30 luglio 1930, Stadio del Centenario di Montevideo.
Davanti a una folla di quasi 70.000 spettatori sta per avere inizio la prima storica finale della Coppa Rimet, che assegnerà il titolo di campione del mondo. L’atmosfera è elettrica, gli spalti ribollono di energia e tensione. All’entrata sul terreno verde i calciatori delle due squadre si guardano in cagnesco consapevoli che sarà una vera e propria guerra. I capitani delle due squadre – Ferreira per l’Argentina e Nasazzi per l’Uruguay – si avvicinano al centro del campo per il sorteggio. Davanti a loro si erge la figura di un uomo vestito elegantemente. Indossa un abito sartoriale appena confezionato. Giganteggia su tutti, vista la sua altezza, e pare molto concentrato. Sa che anche lui dovrà essere perfetto.
John Langenus era nato ad Anversa l’8 dicembre 1891. Di estrazione ricco-borghese, aveva imparato ad amare il calcio durante il periodo scolastico. Era promettente, di lui se ne parlava un gran bene. Ma un infortunio al piede e la mancata approvazione del padre gli impedirono di inseguire il sogno di diventare calciatore. Così decise di intraprendere una strada alternativa. Non avrebbe abbandonato il rettangolo verde, lo avrebbe calcato in un’altra veste: sarebbe diventato arbitro.
Dopo qualche tempo John si rese conto di avere un certo talento. Ormai era quella la sua strada. Ma per consacrarsi professionalmente aveva bisogno di sostenere alcuni esami. Il primo tentativo fu disastroso: nella commissione c’erano due arbitri inglesi che lo misero in difficoltà con quesiti irrisolvibili. “Cosa deve fare un arbitro se il pallone, mandato in aria, viene afferrato dal pilota di un aereo in transito?”, chiese l’uno. “Cosa deve fare l’arbitro se il portiere va a sedersi sulla traversa e non vuole scendere?”, domandò l’altro. Langenus, incapace di trovare una risposta, venne bocciato.
John era affranto e si stava convincendo di non essere tagliato per fare l’arbitro. Ma poco dopo ebbe la sua personale rivincita: a causa della penuria di direttori di gara, gli venne data la possibilità di sostenere nuovamente l’esame. Questa volta, davanti a una giuria composta da buoni professionisti, riuscì a superarlo senza difficoltà dimostrando di conoscere alla perfezione il regolamento. Le doti che contraddistinguevano Langenus erano concentrazione, serietà e un’applicazione quasi maniacale, affiancate da una costante voglia di imparare. Era questo il suo segreto, cercava di apprendere il più possibile dalle nuove esperienze. Spesso faceva più partite in un giorno, spostandosi con qualunque mezzo.
Di fronte a queste doti, la Federazione belga si accorse di lui e gli permise di sostenere l’esame per diventare arbitro di primo livello nazionale. Diresse la sua prima gara tra le squadre riserve dello Standard Liegi e del Beerschot, destando un’ottima impressione. Al termine della partita, a causa della defezione dell’arbitro designato, gli venne proposto di dirigere anche la partita tra le prime squadre. Ma Langenus rifiutò dicendo di non essere ancora pronto per una sfida di tale importanza.
Grazie alle sue brillanti prestazioni, sempre crescenti, e alla tranquillità con cui dirigeva le partite, Langenus divenne ben presto un arbitro di grande affidamento. Per lui fu il 1927 l’anno della svolta: venne chiamato ad arbitrare la prima partita dell’Irlanda libera, contro l’Italia, e al termine della partita la stampa ne esaltò le doti, dichiarandolo “il miglior arbitro del mondo”. L’anno seguente partecipò alle Olimpiadi che si disputavano nella sua città natale, Anversa, e diresse due incontri, tra cui lo storico 11-3 con cui la Nazionale Italiana affondò l’Egitto. L’apice della carriera arrivò, naturalmente, nel 1930. Nella prima Coppa del Mondo disputata in Uruguay Langenus fischiò in sei match tra cui, come detto all’inizio, la finalissima tra Celeste e Albiceleste.
La vigilia non fu affatto facile per Langenus. Era orgoglioso di quel riconoscimento ma temeva per la sua incolumità. Sciolse i dubbi circa la sua partecipazione solo due ore prima della finalissima e dopo aver ottenuto una polizza assicurativa sulla vita e la rassicurazione che sarebbe salpato appena terminato l’incontro. Il giorno prima aveva addirittura redatto un testamento, consegnato al console belga. Arrivato allo stadio, per un disguido Langenus venne bloccato dalla polizia. Era l’ennesima persona che voleva entrare spacciandosi per l’arbitro dell’incontro. La testimonianza del sarto che aveva confezionato l’abito e del testimone presente alla consegna del testamento lo salvarono.
Nonostante tutte le peripezie incontrate sul suo cammino, John diresse l’incontro con una calma invidiabile, mostrandosi concentrato in ogni situazione. La sua prestazione fu impeccabile, nonostante la sfida fosse infuocata. Al termine fu lui stesso a inviare alla stampa europea il resoconto della sfida, non essendovi giornalisti presenti al Centenario. Quel signore elegante, vestito in giacca e cravatta e con i pantaloni alla zuava, che tanto aveva temuto per la sua incolumità, aveva portato a termine la prima storica finale della Coppa Rimet.