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Pantani, quel Tour de France del 2003 – 1/a puntata

A 20 anni dalla sua prematura scomparsa, il ricordo di Marco Pantani è ancora ben saldo nel cuore di tutti gli appassionati di ciclismo e non solo. Non esisterà mai la controprova, ma chissà cosa sarebbe accaduto se il Pirata avesse avuto la possibilità di disputare il Tour de France 2003, quello del Centenario. Allora, proviamo lo stesso a farglielo correre…

Parigi, 3 luglio 2003. “Vabbè, via il dente, via il dolore”. È un pot-pourri di colori Jean-Marie Leblanc, rosa in volto ma con dentro il verde del travaso di bile. Arcobaleno tipico del delirante di onnipotenza che ritorna bruscamente alla realtà.

Ci aveva provato, il patron del Tour de France. Ci aveva provato a far fuori nuovamente Marco Pantani. Ma la Grande Boucle è sua solo formalmente e gliel’ha fatta capire.

E la corsa francese ha agito come avrebbe fatto qualunque madre riconoscente al figlio che appena 5 anni prima l’aveva salvata. Perchè il Tour 1998, quello dei veleni, degli arresti e del doping, se era arrivato a Parigi lo doveva solamente allo scricciolo di Cesenatico e alla sua impresa sul Galibier.

Tanta acqua è passata in questi 5 anni, acqua fatta di episodi tristi ma noti e arcinoti che risulta superfluo il riassunto.

Una cosa purtroppo è oggettiva: dal luglio 2000, da quando Pantani ridicolizzò Armstrong a Courchevel, il Pirata non è più stato competitivo nè la sua squadra, la Mercatone Uno, ha avuto un roster formato da corridori di prima categoria.

Un appiglio oggettivo al quale Leblanc si era aggrappato mani e piedi per far fuori il campione romagnolo.

Però in quei primi mesi del 2003 accaddero tre cose. In primis, lo scontato ennesimo mancato invito della Mercatone Uno di Pantani al Tour de France. In secundis, un Pirata che inaspettatamente tornò competitivo al Giro d’Italia.

Pantani si piazzò quinto nel primo storico arrivo sul durissimo Monte Zoncolan dopo che era stato l’unico a impensierire il vincitore, sia della tappa che di quell’edizione della Corsa Rosa, Gilberto Simoni.

E fece una terza settimana a livello dei migliori con il 14°posto conclusivo figlio dei minuti persi in una sfortunata caduta giù dal colle del Sampeyre provocata dall’”amico-rivale” Stefano Garzelli.

Un finale di Giro entusiasmante che fece scattare l’idea a Felice Gimondi, fuoriclasse degli anni Sessanta e Settanta del pedale italico e ultimo vincitore italiano del Tour de France prima di Pantani (e fu proprio Gimondi ad alzare il braccio del trionfante romagnolo a Parigi il 2 agosto 1998).

Il campione bergamasco, da responsabile dell’attività sportiva della Bianchi, storica azienda di biciclette milanese, aveva da poco promosso un’importante iniziativa: sostituire la Coast come sponsor principale della squadra tedesca nella quale militava Jan Ullrich per consentirgli di proseguire la stagione e conseguentemente partecipare al Tour.

E allora, pensò Gimondi, perché non far svincolare Pantani dalla Mercatone Uno e farlo firmare con la Bianchi dall’1 luglio 2003 in maniera da costituire una coppia da sogno con il vecchio rivale del 1998 e impensierire seriamente sua maestà Lance Armstrong?

Pantani era entusiasta dell’idea che andava giorno dopo giorno concretizzandosi. Idea troppo bella…per essere vera. A metà giugno non si raggiunse l’accordo economico ma un altro “vecchio amico” era pronto a bussare alle porte del campione di Cesenatico: Imerio Tacchella.

Patron della Carrera Jeans, sponsor della prima squadra professionistica di Pantani, Tacchella il 20 giugno 2003 annunciò il ritorno dell’azienda veronese nel mondo del ciclismo affiancando come sponsor la Banesto di Eusebio Unzue a partire dal 1 luglio.

E allora vuoi vedere che…? Risposta esatta. Il 23 giugno 2003, con un laconico quanto atteso comunicato stampa, la Banesto-Carrera annunciava l’ingaggio semestrale di Marco Pantani, che poteva dunque partecipare al Tour del Centenario.

L’accordo venne trovato facilmente. La neonata compagine ispanico-italiana garantì al Pirata quello che la Bianchi rifiutò di fare. Soldi? No. Almeno non direttamente.

Avendo un cuore grande, Pantani fece mettere sul suo contratto una clausola particolare: la Banesto-Carrera garantiva a tutto il personale della Mercatone Uno un contratto per il 2004 in caso di dismissione di questa compagine.

Ottenuta questa garanzia, Pantani diede il via libera all’operazione, pronto a dividere i galloni di capitano della compagine con lo spagnolo Francisco Mancebo. E quindi il 3 luglio mattina arriva a Parigi con la sua nuova squadra.

Dopo essersi acquartierato, Pantani nel pomeriggio fece una sgambata veloce e, rientrando nella hall dell’albergo, trova Leblanc. “Marco, mon ami, comment ça va?”, fa il patron.

Comment ça va un paio di p…e”, fa il Pirata velocemente tra i denti, prima di esibire un laconico e freddo “Bien, je suis ici”! Sì, caro Leblanc, Pantani è a Parigi. Pantani è al Tour.