Silvio Berlusconi, un visionario di successo
In questa sede, parleremo di Silvio Berlusconi uomo di sport: il politico, infatti, non ci riguarda, anche se le figure, ovviamente, a un certo punto si sono confuse. L’imprenditore lombardo, ormai passato dalle costruzioni alla televisione, ebbe infatti, a un certo punto, l’idea di sostituirsi all’emittente di Stato rispetto alla trasmissione in televisione dello sport in generale ma, soprattutto, del calcio. In quegli anni, nacque il soprannome che lo accompagnò per il resto della vita: Sua emittenza.
Oggi è anche difficile immaginare un’Italia dove i primi riflessi filmati degli incontri di Serie A (tutti rigorosamente in contemporanea) andavano in onda dopo le 18, o le partite internazionali venivano trasmesse con l’esclusione della zona dove si trovava lo stadio teatro della sfida. Si cercavano modi per portare la gente allo stadio da province lontane (memorabile un accordo tra il Milan e una nota casa produttrice di automezzi per fornire, a prezzo di favore, i bus necessari al trasporto dei tifosi iscritti ai club a San Siro): ma far vedere le partite di campionato in diretta televisiva, era utopia.
Berlusconi capì che l’idea avrebbe potuto regalare grandi profitti: ma c’era da sconfiggere una mentalità radicata, in un sistema chiuso e tradizionalista. L’uomo d’affari milanese iniziò con l’organizzare tornei estivi a inviti (il Mundialito club), con la partecipazione di Inter, Milan e grandi squadre estere, trasmesso da Canale 5. Ebbero un discreto successo, e da lì arrivò l’intuizione, vale a dire quella di entrare a fare parte del sistema: dopo aver sfiorato il Milan ai tempi dell’acquisto di Retequattro (che, in precedenza, aveva stretto un contratto di sponsorizzazione con i rossoneri, poi rescisso), l’imprenditore lombardo, viste le difficoltà finanziare della squadra milanese la quale, sotto la guida di Giussy Farina, rischiava il fallimento, decise di rilevare lo storico club sito (ai tempi) in via Turati 3.
Era il 1986, per la precisione il 10 febbraio. L’anno successivo, iniziò a vedersi la mano della nuova proprietà: arrivarono, tra gli altri, Roberto Donadoni, Giovanni Galli, Stefano Borgonovo, Daniele Massaro, mentre fu confermata la guida tecnica di Nils Liedholm. I rossoneri, tuttavia, ebbero un rendimento altalenante, garantendosi, dopo lo spareggio con la Sampdoria, a fine campionato, sotto la guida di Fabio Capello, subentrato al Barone svedese a stagione in corso, l’accesso alla Coppa UEFA.
Ma, in quella estate, le cose iniziarono a cambiare. In panchina fu il momento del quasi sconosciuto, nel grande calcio, Arrigo Sacchi, che aveva però battuto il Milan in Coppa Italia, con prestazioni di spessore. Arrivarono Marco Van Basten, Ruud Gullit, Carlo Ancelotti e tanti altri, che diventarono protagonisti di una stagione, e di un ciclo, tra i più importanti della storia del calcio. Ma diventerebbe troppo lungo e stucchevole fare l’elenco dei successi di Berlusconi presidente del Milan.
L’imprenditore lombardo fondò anche una polisportiva che prevedeva, con il marchio Milan, anche una squadra di hockey su ghiaccio, baseball, pallavolo e rugby, con l’obiettivo di farla arrivare a primeggiare in tutti gli sport, diretta da Fabio Capello, e sostenuta da grandi investimenti economici. Tuttavia, questa iniziativa finì, nel 1994, travolta dall’incapacità di rendere parte degli investimenti, dallo scarso coinvolgimento del pubblico per questi sport e dalle polemiche da parte delle altre società, strozzate dallo strapotere economico della Fininvest. Alla vigilia dell’impegno in politica, il Cavaliere decise così prudentemente di smantellare la struttura, che non avrebbe garantito consensi.
Ma il grande successo del Berlusconi imprenditore fu la nascita del sistema calcio odierno, dal punto di vista mediatico e non solo. La creazione dell’attuale format delle coppe europee fu anche frutto del suo contributo: non aveva senso investire molto denaro, con il rischio di giocare solo il primo turno di una competizione europea. Nacque così la Champions League con la fase a gironi, in grado di garantire almeno sei partite sicure alle partecipanti.
L’epoca berlusconiana nel calcio vide lo sdoganamento della partita di campionato in diretta tv, a pagamento: fu la nascita delle emissioni satellitari, la famosa Telepiù, col suo posticipo serale. Ma non solo: la Fininvest strappò alla RAI i diritti di una trasmissione storica come Novantesimo minuto e La Domenica sportiva, affidandosi a personaggi televisivi di spessore come Raimondo Vianello, il quale era anche un grande appassionato di calcio, ironico sì, ma molto competente. Il mix ebbe un grande successo, nonostante non ci fossero, allora, le immagini in diretta per tutte le partite.
Il resto della storia è cronaca praticamente dei giorni nostri. Si può avere, sul personaggio, ogni tipo di giudizio: ma è oggettivo che il suo impatto, sul mondo dello sport in generale e su quello del calcio in particolare, sia stato importantissimo. Se portassimo, per dire, un ragazzo della Generazione Z negli anni ’80, prima dell’avvento di Silvio Berlusconi alla presidenza del Milan, sarebbe spaesatissimo, dal punto di vista mediatico. E non solo per l’assenza degli smartphone.
Certo, molto ha fatto lo sviluppo tecnologico: ma il Cavaliere aveva, a suo tempo, già intuito dove potessero arrivare i progressi in questo senso, quali prospettive potevano aprirsi per il mondo mediatico e, di conseguenza, la pubblicità, vale a dire il settore che lo ha consacrato definitivamente come imprenditore. Noi, che abbiamo vissuto dal vivo tutta la sua epopea calcistica, al netto dei giudizi sull’uomo e sul politico, che non hanno cittadinanza in questo ambito, lo salutiamo come avrebbe voluto: buon viaggio, Presidente.