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Pantani, quel Tour de France del 2003 – 2/a puntata

A 20 anni dalla sua prematura scomparsa, il ricordo di Marco Pantani è ancora ben saldo nel cuore di tutti gli appassionati di ciclismo e non solo. Non esisterà mai la controprova, ma chissà cosa sarebbe accaduto se il Pirata avesse avuto la possibilità di disputare il Tour de France 2003, quello del Centenario. Allora, proviamo lo stesso a farglielo correre.

Parigi, 3 luglio 2003. “Johan, quanti fischi prenderò oggi?” “Tanti come al solito, Lance. Ma a noi importa qualcosa?” “Un c***o, Johan, un c***o”. E tutti e due scoppiano in una fragorosa quanto superba risata.

Questo il clima di allegria mista a spavalderia e arroganza che si respira nel pullman della US Postal che si è appena parcheggiato nell’area vicina a Place de La Concorde, dove è pronta a tenersi la presentazione delle squadre che due giorni dopo daranno vita al 90/o Tour de France, edizione del Centenario.

Un clima puramente yankee. Da quanto ha sconfitto il male che l’aveva attanagliato, Lance Armstrong, guidato dalla sua ombra, il direttore sportivo Johan Bruynell, si era trasformato da uomo da classiche ad atleta da gare a tappe. Anzi, da gara a tappe.

Perché lo statunitense interpretava il ciclismo in maniera monotematica. Una sola preda, la più importante, il Tour de France. E il resto (salvo rare eccezioni come ad esempio l’Amstel Gold Race) non contava.

Una mentalità che gli aveva consentito di mettersi in bacheca già 4 Maglie Gialle, con l’obiettivo ora di raggiungere Anquetil, Hinault e Indurain. Un obiettivo per il quale dovrà comunque fare i conti con la concorrenza.

Ci sta Jan Ullrich, ci sta un Gilberto Simoni fresco dominatore del Giro e convintissimo di poter far bene anche in Francia, ci stanno i baschi dell’Euskaltel, c’è la Once che si stringe attorno al capitano Joseba Beloki, c’è la T-Mobile che presenta un combattivo Vinokourov.

E poi c’è lui. E da quando ha saputo che ci sta lui, un pizzico di preoccupazione serpeggia anche in Sua Maestà Lance.

Cosa dici, Johan, mi devo preoccupare di Pantani?” “Ma va, Lance, ma l’hai visto al Giro? Sì, ha fatto vedere qualcosa, ma è un lontano parente del Pantani del 1998. Stai certo che non tornerà più così”. E giù un’altra risata fragorosa e superba.

Eppure Armstrong ride e recita contemporaneamente. Recita perchè si ricorda che tre anni fa a Courchevel vide un omino pelato con la maglia rosa andarsene lontano con lui che arrancava in salita. E quell’omino aveva il nome e cognome di Marco Pantani.

Quindi, un pizzico di preoccupazione è logico e naturale che ci sia. Anche la corazza dell’arroganza ha un minuscolo buco nel quale qualcuno può infilarsi per poterla scalfire. E questo qualcuno è il Pirata.

Dai, andiamoci a prendere i fischi”, fa Lance. Ma mentre sta per scendere dal pullman, un altro bus si sta parcheggiando. Quello della neonata Banesto-Carrera Jeans.

È lui”, fa Lance ad alta voce. “È lui”, fa Marco dal pullman. Dopo 3 anni, gli sguardi di Armstrong e Pantani tornano a incrociarsi. Ci scommettiamo, le scintille non mancheranno.