Mentre gli occhi del mondo e dei media si concentrano sulle drammatiche vicende della guerra in Ucraina, a non molti chilometri di distanza dalle zone del conflitto continua a consumarsi la durissima repressione del governo di Lukashenko in Bielorussia contro tutti coloro che vengono ritenuti come presunti “pericolosi estremisti” per il regime. Un sistema autoritario attraverso cui il leader bielorusso sta provando a silenziare da tempo tutte le voci di dissenso, emerse in maniera ancora più vistosa a partire dalle manifestazioni dell’estate 2020, immediatamente successive alla contestata ri-elezione di Lukashenko come presidente del Paese. E questa censura riguarda tanto i cittadini comuni, quanto personaggi in vista a livello nazionale, anche nel mondo degli sportivi.
L’ultima vittima del sistema repressivo del governo bielorusso è Vasil Khamutowski, ex portiere della Nazionale (conta 26 presenze in prima squadra) e con numerose esperienze a livello di club in giro per l’Europa, tra Germania, Romania, Ucraina, Russia e Bielorussia, prima come calciatore e poi come assistente e allenatore dei portieri: un ruolo, quest’ultimo, che Khamutowski stava ricoprendo a livello giovanile alla Steaua Bucarest, in Romania, dallo scorso primo aprile.
Sin dalle elezioni del 2020, l’ex atleta aveva condannato le violenze esercitate contro i manifestanti e aveva firmato la petizione, assieme ad altri personaggi di spicco bielorussi, che chiedeva nuove e libere elezioni, salvo vedersi costretto a lasciare subito il Paese. Lo scorso 30 settembre, però, Khamutowski, rientrato in Bielorussia dall’estero, è stato arrestato una prima volta, venendo condannato a un fermo amministrativo di 13 giorni per aver “diffuso materiale da un canale Telegram riconosciuto come estremista in Bielorussia”; poi, è arrivato un nuovo arresto ed è stato imputato in un procedimento penale.
Secondo quanto riportato dall’ong Viasna, oggi, 28 dicembre, sarebbe iniziato al tribunale del distretto di Leninsky di Minsk il processo contro l’ex giocatore, accusato di “partecipazione attiva ad azioni di gruppo che violano gravemente l’ordine pubblico” ai sensi della parte 1 dell’articolo 342 del Codice Penale. Norma che il regime sta utilizzando da anni per limitare la libertà di associazione e parola e per cui sono stati condannati in questi giorni anche altre 17 persone, diventati così ufficialmente prigionieri politici. Una vicenda dal fine imprevedibile, visti i numerosi arresti di civili a cui si è assistito in questi anni, con gravi denunce di violenze e torture all’interno delle carceri bielorusse. E che testimonia, una volta di più, il volto feroce del regime autoritario di Lukashenko verso tutti coloro che chiedono maggiori libertà civili e un ricambio politico negato, anche con la violenza e la censura, ormai da anni.