Quattordici anni, undici mesi e quattro giorni. Werther Gaiani aveva le stimmate del predestinato. Perché se a quell’età segni il tuo primo gol in Serie B, non solo ti assicuri un posto negli annali del calcio. Diventi un potenziale campioncino seguito dalle migliori squadre italiane. Quella di Gaiani poteva essere una carriera fulgida, ricca di successi, viste le premesse. Ma non fu così.
Werther Gaiani era nato a Molinella, una cittadina dell’hinterland bolognese, il 29 giugno 1925. Come molti altri suoi coetanei, aveva calcato alcuni campi degli oratori di zona: era lì che era sbocciata la passione per il calcio. Nel giugno 1940 la situazione era sull’orlo del baratro. La guerra era imminente, Mussolini stava per rompere gli indugi ed entrare in guerra al fianco della Germania nazista. Un mese tragico, che avrebbe cambiato per sempre le sorti degli italiani.
Ma per Werther quel mese era iniziato con la più bella delle gioie. Il 2 giugno il Molinella ospitava la blasonata Pro Vercelli. L’allenatore Pietro Genovesi vedeva in lui grandi doti, anche se era poco più che un bambino. Gaiani sapeva dare del tu al pallone e non aveva paura di nulla. Era minuto, ma dotato di grande rapidità e intelligenza. Il tecnico del Molinella decise di farlo esordire. Al limite, sarebbe rimasta una bella storia da raccontare. Ma Gaiani stupì anche chi credeva fortemente in lui. All’87’, con il risultato sul 5-1 in favore del Molinella, il giovane Werther segnò il sesto gol per la sua squadra, entrando di diritto nel libro dei record.
La carriera di Gaiani sembrava che potesse decollare fin da subito, visto il biglietto da visita con cui si era presentato al mondo del calcio. Magari con l’ingaggio da parte di una formazione di categoria superiore. Ma, nonostante la retrocessione in Serie C, Werther rimase al Molinella anche le due stagioni successive. Nella sua prima stagione da titolare, a soli quindici anni, fu capace di realizzare 15 reti. Non era stato facile, perché ormai la guerra era diventata una triste realtà con cui dover convivere. Ma Gaiani, come molti altri suoi colleghi, aveva trovato nel calcio il modo per fuggire, seppur per poco, all’atroce quotidianità.
Nel 1943/44 Gaiani passò al Forlì, che militava in Serie C. Fu un campionato particolare, reso anomalo dal contesto in cui veniva giocato. L’Italia era vittima di continui bombardamenti e non era più possibile organizzare un torneo “unitario”. In Serie C, ad esempio, erano previsti dodici gironi da dodici squadre, le migliori si sarebbero sfidate in un raggruppamento unico. Il Forlì non ebbe problemi a vincere il suo girone, anche grazie alla puntualità sotto porta di Gaiani. Ma nel girone finale arrivò ultimo racimolando solo due punti.
Nel 1944, nel periodo più tremendo, l’asso uruguaiano del Bologna Ettore Puricelli si trasferì a Molinella da parenti della moglie. Il campionato era stato interrotto e Puricelli vestì la casacca della squadra locale per alcune amichevoli. La sua spalla in attacco era proprio Gaiani. Il giocatore sudamericano si accorse subito delle qualità del suo collega, tant’è che lo segnalò ai dirigenti del Bologna. Era finalmente arrivato il momento che tanto desiderava. Werther era pronto, si sentiva forte come non mai, e la nuova avventura in Serie A non lo spaventava.
Ma c’era la guerra. La maledettissima guerra. Il campionato 1944/45 non fu mai giocato e Gaiani dovette rimandare i suoi sogni di gloria. Almeno così pensava. Il 1 settembre 1944 Bologna fu colpita da un tremendo bombardamento, che uccise un centinaio di persone. Tra queste vi era anche Werther Gaiani, il calciatore che il mondo non ha mai scoperto. Chissà quanti gol avrebbe potuto fare quell’attaccante dal fisico minuto ma tremendamente agile e scaltro. Non avremo mai una risposta.