Sciare? Quasi come volare
Dal nostro inviato a Bormio
Premessa: amiamo sciare, sport che abbiamo iniziato a praticare in età non più verdissima, ma che ci ha conquistato, dopo un primo approccio negativo nel periodo dell’adolescenza. I capelli grigi, ahimè, raccontano che abbiamo in vissuto in prima persona non solo l’epoca d’oro di Alberto Tomba, Deborah Compagnoni e tante altre e altri, ma che ricordiamo benissimo Gustavo Thoeni, Pierino Gros e la Valanga azzurra, una delle migliori stagioni in assoluto dello sport azzurro, e non solo di quello invernale.
Ci siamo così tuffati nello sci professionistico attuale, disciplina che non abbiamo mai smesso di seguire, con una certa curiosità: occupandoci normalmente di calcio, volevamo vedere anche un po’ le differenze tra un ambiente che conosciamo a menadito e il Circo Bianco, che pure avevamo visto anche dal vivo anni fa, ma solo come spettatori. Ne siamo usciti con una consapevolezza nuova ma, soprattutto, con una grande ammirazione per questi atleti (uomini, in questo caso: ma le donne non sono assolutamente da meno).
Premessa: una gara di sci dura molto meno, per esempio, di un Gran Premio motoristico, su 2 o 4 ruote. Però, l’intensità, soprattutto mentale, dello sforzo posto in essere da uno sciatore pensiamo abbia pochi paragoni nel mondo dello sport. Sulla Stelvio, la velocità media supera i 110 km/h ma con punte, nella prima parte, di 150. Sono numeri che sarebbero pericolosi anche su un’autovettura, soprattutto su percorso misto, come lo è una pista da sci ghiacciata: immaginatevi farlo con un paio di assi di carbonio ai piedi.
Quella di Bormio è la pista preferita di Dominik Paris, come sappiamo: ieri, però, l’alto atesino ha chiesto troppo al suo terreno preferito, che pure conosce come le sue tasche. Era difficilissimo fare meglio di Cyprien Sarrazin e Marco Odermatt, scesi prima di lui, e divisi da soli 9 centesimi. Eppure, l’atleta di Merano, nel primo rilevamento, aveva fatto segnare un tempo migliore, là serve gettarsi con le punte rivolte a valle, dove la velocità è più elevata. Dominik non è riuscito, questa volta, a domare il ghiaccio valtellinese: eppure, caduto, è riuscito a rialzarsi in corsa, senza saltare la porta, e ad arrivare in fondo. Un gesto atletico incredibile, che ci porteremo dentro per un pezzo.
Tutti gli atleti coi quali abbiamo conversato all’arrivo hanno voluto farci notare come questa pista sappia essere difficile, esaltante ma pericolosa allo stesso tempo, e senza nulla da invidiare a quella di Kitzbuhel in Austria, considerata da sempre il tempio della velocità per antonomasia. Insomma, un teatro degno di un’Olimpiade, sicuramente. Ma come dimenticare Cristof Innerhofer, ancora in grado, nonostante l’età, di restare tra i primi 30, a questi livelli, su questa pista, con questi avversari?
Parlavamo, all’inizio, di consapevolezza. Ecco, torneremo a casa, dopo questa due giorni valtellinese, con alcune certezze. La prima: non abbiamo competenze scientifiche per giudicare se il cambiamento climatico sia fondato o meno. Però, al di là delle temperature rigide (si arriva di notte tranquillamente sotto i -4°, il che consente di sparare la neve senza problemi), l’unica neve che si vede è quella artificiale delle piste. Certo, prima di Natale eravamo stati in Val Gardena, e ne avevamo vista davvero tanta: tuttavia, vedere i prati verdi in questo periodo, e a queste quote, mette un po’ d’inquietudine.
L’altra, che abbiamo anticipato, è che questi atleti fanno qualcosa di davvero eccezionale. Lo si vede in televisione, si dirà: ma dal vivo, è un altro effetto. Siamo in un’epoca dove i polivalenti li conti sulle dita di una mano: e l’elvetico Marco Odermatt, a dicembre, vista la caduta e il rovinoso infortunio occorso ieri all’austriaco Marco Schwarz (rottura del crociato e del menisco del ginocchio destro: stagione finita per lui) si ritrova ad avere la grande opportunità di vincere la Coppa del Mondo generale per la terza stagione consecutiva.
Però, questi fenomeni vanno tutelati, cosa che lo svizzero ha chiesto a gran voce, ricevendo la piccata risposta, nelle scorse settimane, del presidente della FIS, il francese Michel Vion.La FIS, ovviamente, difende il proprio prodotto, trasmesso ovunque in televisione, oltre a trovarsi in lotta contro le bizze del clima, che hanno costretto la Federazione ad annullare diverse gare in stagione. Qualcuno dirà che, in fondo, una gara di sci è racchiusa in una manciata di minuti. Beh, vedere un essere umano, uomo o donna, scendere su quelle piste, a quelle velocità, merita rispetto. Parecchio. No vogliamo cadere nel luogo comune del confronto con atleti di altri sport, perché è cosa che non ci piace: il benaltrismo non ci appartiene. Ognuno, quindi, la pensi pure come vuole.