“Io sono un istrione, ma la genialità è nata insieme a me“. Così nel 1970 il grande Charles Aznavour cantava nel suo – tra i tanti – capolavoro “L’istrione“. E se associamo questo vocabolo al ciclismo, il nome di Peter Sagan viene subito spontaneo in mente a tutti gli appassionati.
Domenica scorsa al Tour de Vendée 2023 il fuoriclasse slovacco ha posto la parola “fine” alla sua carriera da stradista. Carriera che lo porta di diritto tra i grandi di questo sport, considerato il suo palmarès.
3 Campionati Mondiali consecutivi (2015, 2016, 2017), 1 Campionato Europeo (2016), 1 Giro delle Fiandre (2016), 1 Parigi-Roubaix (2018), 3 Gand-Wevelgem (2013, 2016, 2018), 1 E3 Harelbeke (2014), 12 tappe al Tour de France con sette maglie verdi della classifica a punti portate a casa, 2 tappe al Giro d’Italia con una maglia ciclamino della classifica a punti conquistata, 4 tappe alla Vuelta a España. Per tacere delle innumerevoli vittorie parziali ottenute in corse come la Parigi-Nizza, Tirreno-Adriatico e Giro di Svizzera.
Successi conquistati sempre dando spettacolo e ottenuti nelle maniere più disparate, dalle volatone di gruppo a spunti su traguardi leggermente in salita. Ma anche aggiungendo quel tocco di show che non guasta. Immancabili le sue impennate negli arrivi in salita dei tapponi dei Grandi Giri, quando Sagan si staccava subito per risparmiare la gamba per le tappe a lui più congeniali. E come dimenticare gli orsetti gommosi divorati alle conclusioni di ogni corsa?
Due le uniche “macchie nere” della sua carriera. Una di stile quando non si comportò proprio educatamente con una miss al podio del Giro delle Fiandre 2013 concluso al secondo posto dietro Cancellara. E una sportiva: la Milano-Sanremo.
Quante volte Sagan ha sfiorato la Classicissima ma la beffa più grande rimane quella del 2017, quando prese l’attacco giusto ma venne clamorosamente beffato in volata da Kwiatkowski.
Ma, oltre a essere un istrione, Peter Sagan potrebbe essere considerato anche il precursore della generazione di fenomeni che sta imperversando in questi ultimi anni nel ciclismo. Lo slovacco, come i vari Pogacar, Vingegaard, Hindley, ha cominciato a imporsi all’età di 20 anni ma poi (ed è questo un piccolo campanello d’allarme per i sopracitati) è stato competitivo ad alti livelli fino a 28-29 anni.
Quindi, un istrione e un precursore. Questo è stato Peter Sagan stradista. Parole importanti ma che non devono far dimenticare la prima a lui associata: Campione!