Da poche ore la Nazionale Femminile, guidata dal CT Milena Bertolini, ha detto addio ai Mondiali, che si stanno disputando in questi giorni in Australia e Nuova Zelanda, dopo la sconfitta contro il Sudafrica che ha significato il terzo posto nel Gruppo G per le Azzurre e la relativa eliminazione dalla competizione. Ora bisogna guardare avanti e capire come proseguire il cammino della massima compagine femminile calcistica nazionale, vista la fine del ciclo di Milena Bertolini.
Un ciclo che era nato sotto ottimi auspici, con tanto entusiasmo e con un altro Mondiale, quello del 2019 in Francia, che ci aveva visto arrenderci nei quarti di finale solo all’Olanda che sarebbe arrivata poi in finale. Un ciclo che era proseguito con la pandemia e con gli Europei Femminili che avevano mostrato i primi scricchioli, con l’eliminazione nella fase a gironi in cui abbiamo chiudo addirittura all’ultimo posto nel Gruppo D dietro Francia, Belgio e Islanda, uscendo ai gironi come nei Campionati Europei precedenti.
La chiusura del ciclo è questione attuale, con la lista delle convocazioni e le polemiche per l’esclusione di Sara Gama (ma anche di giocatrici come Piemonte e Galli), un ritiro lunghissimo pre-Mondiali, la partenza per l’Australia, la prima gara con l’Argentina vinta di misura grazie alla sempiterna Girelli – a mezzo servizio ma ancora fondamentale – la sconfitta umiliante contro la Svezia con quattro gol fotocopia subiti in dieci minuti tutti da calcio d’angolo e poi l’ultimo atto contro il Sudafrica, dove la doppietta di Caruso non è bastata e dove il gol nel recupero di Kgatlana ci ha costretti a fare anticipatamente le valigie.
Da cronisti e osservatori del calcio femminile, siamo convinti che sia successo qualcosa in questi ultimi due anni (dentro alla Federazione o nella testa della CT) che ha minato sia le certezze del gruppo che le poche sicurezze che avevamo a livello di calciatrici: confrontando le rose, oltre all’avvicendamento tra Giuliani e Durante in porta e quello tra Gama e Orsi al centro della difesa, è cambiato tanto il centrocampo non solo a livello di nomi ma anche a livello di qualità. Le belle prestazioni fornite dalle stesse giocatrici, a distanza di quattro anni, sono un lontano ricordo, e tutta la squadra ha giocato al di sotto dei propri livelli, mostrando una incredibile paura nel gestire la palla e le situazioni di gioco ma soprattutto mostrando di non sapere cosa fare con il pallone tra i piedi, rifugiandosi spesso all’indietro e rinunciando a giocare sulle fasce, se è vero che Bonansea ha giocato solo quattro palloni (e sottolineo quattro) nella ripresa contro il Sudafrica. Un calo che può essere spiegato solo con la paura e con l’ansia di una squadra che non sembrava più sotto il totale controllo della sua allenatrice.
E ora? Ora sta impazzando il toto-nomi per la successione sulla panchina della Nazionale Femminile, tra chi vorrebbe una soluzione interna alla Federazione (Nicolato, Panico, Leandri) e chi vorrebbe una soluzione esterna ma di qualità (Cincotta, Piovani). Noi, da umili osservatori, ci permettiamo di suggerire che al di là del nome, viste anche le nuove regole del professionismo nel calcio femminile italiano, sia arrivato il momento di scegliere un tecnico di qualità che conosca bene il calcio femminile e che sappia le differenze sostanziali tra “il giocare a pallone dei maschi e quello delle femmine“, perchè è arrivata l’ora di dire basta a candidature catapultate dal maschile senza nessuna conoscenza di uno sport che nei fondamentali e nelle letture tecniche è completamente diverso dal calcio maschile. È una decisione coraggiosa ma necessaria perchè il movimento deve crescere e non può il suo sviluppo arenarsi proprio ora per alcune scelte aziendalistiche. Lo meritano le squadre, lo meritano le calciatrici, lo meritano i tifosi. FIGC, la palla passa a te.