Al termine di una stagione di sci funestata da rinvii e recuperi (che, per molti, sono stati anche causa dei tanti infortuni occorsi agli atleti, maschi e femmine, soprattutto nelle discipline veloci), nell’ambiente ci si interroga su come cambiare le cose.
Tantissimi gli interessi in ballo: dalle televisioni alla promozione turistica, passando attraverso gli sponsor e l’indotto legato alla pratica sportiva amatoriale, lo sci muove, ogni anno, una quota di denaro fondamentale per l’economia, per esempio, di moltissime località turistiche, che di turismo vivono, anche nel nostro Paese.
Apprendiamo così, attraverso il sito Neveitalia, che dal Nord Europa è arrivata una nuova proposta per provare ad affrontare i disagi provocati dal riscaldamento globale, armonizzando il calendario, per evitare rinvii e recuperi e ridurre le emissioni di gas serra.
Obiettivo del piano è la sostenibilità. La Norges Skiforbund ha elaborato un piano, dopo aver commissionato uno studio alla società KPMG, con al centro la riduzione degli spostamenti, aspetto che abbasserebbe la possibilità di infortuni agli atleti, al netto dei benefici legati alle minori emissioni, come scrivevamo sopra.
Nell’agosto 2023, la rivista “Nature” ha pubblicato uno studio che ha preso in esame 2234 stazioni sciistiche in 28 paesi europei, secondo il quale ben il 59% saranno ad altissimo rischio di fornitura di neve in uno scenario nei prossimi anni. Una prospettiva che fa rabbrividire, e non di freddo.
In definitiva, la proposta di nuovo calendario della Coppa del Mondo prevederebbe il via in Nordamerica a fine novembre, tenuto conto che le squadre si allenano nell’autunno – tarda estate europea tra Cile e Argentina, con lievi differenze tra uomini e donne. Periodo alpino europeo a gennaio, sosta per i mondiali a febbraio e chiusura a marzo in Scandinavia.
Altra caposaldo che si vorrebbe introdurre è quello della programmazione pluriennale (almeno 4 anni), sparita invece da qualche tempo. Per ora, in attesa dei calendari della nuova stagione, il Circo bianco ha visto la soppressione della tappa di Zermatt-Cervinia (con grande disappunto degli organizzatori, ovviamente), data l’inaffidabilità meteorologica della località.
Al netto della narrazione sulla riduzione delle emissioni (che è stata calcolata dalla KPMG: si parla di un 29% per quanto riguarda le gare maschili e 14% per quelle femminili) dovute ai minori spostamenti degli atleti e della logistica, la grande scommessa è la tutela di questo movimento sportivo che, magari, in Italia viviamo con maggiore entusiasmo sulla base della residenza geografica.
Ci sono regioni e provincie, nel nostro Paese, che vivono di turismo montano, e le gare di sci (non necessariamente solo della Coppa del Mondo) sono un formidabile traino. Immagini televisive e non solo costituiscono una promozione non indifferente in tal senso, anche se a fare da volano sono sempre le imprese sportive, in questo caso dei singoli.
Certo, chi c’era ai tempi (anche chi scrive, ahinoi) ricorda con nostalgia sia la Valanga azzurra degli anni ’70 che il fenomeno Alberto Tomba, capace di guadagnare le prime pagine anche dei giornali generalisti a tiratura nazionale, in anni nei quali le copie vendute si contavano a milioni. Oggi, invece, i principali giornali sportivi della Penisola non avevano mandato inviati in Val Gardena, bucando la vittoria di Dominik Paris alla Saslong, a due anni dalle Olimpiadi invernali. Un gran brutto segnale.