Se scorrete la classifica di tutti i tempi dei marcatori del Milan, appena fuori dalla Top Ten potrete trovare un attaccante belga capace di realizzare quasi cento gol con la maglia rossonera. Abilissimo nel dribbling e dotato di ottimo senso del gol, divenne un punto di riferimento per il Milan nonostante quella squadra non fosse particolarmente forte. Il suo nome era Louis Van Hege.
Nato a Uccle, un comune non lontano dalla capitale Bruxelles, l’8 maggio 1889, Louis van Hege cominciò la sua carriera calcistica nell’Union St. Gillois, con cui si distinse vincendo due campionati belgi tra il 1907 e il 1910. Era un attaccante scaltro, che faceva della rapidità e del dribbling le sue armi migliori. Non era ancora un cannoniere impareggiabile, ma con le sue giocate contribuì in maniera determinante alle fortune del suo club.
Durante una tournée in Italia venne notato dai dirigenti del Milan e, assieme ai compagni Piérard e Tobias, venne ingaggiato dal neo patron rossonero Piero Pirelli. Louis giocava a calcio ma lavorava anche nell’azienda di pneumatici del presidente. Non ci mise molto a farsi notare con la sua nuova maglia: all’esordio, contro il Genoa, realizzò una doppietta. I tifosi cominciarono ad apprezzarne le qualità e gli affibbiarono il soprannome di “Pallido saettante”, per la carnagione molto chiara e per le grande abilità nel dribblare gli avversari.
“Il viso del belga tradisce un po’ l’atleta. Non è uno di quei visi energici, rudi, di fiammingo o di vallone. E’ un volto pallido, gentile, su cui sembra diffusa un’ombra di tristezza vaga” scrisse il giornalista Emilio Colombo su Il Calcio Illustrato. “Eppure Van Hege è, atleticamente, un forte. Non molto alto, ma ben fatto, il belga è uno di quei giocatori sorprendenti che a prima vista vi lasciano intontiti, stupefatti. Van Hege ha un gioco tutt’affatto speciale, basato essenzialmente sulla velocità.
Il giuoco del belga è vario, brillante, ma pur sempre fulmineo. Attacca a passaggi brevi e larghi a seconda che il giuoco o i compagni lo richiedano. Marcato non s’ostina; fa lavorare i compagni, costringendo gli avversari a spostarsi per trovarsi poi in buona posizione e ricevere il passaggio. Van Hege è per noi l’uomo che ci ha sorpreso di più nel dribbling in corsa. Finissimo nell’arte di colpire in qualunque posizione il pallone, Van Hege, che non difetta di muscoli, è potente nel tiro in goal.
Saetta da fermo e in corsa. Non disdegna il tiro da lontano, di sorpresa. La velocità che gli è naturale gli serve a imprimere al pallone una velocità sorprendente, sicché ogni suo tiro riesce insidiosissimo. Pur giocando esclusivamente sulla palla è coraggioso e deciso contro l’uomo. A tutti i calciatori può insegnare la cavalleria, la lealtà, la correttezza sportiva. Nel pieno della sua forma Louis Van Hege rappresenta un valore anche in campo internazionale”
La Prima Guerra Mondiale tarpò le ali di Louis. Nel suo periodo migliore al Milan Van Hege fu costretto a far ritorno in Belgio per il richiamo alle armi. E così il bottino di reti in maglia rossonera si fermò a 98, a un passo dalla gloria che avrebbe meritato. Finita la guerra continuò a giocare a calcio per qualche anno nella squadra che l’aveva visto esordire, l’Union St. Gillois, tornando a essere il cannoniere devastante che era stato in Italia. E nel 1920 si tolse la soddisfazione di vincere la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Anversa con la maglia della Nazionale belga.
Terminata la carriera calcistica si dedicò al bob. Partecipò come riserva alle Olimpiadi invernali del ’28 a Saint-Moritz e divenne titolare quattro anni più tardi, a Lake Placid. In coppia con il pilota Max Houben si piazzò al nono posto, ben lontano dal team americano che vinse la gara. Contestualmente Van Hege mantenne il suo profondo legame con Piero Pirelli, continuando a lavorare per l’azienda del suo ex presidente al Milan. Curò il mercato belga e lussemburghese e assunse la carica di vice-presidente dal 1952 al 1963.