A bocce ferme, possiamo tornare a parlare di coppe europee. Tre italiane eliminate su tre agli ottavi di Champions League, tre promosse in Europa League: questi sono i risultati, al netto delle singole sfide le quali, ovviamente, hanno avuto storie diverse, coerenti con quanto fatto vedere sinora in campionato, e come da pronostico. I sorteggi dei quarti vedranno uno scontro fratricida (Milan-Roma) e una sfida impossibile (Liverpool-Atalanta): unica notizia positiva, la certezza di almeno un’italiana in semifinale.
L’Inter aveva una squadra alla sua portata, e infatti ha ceduto solo ai calci di rigore; Lazio e Napoli, opposte ad avversari di maggiore spessore, sono invece uscite nettamente, al netto delle recriminazioni sul gol facile sbagliato da Immobile quando il risultato era ancora fermo sullo 0-0, e di alcune decisioni arbitrali a Barcellona quantomeno interlocutorie. Ma, in entrambi i casi, un passaggio del turno sarebbe stato sorprendente.
In Europa League, invece, le italiane hanno fatto bottino pieno, in modo tutto sommato agevole, a parte l’Atalanta (che aveva però l’ostacolo più insidioso) la quale, tuttavia, ha guadagnato i quarti di finale della competizione con merito, avendo ragione dello Sporting Lisbona tra le mura amiche, rimontando dallo 0-1.
Non siamo però d’accordo su chi, oggi, parla di questa competizione come di una piccola Champions. L’unica squadra, in questo momento, tra le otto pretendenti alla finale di Dublino, che potrebbe avere diritto di cittadinanza tra le magnifiche otto d’Europa sarebbe il Liverpool, che potrebbe tranquillamente prendere il posto dell’Atlético del Cholo Simeone.
Piccola curiosità statistica: ai quarti sono arrivate entrambe le squadre che facevano parte del gruppo F, mentre sono state eliminate le due provenienti dal gruppo D, in un calcio sempre meno imprevedibile, dove i valori sulla carta vengono poi confermati dal campo, anche se tanti commentatori continuano a esaltare il livello nostro movimento calcistico.
Buone squadre, sicuramente: l’Inter ha fatto vedere un ottimo calcio, in Italia e anche in Europa, quando si è trovata davanti compagini di seconda fascia (la tanto decantata Real Sociedad, che aveva vinto il girone, e che sembrava, per questo motivo, costituire un’insidia, si è sciolta davanti al PSG, a conferma dei valori che la vedono al sesto posto nella Liga). Però, al primo avversario di spessore, si è arresa, seppure con qualche recriminazione per la partita d’andata, che doveva essere chiusa con un maggiore numero di gol di vantaggio.
A fare la differenza sono stati i ritmi, che i Colchoneros hanno mantenuto molto elevati, soprattutto nella ripresa della gara di ritorno in Spagna. Il centrocampo nerazzurro, filtro per la difesa e cervello delle letali ripartenze dell’undici di Inzaghi, è stato gestito, per tutta la stagione, da Henrikh Mkhitaryan, un elemento di grande intelligenza tattica e classe sopraffina, il migliore del centrocampo interista, il più forte della Serie A, ma con alle spalle 35 primavere. Al mese di marzo, a quelle velocità, è stato surclassato. Ci sta, ovviamente: ma è la fotografia del nostro movimento calcistico, che può ambire a elementi di quella classe solo quando si trovano a fine carriera.
Le coppe non sono il campionato, ed è questo il loro fascino. Il torneo nazionale premia la regolarità; quello a eliminazione diretta, invece, è più legato all’episodio, all’alea del sorteggio, ai particolari. L’Inter, lo scorso anno, arrivò in finale, e non ci andò, tra le altre, il Bayern Monaco che, nella fase a gironi, aveva dimostrato di esserle superiore, battendola in surplace in entrambe le sfide.
Era sicuramente superiore ai nerazzurri il Real Madrid, anch’esso spettatore in televisione della finale di Istanbul, quasi certamente per colpa di un sorteggio che mise tutte le favorite da una parte del tabellone, e le cenerentole dall’altra. Eppure, con un po’ più di coraggio, i nerazzurri avrebbero potuto riportare la Coppa dalle grandi orecchie in Italia, dopo che negli ottavi di finale il Porto, squadra inferiore, aveva avuto l’opportunità di eliminare i lombardi: è il fascino di queste competizioni.
Quest’anno, invece, i valori effettivi l’hanno fatta da padrone. Il Milan, per esempio, aveva il girone più difficile in Champions. È stato eliminato nel rispetto dei valori delle compagini che ne facevano parte (entrambe le squadre qualificate di quel gruppo hanno raggiunto i quarti), anche se con qualche rimpianto: ma, negli ottavi, avrebbe avuto qualche speranza solo con la Real Sociedad e l’Atlético (i rossoneri sono, sinora, l’unica squadra italiana ad aver violato il Metropolitano, solo due stagioni fa).
In Europa League, invece, con tre squadre ai quarti, nonostante un sorteggio poco fortunato, il calcio italiano ha la possibilità, come lo scorso anno, di raggiungere la finale. Certo, il grande favorito è il Liverpool, compagine presa in prestito dalla competizione regina: però, visto il sorteggio, una squadra italiana lo potrà incontrare solo a Dublino. Inoltre, manca il Siviglia, e quindi si può sognare.
Tuttavia, bisogna restare coi piedi per terra, e prendere atto che, a oggi, questo è il traguardo massimo raggiungibile. Per tornare a vincere la Champions, servirà altro. Molto altro. Anche se, come ci si augura,le italiane, dalla prossima edizione, dovessero diventare cinque.