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I Pionieri del Calcio – Leigh Roose, il portiere dallo stile unico e inimitabile

Leigh Richmond Roose scoprì di avere un certo talento dopo il diploma. Iscrittosi alla facoltà di medicina della University of Wales, entrò a far parte della squadra universitaria e si fece notare dai dirigenti dell’Aberystwyth Town, squadra che militava nella North Wales Combination League. Debuttò nel 1895 contro lo Shropshire senza subire reti. In quell’epoca il ruolo del portiere era regolamentato: “il portiere può, all’interno della propria metà campo di gioco, usare le mani ma non deve portare palla”. Roose aveva sviluppato l’abitudine di far rimbalzare il pallone fino alla linea di metà campo per poi fare un lancio lungo in avanti, alla ricerca del centravanti.

Questo modo di intendere il ruolo del portiere era una novità. Nessuno si prendeva il rischio di lasciare incustodita la propria porta. Era troppo il timore di venire beffato dagli attaccanti avversari. Per Roose divenne invece una sorta di marchio di fabbrica. Le buone prestazioni con il club gli valsero la prima convocazione in Nazionale, il 24 febbraio 1900 contro l’Irlanda. Oltre che un paio di buoni interventi che salvarono il risultato, Roose si rese protagonista di un’uscita a valanga sull’attaccante irlandese O’Reilly, il quale perse addirittura i sensi a causa del rude intervento dell’estremo difensore gallese. Secondo le regole del tempo quel tipo di “contrasto” non era sanzionato con un calcio di punizione.

Nello stesso anno partecipò alla Coppa del Galles con la maglia dell’Aberystwyth Town, ma poi preferì accettare il lavoro come medico praticante presso il Kings College Hospital di Holborn, un quartiere di Londra. Sembrava la fine della sua promettente carriera di calciatore. Ma quando lo Stoke City si presentò alla sua porta per convincerlo a tornare sui suoi passi, Roose cambiò idea. Dato che lavorava come medico, firmò come dilettante. Non percepiva uno stipendio ma aveva diritto a un conto spese illimitato che comprendeva viaggi in treno in prima classe, hotel di lusso, abiti e scarpe nuove. Era molto popolare anche tra le donne. Era considerato uno “scapolo d’oro” e in quegli anni ebbe una relazione con la cantante Marie Lloyd. Cosa che fece scalpore perché Marie era sposata con il collega Alec Hurley.

Per spiegare il suo stile di gioco Roose si affrettava a dire che “un portiere dovrebbe prendere subito la posizione degli attaccanti (avversari) e, se lo ritiene necessario, uscire immediatamente dalla sua porta. Noncurante delle conseguenze personali, come quella di perdere il pallone o subire calci dagli avversari”. Cominciò a incuriosire opinione pubblica e giornali. Il Bristol Times lo dipinse come un calciatore intelligente, sempre attento e acuto anche quando il gioco si stava sviluppando lontano dalla sua porta. Roose si divertiva nell’interpretare il ruolo del portiere. Soprattutto a escogitare nuovi metodi per ottenere un vantaggio psicologico sugli avversari. Ad esempio in una partita contro il Manchester City finse di innervosirsi, facendo oscillare ginocchia in modo maniacale, mentre un calciatore stava per battere un calcio di rigore. Finì per neutralizzare il penalty.

Dopo 81 partite con lo Stoke City Roose cedette alle lusinghe dell’Everton. Divenne subito un idolo dei tifosi, grazie alla sua bravura tra i pali e alla sua impertinenza. Ma l’anno successivo tornò allo Stoke, che lo pagò profumatamente. Qui si rese protagonista di un gesto inconsulto: tirò un cazzotto a un tifoso che aveva fischiato lui e la squadra dopo una sconfitta. La Federazione lo squalificò per quattordici giorni. Ma la stella di Roose non si offuscò. Continuò a giocare per il club e per la Nazionale gallese, diventandone anche il capitano nel 1906. Tra le squadre in cui giocò vi furono anche Sunderland, Celtic, Port Vale, Huddersfield Town, Aston Villa e Woolrich Arsenal.

Appesi gli scarpini al chiodo, allo scoppio della Prima Guerra Mondiale decise di arruolarsi, seppur in contrasto col padre che era pacifista. Lavorò in un ospedale di Rouen, in Francia, dove aveva il compito di assistere i soldati feriti sul fronte occidentale prima di organizzare il loro trasporto in Gran Bretagna. Nel 1916, dopo un periodo in cui era stato anche a Gallipoli, venne mandato sul fronte occidentale e fece la sua prima esperienza di guerra di trincea. Purtroppo di lì a pochi mesi trovò la morte durante un attacco alle trincee tedesche di Gueudecourt. Qualcuno lo vide correre verso il nemico a tutta velocità, impavido, prima di cadere a causa di una bomba. Morì così, emulando quelle uscite che amava tanto e che lo avevano reso celebre in tutta la Gran Bretagna.