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Chi ama il calcio tifa Liverpool

Non c’entra la fede. Né la simpatia. Ok, Klopp è una figura che mette tutti d’accordo: parte avvantaggiato. Quello che però sta facendo il suo Liverpool va oltre il suo sorriso smagliante. Il modo in cui ha vinto la Carabao Cup contro il Chelsea ha qualcosa di epico.

Un copione inedito da affiancare all’opera maestra scritta a Istanbul 19 anni fa. Da mettere a fianco ai titoli più belli del secolo Reds: la zingarata di Origi conto il Barça e il golden-autogol di Geli nella finale di Coppa Uefa del 2001 al termine di un bizzarro 4-4. Opere che hanno fatto il giro del mondo e sono entrate nella iconografia Reds. La coppetta di Lega ha proporzioni diverse e a fianco di certe quinte di copertina può solo che impallidire. Ma, c’è qualcosa che va oltre la portata del trofeo, oltre il risultato finale.

Sono rimasto incollato alla partita e oltre alla naturale simpatia per l’underdog (il Liverpool incerottato) ho provato sanissima invidia. Dentro quella partita c’è tutto quello che un tifoso vorrebbe dalla sua squadra, dai suoi giocatori, dal suo allenatore. È stato un manifesto dei valori sportivi. La generosità di un gruppo che si è dato da fare per oltre 120’. Neanche l’infortunio di Gravenberch e il gol annullato a Van Dijk nel primo tempo hanno scalfito la voglia di vivere del Liverpool. Episodi da Var che hanno scatenato un temporale di sorrisi amari dell’allenatore tedesco, ma in nessun momento hanno compromesso la prestazione della squadra. Caicedo meritava almeno il giallo, sfuggito sotto il naso di Kavanagh e il blocchetto di Endo sul gol del vantaggio di Van Dijk sarebbe finito nel caritore dei social pronti a mirare su “Open Var”.

Il Liverpool ha risposto alle avversità con tenacia. “Believe” è il motto di Ted Lasso per animare i suoi scapestrati calciatori. “Believe” avrà detto Klopp ai suoi ragazzini, guardando dentro le loro facce butterate e gli occhi ansiosi. Carpe diem. Mentre il Chelsea metteva in campo la sua collezione di stelle, Jurgen buttava nella mischia i ”lads” made in Liverpool. 76 anni in quattro, sommando i minuti in stagione non arrivano a 17 partite intere. Jayden Danns ha all’attivo un corsetta di 60 secondi su un campo di Premier League con la prima squadra. Eppure entrano con un dinamismo naturale. Klopp guarda i suoi cuccioli correre al parchetto mentre Pochettino sferza l’aria incapace di governare le corse di Mudryk e Madueke. Klopp elargisce abbracci a tutti quelli che gli passano a tiro. In campo Virgil Van Dijk sembra la cosa più vicina a Paolo Maldini vista negli ultimi 20 anni. Domina la scena con fisico da guerriero persiano affettando con precisione la tensione che striscia tra gambe dei più giovani. A parte la delusione del gol annullato, questo furioso guerriero senza rinnovo gioca con la disperazione di chi teme per la sua testa.

Virgil e Jurgen, a Wembley stanno tirando schiaffi a destra e sinistra. A chi dava la partita per persa, a chi si immaginava il calo fisiologico di due uomini pronti con le valigie sulla scialuppa, a chi non credeva nello spessore dei giovani. Generosità, temerarietà, convinzione e eroismo. Wembley è un cuore solo. Rosso, che batte fortissimo quando l’angolo di Tsimikas centra la testa di Van Dijk a due minuti dalla fine del secondo tempo supplementare. L’esultanza è liberatoria, no rabbiosa, né esagerata. Bella, sincera, genuina, senza moine pro Tik-Tok. Virgil sta traghettando il Liverpool sul tetto di Wembley mentre il Chelsea annega nel Tamigi. Il trionfo è Reds e restano ancora due pagine per aggiungere una punta di romanticismo sui titoli di coda.

Virgil e Jurgen che assestano il colpo del ko alla storia sollevando la Carabao cup insieme, la corsa di Darwin Nunez che zompetta sulle tribune di Wembley con la gamba malconcia e James McConnel che il giorno dopo la vittoria riceve la standing ovation dai suoi compagni di liceo. Uno sbarbatello in divisa scolastica. Sorriso paralizzato dall’emozione, camminata sciolta di chi ha battuto i bulletti di quartiere nella partitella domenicale. Virgil e Klopp gli hanno appeno regalato il giorno più bello della sua precoce carriera. Ogni tifoso avrebbe bisogno di un po’ di Virgil e Jurgen nella sua vita.