I Pionieri del Calcio – Il disastro di Contigliano in cui perse la vita l’allenatore dell’Aquila Attilio Buratti
Per l’A.S. Aquila la trasferta di Verona rappresentava un’occasione per mettersi alle spalle l’ultima disastrosa partita casalinga, nella quale era stata sconfitta per 5-1 dal forte Livorno allenato da Mario Magnozzi. La Serie B era un campionato difficile ed estenuante, ma gli abruzzesi avrebbero lottato con le unghie e con i denti pur di salvare la categoria. D’altronde erano state affrontate solamente tre giornate, c’era tutto il tempo necessario. Ma quel maledetto 3 ottobre 1936 la squadra non arrivò mai in Veneto: all’altezza di Contigliano (Rieti) il convoglio sul quale viaggia si scontrò frontalmente con un treno postale proveniente da Terni. È un disastro: almeno quindici morti e una settantina di feriti, numerosi anche gravi.
La morte dell’allenatore Buratti e il presunto decesso dell’attaccante Bon
Nel terribile impatto tra i due convogli vennero coinvolti – oltre ai civili che viaggiavano nella littorina – quindici giocatori dell’Aquila (Sain, Viganò, La Roma, Testoni, Rossi, Martini, Moretti, Corsarini, Angiolini, Battioni, Bon, Rossini, Gravisi, Pastorelli, Lessi), il massaggiatore e due dirigenti accompagnatori. Ma soprattutto l’allenatore Attilio Buratti, l’unico a rimanere ucciso. L’attaccante Marino Bon, tre campionati in B con la maglia dell’Aquila, perse i sensi e fu dichiarato morto in un primo momento e accantonato tra i deceduti. A salvarlo fu l’avvocato Colella, che si rese conto che era ancora in vita. Bon si riprese dal trauma dopo qualche giorno passato in ospedale.
Attilio Buratti si era seduto sulla panchina dell’Aquila da un anno riuscendo a condurla a una salvezza più che tranquilla. La formazione abruzzese aveva infatti terminato la stagione 1935-36 con un ragguardevole ottavo posto. La riconferma era stata automatica. Buratti aveva avuto una sola esperienza da calciatore, nella sua Roma con la maglia dell’Alba, e nel 1929 aveva cominciato la sua carriera da allenatore. La sua prima esperienza era stata alla Reggina, dove era rimasto fino al ’32. Poi aveva guidato Juventus Roma (da gennaio 1933 a fine stagione), Juventus Trapani (esonerato a novembre 1933) e Salernitana, prima di approdare appunto all’A.S. Aquila.
Una squadra decimata alla ricerca di una salvezza disperata
Tutti gli atleti riportarono pesanti conseguenze, la maggior parte non fu più in condizione di giocare. Come spesso accade in questi casi, i giocatori squalificati e indisponibili si salvarono dalla tragedia: emblematico fu il caso del portiere Stornelli che, svegliatosi in ritardo, non era riuscito a prendere il treno. La FIGC voleva garantire la salvezza d’ufficio all’Aquila ma la dirigenza abruzzese respinse fieramente la proposta. Il presidente Giovanni Centi Colella ricorse a una serie di prestiti gratuiti da altre squadre e affidò la rinnovata formazione al tecnico ungherese Andras Kuttik, che la stagione precedente aveva allenato il Bari ed era ormai un habitué del calcio italiano.
L’Aquila, ancora scossa dalla tragedia e con poco tempo per far trovare l’amalgama ai nuovi, chiuse il girone di andata con appena otto punti in cascina. Eppure non gettò la spugna. Giocò la seconda parte di stagione con grande orgoglio, riuscendo a totalizzare il doppio dei punti e spingendosi fino ai sedicesimi di Coppa Italia (dove venne sconfitta dall’Inter di Meazza e dell’ex Frossi). Purtroppo alla fine il miracolo non riuscì, visto che nonostante le belle vittorie contro Brescia, Catanzarese e Pisa gli abruzzesi non poterono evitare la retrocessione in Serie C.