È novembre del 2021, il mondo sta cercando di superare la pandemia e le attenzioni globali sono concentrate su questo e sulle delicate dinamiche internazionali. Un uomo è vestito di tutto punto: completo, cravatta e camicia, un abbigliamento formale che si addice ad un politico. Il leggìo c’è, così come il microfono, il blue screen e la bandiera dello stato affiancata da quella della Nazioni Unite. Il contesto però è diverso dal solito, quell’uomo non si trova in parlamento o in collegamento da casa sua: si trova su una spiaggia, anzi su quella che era una volta una spiaggia, l’acqua infatti gli arriva alle ginocchia.
Non si tratta di una gag o di un banale scherzo, quell’uomo è Simon Kofe, ministro degli esteri della piccola repubblica di Tuvalu, stato insulare dell’Oceano Pacifico che conta appena 11 mila abitanti. Lui sorride ma il messaggio è serissimo: Tuvalu sta scomparendo. L’arcipelago, fino al 1976 territorio britannico, comprende nove isolette con una superficie totale di 26 chilometri quadrati, rendendolo il quarto stato più piccolo del mondo. La conformazione delle isole, atolli spesso larghi poche centinaia di metri senza punti di elevazione, le ha rese particolarmente vulnerabili alle conseguenze del cambiamento climatico. La già piccola repubblica si è vista privare di anno in anno vari metri di terreno, mangiati dall’innalzamento del livello delle acque.
Gli esperti danno a Tuvalu un periodo di sopravvivenza compreso tra i 50 e i 100 anni ed è già iniziata la programmazione per un eventuale migrazione della popolazione tuvaluana verso nuovi territori. Il gesto del ministro Kofe ha attirato le attenzioni internazionali ma la situazione rimane difficile.
La vita nell’arcipelago è un po’ monotona, l’esiguo territorio e la posizione isolata non concedono molti spostamenti. Il lato positivo di ciò è però la profonda cultura della popolazione locale, che coltiva le sue tradizioni e i suoi costumi da secoli. Pensate, Tuvalu permette legalmente di diventare “fratelli” o “sorelle” di qualcuno, promuovendo il concetto di affetto e amore alla base dell’amicizia come una fondamento solido per diventare a tutti gli effetti imparentati.
Fondamentale è sicuramente lo sport, con il quale i tuvaluani hanno avuto anche modo di interfacciarsi maggiormente con altri stati. Il calcio è tra gli sport più amati, regolato dalla Tuvalu Islands Football Association, la loro equivalente della FIGC, che organizza anche l’unico campionato, l’ A-Division (che vanta persino una serie cadetta). Una particolarità è data dalla Independence Cup, un torneo nazionale in cui a partecipare sono quadre miste di uomini e donne, un vero unicum del suo genere. L’iniziativa nel piccolo arcipelago è tanta: è presente anche l’ A-Division femminile, un torneo calcistico natalizio e persino il torneo calcistico dei Tuvalu Games: una sorta di “mini olimpiadi” in cui partecipano selezioni in varie discipline delle nove isole della repubblica oceanica. Il tutto organizzato nell’unico stadio presente, il Tuvalu Sports Ground da 1500 posti, localizzato sull’isola capitale, Funafuti.
I migliori calciatori vengono ovviamente chiamati in nazionale: la Nazionale di Tuvalu non è affiliata alla FIFA ma solo alla OFC, l’equivalente oceanico della UEFA. Perciò non può partecipare alle qualificazioni mondiali, ma può partecipare alla Coppa D’Oceania e ai Giochi del Pacifico. Invero, la nazionale tuvaluana si è iscritta sono nel 2007 alle qualificazioni della Coppa D’Oceania, perdendo il match inaugurale per 16-0 contro le Figi. Ne susseguì però un’onorevole sconfitta per 1-0 contro la Nuova Caledonia e uno storico pareggio per 1-1 contro Tahiti (che qualcuno ricorderà in Confederations Cup nel 2013).
C’è poi un evento che mette in contatto la realtà distante dell’arcipelago oceanico con una realtà occidentale come quella italiana, ed è qualcosa di inaspettato: un match tra la Nazionale di Tuvalu e la Selezione calcistica della Padania. L’anno è il 2018, storia recentissima, e il contesto è la Coppa del Mondo CONIFA, un torneo calcistico mondiale in cui partecipano selezioni nazionali di squadre non affiliate alla FIFA. Ciò spalanca la porta a “selezioni nazionali” di tutti i tipi, si passa da quella delle minoranze coreane in Giappone, a quella dell’Isola di Man, a quella, per l’appunto, della Padania.
Lo scenario è suggestivo, si gioca a Londra, ma il match non è molto combattuto: vince la Padania per 8-0, che andrà poi a fine torneo a classificarsi terza. I tuvaluani si consoleranno nel match successivo, dove perderanno per 3-1 contro il Matabeleland (rappresentativa della regione occidentale dello Zimbabwe), segnando finalmente il primo e unico gol del torneo. A segnarlo è Etimoni Timuani, un difensore e centometrista. Nel 2015 prende parte alle qualificazioni olimpiche a Pechino e, incredibilmente, ce la fa. Nel 2016 è l’unico tuvaluano a rappresentare la sua nazione alle Olimpiadi di Rio 2016.
Gli sviluppi recenti della nazionale sono più incoraggianti. Solo pochi mesi fa, a novembre, Tuvalu ha partecipato ai Giochi del Pacifico, riuscendo per la prima volta nella sua storia a vincere più di una partita nel torneo. Eliminati nella fase a gironi, hanno dovuto vedersela prima con Tonga e poi con le Isole Marianne Settentrionali per determinare il piazzamento dal dodicesimo al nono posto. Risultato? 4-0 contro Tonga e 4-1 contro le Marianne, nono posto raggiunto, il miglior piazzamento della storia del piccolo paese.
Insomma, per quanto le vicende extra calcistiche non lascino ben sperare, sarà interessante continuare a seguire le gesta di questo piccolo arcipelago in un punto sperduto del mondo.