I Pionieri del Calcio – Pierre Chayriguès, il piccolo genio che reinterpretò il ruolo del portiere
Si può essere un grande portiere anche se si è alti solamente 166 cm? Nel calcio odierno la domanda sarebbe retorica e verrebbe probabilmente accompagnata da qualche sorrisetto di derisione. Ma nel football pionieristico tutto ciò era possibile. Oggi vi parliamo della storia di Pierre Chayriguès, il piccolo grande portiere francese che cambiò il modo di stare in porta.
Una passione nata durante la ricreazione a scuola
Pierre Chayriguès nacque a Parigi il 2 maggio 1892. Nel 1903, all’età di undici anni, per i bambini del suo quartiere era già un idolo indiscusso. Questo perché, assieme ad altri due compagni di scuola, Letailleur e Triboulet, aveva costituito un trio formidabile che sovente si divertiva a sfidare squadre regolamentari, composte da undici giocatori. Tutto ciò accadeva durante l’ora di ricreazione, quando i tre amici potevano ignorare la disciplina scolastica e dare sfogo al loro talento calcistico. Due anni più tardi Pierre entrò a far parte della sua prima squadra di calcio, il Levallois, ma il primo salto in avanti della carriera avvenne nel 1908 quando venne ingaggiato dal Clichy, con cui giocò fino al 1911.
Tre stagioni che accrebbero notevolmente la considerazione nei suoi confronti e che gli permisero di mettere nelle gambe la giusta esperienza. Chayriguès era un portiere di affidamento, talentuoso, oramai pronto per scenari più importanti. Per lui si spalancarono le porte del Red Star, la formazione francese più forte del periodo. E, quasi contemporaneamente, quelle della Nazionale francese. Godeva di grande considerazione anche all’estero: il Tottenham provò addirittura ad ingaggiarlo, offrendogli la cifra record di 12.000 franchi al mese, ma Pierre decise di rifiutare le avances del club inglese.
Un calciatore atipico che reinventò il ruolo del portiere
Chayriguès doveva gran parte della sua reputazione al suo aspetto. Era impossibile non riconoscerlo quando scendeva in campo. Il suo viso, semi-nascosto dall’immancabile cappellino a quadri grigi e bianchi, celava un’espressione beffarda, allo stesso tempo acuta ma torva. Le mani erano sproporzionatamente lunghe e larghe, quasi deformate, rispetto al resto del corpo. Vestiva sempre una maglia grigia ed era solito annodare più volte i lacci delle scarpe intorno al collo del piede.
Ma la sua fama sportiva era dovuta alle sue doti. Rispetto ad esempio ai portieri inglesi, che facevano dell’altezza una loro prerogativa indiscussa, Chayriguès era, per l’appunto, solo 166 cm. Tuttavia sopperiva alla mancanza di fisicità con una agilità fuori dal comune, che gli permetteva di catapultarsi sul pallone con grande efficacia. Nelle azioni più pericolose riusciva spesso a leggere la situazione in anticipo e, con un balzo felino, a sventare la minaccia. Per questo secondo alcuni poteva essere paragonato a una tigre o a una pantera che, mostrando ferocia e sangue freddo, difendono l’ingresso della propria tana.
Chayriguès non era un portiere come gli altri. Grazie all’agilità che lo contraddistingueva e a una buona dose di pazzia, reinterpretò a modo suo il ruolo di estremo difensore. Inventò le respinte di pugno, le uscite nei piedi degli avversari ma soprattutto i tuffi. Poiché era abile tecnicamente, quando entrava in possesso della palla per gli avversari era molto difficile potergliela togliere. Attirava su di sé il pressing degli attaccanti e poi li scherniva con rapidi dribbling, quasi come un torero che fa passare a 2-3 centimetri dal suo petto le corna del toro.
I maledetti infortuni
Il rovescio della medaglia è che, tuffandosi senza timore, Chayriguès era più incline a infortunarsi. In occasione della partita tra Francia e Cecoslovacchia ai Giochi Interalleati del 1919 si fratturò bacino e spalla. Un infortunio gravissimo che avrebbe messo al tappeto chiunque. Ma non Pierre Chayriguès. Quasi due anni dopo, in occasione della finale di Coppa di Francia, il portiere tornò a difendere i pali del Red Star, conseguendo una prestazione da incorniciare. Col suo club vinse ancora due Coppe di Francia, ma nel 1925 dovette abbandonare la carriera a causa di ulteriori guai fisici.
Nel 1924, durante i Giochi Olimpici di Parigi, si era rotto una costola a contatto con l’attaccante uruguaiano Pedro Petrone, ma la goccia definitiva fu la frattura di caviglia e perone durante una partita tra una rappresentativa del Nord e una rappresentativa di Parigi. Terminata la carriera da calciatore Chayriguès cominciò quella di allenatore, ma con risultati poco redditizi. Dopo la Seconda Guerra Mondiale si trasferì in Normandia, ad Avranches, dove aprì un caffè e allenò, per qualche anno, la squadra locale.