Cinque fratelli con un’ossessione in testa: giocare a pallone.
Soprannominato “Cevenna” o “Vecio”, Aldo cominciò a giocare a calcio fin da bambino tra le fila dell’AC Libertas. Poi, nel 1909, passò al Milan dove divenne una delle colonne portanti dell’attacco in coppia col belga Van Hege. Il quotidiano “La domenica sportiva” lo dipinse così: “Fu un grande centro forward, uno dei pochi che possa vantare la storia del calcio italiano. Il suo gioco era di un’efficacia superba, com’era superbo trascinatore dei suoi compagni di linea. Passaggi abilissimi, gioco leggero ed elegante, concezione fulminea, dribbling sconcertante. La sua miglior bravura era quella di segnare il punto da pochi metri dopo aver giocato l’estrema difesa avversaria”.
Nel 1912 passò ai cugini dell’Inter e continuò a segnare caterve di gol. La sua promettente carriera si inceppò a causa dello scoppio della Prima Guerra Mondiale. Dal 1919 tornò a vestire la maglia dei nerazzurri (e quella della Novese, vincendo uno scudetto) ma i tempi migliori erano ormai andati, almeno dal punto di vista realizzativo. Aldo ebbe grandi soddisfazioni in Nazionale. Fu uno degli undici scesi in campo nella prima storica partita dell’Italia contro la Francia, il 15 maggio 1910. In totale collezionò undici presenze e quattro gol. Terminata la carriera di calciatore si dedicò a quella di allenatore, guidando Atalanta e Pavia.
Come il fratello maggiore i suoi inizi furono all’AC Libertas. Lo differenziava il ruolo, visto che Mario era un difensore. Nel 1914 vestì la maglia del Brescia, poi passò all’Inter. Durante il periodo bellico, invece, divenne un giocatore del Milan e svolse con i rossoneri cinque gare in tornei bellici. La sua carriera proseguì alla Novese, dove si ricongiunse al fratello Aldo e vinse lo storico scudetto nel 1921-22. Chiuse la carriera al Crema. Appesi gli scarpini al chiodo rimase comunque nell’ambito calcistico diventando arbitro. Nel 1930, attirato da un’offerta irrinunciabile, si trasferì a Buenos Aires dove ricoprì il ruolo di dirigente Pirelli.
Luigi era forse il più dotato dei fratelli Cevenini. Fu quello che ebbe una carriera migliore in Nazionale: ventinove partite, undici gol realizzati. Dopo aver cominciato nelle fila del Milan, Luigi ripercorse le orme dei fratelli più grandi passando prima all’Inter e poi tornando nuovamente in rossonero nel periodo bellico. Anche lui fece parte della rosa della Novese scudettata. Ma la sua carriera durò notevolmente di più. Vestì ancora sette maglie (Juventus, Messina, Peloro, Novara, Comense, Varese e infine Arezzo). La sua ultima apparizione da calciatore fu proprio con la maglia dell’Arezzo a quarantaquattro anni suonati.
Luigi era un tipo imprevedibile e irriverente. Venne soprannominato “Zizì”, come il fastidio di una zanzara, per la sua lingua biforcuta. Ai milanisti che gli dicevano “guarda che noi abbiamo il figlio di Dio”, riferito al difensore Renzo De Vecchi, lui rispose “Lo so, io sono suo padre”. Una volta, alla vigilia di un derby, sparì di colpo. I più pessimisti pensavano a un sequestro di persona, ma in realtà Luigi aveva preso un treno per Londra perché voleva sostenere dei provini con alcuni club inglesi. Molti lo avrebbero tesserato, ma Luigi se ne tornò in Italia appena si rese conto che laggiù pioveva sempre e che non poteva fumare.
Sembrava un difensore molto promettente, ma la sua carriera venne frenata dallo scoppio della Grande Guerra. Appena diciottenne venne reclutato d’urgenza, appena dopo la disfatta di Caporetto. Tornò a casa vivo, ma con i piedi congelati. Questa esperienza lo segnò nel profondo. Nel 1919 riprese a giocare a pallone, nell’Inter come i fratelli. Ma la sua carriera, dopo lo scudetto vinto nel ’23, ebbe un netto calo. Militò nel Monza, nell’Odero-Terni e nel Levanto, ma avrebbe potuto fare sicuramente di più considerando le doti innate. Morì nel 1996, novantasettenne, ultimo della sua dinastia.
Il suo ruolo era quello di ala o di attaccante. Il più giovane dei fratelli Cevenini ebbe un inizio di carriera molto simile agli altri. E come loro vinse il titolo nel 1921-22 con la maglia della Novese. Nel 1923 venne ingaggiato dal Milan, con cui si rese protagonista di ottimi campionati. Poi nel 1927 il passaggio alla Lazio, con cui rimase un quinquennio. L’ultima tappa fu il Pisa nella stagione 1932-33. Una volta terminata la carriera agonistica, Cevenini V divenne allenatore della Squadra Italia di Tunisi dal 1935 al 1937 e allenò diverse squadre dilettantistiche romane.