Quando nell’ormai lontano 1993, affascinato e sedotto da questo splendido sport, presi per la prima una racchetta in mano l’Italia tennistica poggiava le sue speranze in una generazione di giocatori di buone qualità tecniche. Ma che purtroppo non sarebbero mai potuti arrivare al gotha del tennis mondiale. Il diciottesimo posto in classifica ATP rappresentava una sorta di ostacolo insuperabile, visto che i nostri migliori giocatori (Camporese e Gaudenzi, Furlan al 19°) non sarebbero mai riusciti ad andare oltre questa posizione. Qualche anno più tardi la maledizione del diciottesimo posto avrebbe colpito un altro bravo tennista italiano, Andreas Seppi.
Il tennis è sempre stato uno degli sport più praticati in Italia, a livello amatoriale e non. Eppure mancava qualcosa per fare scattare un’ulteriore scintilla. Mancava un traino, ossia uno o più giocatori – come lo era stato Alberto Tomba per lo sci – che grazie alle loro vittorie diventassero punti di riferimento e modelli da seguire. Fognini prima e Berrettini poi hanno avuto il merito di scalfire la maledizione della classifica ATP; ma soprattutto di riusciti a far ri-appassionare milioni di persone il cui amore per il tennis era un po’ svanito dopo anni di delusioni.
E poi è arrivato Jannik Sinner, il campione che tutti attendevamo da decenni. Grazie a lui la passione tennistica è esplosa definitivamente: certo, la vittoria dell’Australian Open ha svegliato l’interesse anche da parte di chi non sa un’acca di tennis ma si erge a grande intenditore per salire sul carro del vincitore. Ma se vogliamo guardare il lato più romantico, il successo in Australia è stato un premio per coloro non hanno mai smesso di sognare e sperare. Di tornare a essere protagonisti anche nel tennis, con un giocatore di qualità che potesse vincere qualcosa di importante. Sinner è il campione che meritavamo.
Quando lo vedi per strada, con i lunghi capelli ricci che penzolano disordinatamente sulla sua testa e con gli occhiali da vista neri alla Clark Kent, Jannik ti sembra un ragazzo come tutti gli altri. E forse è proprio questo sua normalità a renderlo ancora più accattivante. Mai una parola fuori posto, mai un discorso sopra le righe, ma tanta umiltà e riconoscenza. Jannik vuol essere un esempio umano, prima che tennistico, e ciò gli viene naturale grazie alla buona educazione che possiede. Non deve fare uno sforzo per dire la cosa giusta, perché la spontaneità agisce per lui con grande naturalezza. Non è un caso che, nonostante la giovane età, sia molto stimato praticamente da tutti i colleghi.
Come tutte le persone anche Sinner avrà le sue paure. E come tutti gli sportivi avrà dei momenti di sconforto e di difficoltà. D’altronde il tennista non deve fronteggiare solamente l’avversario che ha di fronte, ma deve duellare con se stesso, tenere a bada i propri demoni. Ma Jannik ha un grosso vantaggio rispetto agli altri. Ha una grandissima forza mentale e una mentalità vincente: due aspetti che sembrano simili ma che non lo sono, e che nella testa di un tennista devono intrecciarsi in maniera positiva.
Se analizziamo Jannik Sinner dal punto di vista tecnico (e fisico) è un giocatore che ha ancora ampissimi margini di miglioramento. Deve completarsi a rete e a volte va in difficoltà se non è lui a comandare lo scambio. La frase “Il mio segreto è lavorare tanto”, detta in conferenza stampa a Roma, è il compendio di quale sia la peculiarità del giovane tennista azzurro. É stato proprio grazie al lavoro maniacale e incessante a fargli bruciare le tappe nell’ultimo anno. La cura del dettaglio gli ha permesso di migliorare soprattutto al servizio, diventato un’arma potente tra le sue mani.
Se il corpo è quello di un ragazzo che ancora non si è sviluppato completamente, la testa è quella di un campione navigato. In allenamento o in partita l’impegno è lo stesso. La forza di volontà che mette sul campo tutti i giorni è la benzina che serve per mantenersi sempre concentrato e affamato. E si traduce in una condizione di continua evoluzione e miglioramento. In partita il registro non cambia, anzi viene arricchito dalla cattiveria agonistica. É difficile vedere Sinner sconfortato per un punto o per un game o per un set perso. La sua testa pensa già all’immediato futuro, al come venir fuori da una situazione negativa. E spesso – un fulgido esempio è il 1-5 al tie-break del secondo set contro Rublev, vinto poi 7-5 – ci riesce.