessione del sindaco di Montevideo, trovò un posto come impiegato al Municipio. Uno stipendio fisso che gli restituì serenità, regalandogli il ponte verso la pensione. Morì il 16 luglio 2005, a 88 anni. Ironia della sorte, nel 55° anniversario della partita che lo ha reso immortale.
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