Chi segue le coppe europee avrà sicuramente sentito nominare il Royal Union Saint-Gilloise, formazione belga che nel 2022-23 riuscì a arrivare fino ai quarti di Europa League. Nella stagione precedente la squadra del comune di Saint-Gilles – poco più di 46 mila abitanti, situato nella regione di Bruxelles-Capitale – aveva sorpreso tutti dal momento che, da neopromossa, si era piazzata al primo posto della stagione regolare venendo poi superata dal Club Brugge nei playoff. Ma forse non tutti sanno che questo piccolo club, finito ai margini del calcio belga per più di cinquant’anni, ebbe un periodo floridissimo nei due periodi pre-bellici, tale da consentirgli di vincere per ben undici volte la Division d’Honneur, il massimo campionato belga dell’epoca.
La fondazione del Union Saint-Gilloise è datata 1 novembre 1897: un gruppo di amici, perlopiù adolescenti, che erano soliti riunirsi per tirare calci a un pallone presso il Palazzo Comunale, decisero che era giunto il tempo di creare una propria squadra di calcio. Ciò che differenziava l’Union Saint-Gilloise dalle altre squadre belghe dell’epoca era la sua composizione: anziché da espatriati inglesi, era formata interamente da ragazzi locali. Inizialmente i colori sociali erano il bianco e il nero, gli stessi del Racing de Bruxelles. Un dipendente del Racing aveva donato agli squattrinati ragazzi dell’Union un po’ di magliette, pantaloncini e palloni usati. Solo l’anno successivo il club passò al giallo e al blu, i colori ufficiali del comune di Saint-Gilles.
Nel 1898-99 la Federazione belga aveva riformato il campionato introducendo un nuovo format, con due gruppi eliminatori e un girone finale, che avrebbe decretato la squadra vincitrice. Per l’Union Saint-Gilloise era la prima partecipazione alla Division d’Honneur ma, almeno inizialmente, non pagò l’inesperienza. Si qualificò come prima del proprio girone e giunse terza, alle spalle di Racing Club de Bruxelles e Leopold Club de Bruxelles. L’anno successivo si migliorò, riuscendo a piazzarsi seconda dietro l’ancora inarrivabile Racing Club. I tempi erano ormai maturi per vedere l’Union Saint-Gilloise al top del calcio belga.
Nel 1904 arrivò il primo titolo. Gli Apache (come si facevano chiamare i giocatori dell’Union) stravinsero il loro raggruppamento e nel girone finale a quattro si trovarono a battagliare con il solito Racing, che aveva primeggiato nel gruppo B. Ma stavolta le cose andarono diversamente. L’Union Saint-Gilloise vinse tutte le sei gare a disposizione, compresi i due scontri diretti con il RCB, segnando venticinque gol e subendone solamente quattro. Gli eroi del momento erano il prolifico attaccante Gustav Vanderstappen, che realizzò la bellezza di trenta reti; i suoi due fratelli Joseph e Charles, che giocavano rispettivamente come portiere e come ala; il difensore Edgard Poelmans, che pur di sposare la causa Apache, aveva lasciato il suo precedente club, l’Olympia CB, senza avvertirli che se ne sarebbe andato.
Nella stagione successiva il campionato venne riformato nuovamente. Non più una fase doppia ma un unico raggruppamento, con scontri diretti di andata e ritorno. L’Union Saint-Gilloise segnava sempre tanti gol a stagione, ma a fare la differenza era una maggiore impenetrabilità difensiva rispetto al Racing Club. Gli Apache si aggiudicarono tre scudetti consecutivi, subendo sempre pochissime reti (12, 12 e 13). Nel 1907-08 il Racing spezzò il dominio, ma fu solo una pausa momentanea visto che l’Union Saint-Gilloise tornò a vincere i due campionati successivi. Il settimo e ultimo titolo prima della sospensione bellica venne conquistato nella stagione 1913-14, dopo lo spareggio vittorioso contro il Daring Club de Bruxelles.
Alla ripresa del campionato dopo la chiusura delle ostilità l’Union Saint-Gilloise dovette attendere quattro anni per tornare a essere campione. Tra il 1920 e il 1923 erano arrivati tre secondi posti, alle spalle di formazioni emergenti come Brugeois, Daring e Beerschot. Ma gli Apache non si scoraggiarono. Nel 1922-23, grazie alle reti del capocannoniere Achille Meyskens, si aggiudicarono il titolo vincendo diciotto dei ventisei incontri disputati. A quel punto il ciclo si chiuse. Seguirono anni in cui l’Union non riuscì mai a lottare per i primi posti. Anzi, nella deludente stagione 1930-31 rischiò un’incredibile retrocessione in Seconda Divisione, ma riuscì a salvarsi per il rotto della cuffia. Sembrava che l’epopea dell’Union Saint-Gilloise fosse ormai agli sgoccioli. Niente di più sbagliato.
Il 1 gennaio 1933 l’Union Saint-Gilloise aveva patito una cocente sconfitta contro il Beerschot, che si era imposto 4-1. Dopo quella delusione il capitano e leader della squadra, Jules Pappaert (detto Pataat), in un moto d’orgoglio aveva ripromesso a se stesso e ai suoi compagni che non avrebbero mai più subito battute d’arresto. Detto, fatto. La riscossa cominciò otto giorni dopo, con il 2-2 contro il Liersche: da quel momento gli Apache inanellarono una serie positiva di ben sessanta partite in cui non vennero mai sconfitti, tanto da guadagnarsi l’appellativo di Union 60.
L’incredibile serie di risultati utili consecutivi terminò il 10 febbraio 1935, quando l’Union Saint-Gilloise, privo di due pedine fondamentali, si arrese al Daring per 2-0. La sconfitta non scalfì il cammino degli Apache, che ottennero comunque il terzo titolo consecutivo, l’undicesimo della loro storia. Quell’ultimo scudetto avrebbe rappresentato il canto del cigno di una delle formazioni più significative e influenti dei primi decenni del calcio belga.