Patrick Tambay, pilota della Ferrari nella prima metà degli anni 80, è mancato ieri, dopo una lunga malattia. Il suo nome dirà poco a chi è nato negli anni 2000, e che oggi leggerà questo ricordo, assieme ai tanti fioriti sulla rete in queste ultime ore. Ma, come senz’altro saprete, vale davvero la pena ricordarlo e raccontare, a grandi linee, il suo periodo in Formula 1, e in Ferrari in particolare.
Il pilota francese, infatti, non ha i numeri di tanti che lo seguirono o precedettero, e neppure ha creato un mito dietro di sé senza vincere, come accaduto ad altri. Tuttavia, il suo nome resta legato a quella stagione, il 1982, che non potrà mai essere dimenticata da chi c’era. E a quella vittoria a Imola, nel 1983, che resta nel cuore di tanti appassionati con i capelli grigi che, quel giorno, esultarono davanti ai teleschermi o, come chi vi sta scrivendo, direttamente in autodromo.
Tambay era arrivato in Ferrari proveniente dalle gare della CanAm, dove aveva iniziato a correre e dov’era tornato dopo un periodo non fortunato in Formula 1, per sostituire Gilles Villeneuve, morto poco tempo prima nel tragico incidente di Zolder. Francese come Pironi, e legato allo sponsor Philip Morris, era la seconda guida ideale che avrebbe dovuto scortare Didier al titolo, con quella Ferrari 126 C2 che rimase, dal punto di vista delle prestazioni, una delle creature meglio riuscite dell’epoca.
Talmente veloce, però, da uccidere Gilles e ferire gravemente proprio Pironi, durante le prove del Gran Premio di Germania. Il francese si salvò grazie alle migliorie del telaio che la scuderia di Maranello apportò dopo la tragedia di Zolder. Tuttavia, le gravi ferite alle gambe riportate gli impedirono per sempre di tornare alle corse, perlomeno in Formula 1. Il pilota transalpino, ma italiano d’origine, continuò infatti a gareggiare nella motonautica, e trovò la morte in una gara, nell’isola di Wight, il 23 agosto del 1987.
Tambay, invece, riuscì a domare la monoposto “maledetta” (la leggenda racconta che il Drake, a fine stagione, le fece demolire tutte, per non aver mai più a che fare con macchine che avevano provocato lutti così gravi), vincendo proprio il Gran Premio di Germania, sua prima affermazione nella massima formula. Ma, essendo arrivato tardi, non riuscì a lottare per il titolo.
Le sue buone prestazioni, tuttavia, convinsero la Scuderia a confermarlo anche nella stagione successiva, affiancato a René Arnoux, anch’egli grande amico di Gilles Villeneuve. Il 1983 fu l’anno del mitico Gran Premio di San Marino vinto da Tambay, gara che merita una citazione a parte.
L’anno prima, a Imola, Villeneuve aveva corso in Romagna il suo ultimo Gran Premio. Nei nostri ricordi c’è la bandiera canadese dipinta sulla terza posizione dello schieramento di partenza, da dove aveva preso il via Gilles, dodici mesi prima, e dove andò a piazzarsi Tambay, giunto proprio terzo nelle qualifiche. Il francese andò in testa ma, nel corso della gara, la sua Ferrari accuso dei problemi, e venne superata dalla Brabham di Riccardo Patrese.
L’italiano, che sembrava avviato a vittoria certa, perse però il controllo della monoposto alla curva delle Acque minerali, a causa di una chiazza d’olio persa in precedenza dalla Mc Laren di Niki Lauda, tra il giubilo dei tifosi, cosa che offese tantissimo lo sfortunato pilota padovano. Nulla si frappose così al trionfo della Ferrari numero 27 (lo stesso numero di quella di Gilles), con la macchina che, ironia della sorte, si fermò per mancanza di benzina, nel giro d’onore dopo aver tagliato il traguardo, proprio nel punto dove Patrese era uscito di pista.
I successivi risultati lanciarono il pilota della Rossa nella lotta per il titolo. Tuttavia, alcune incomprensioni con la dirigenza (famosa la lite con Piccinini per aver voluto vedere in televisione la partita dell’amico Yannick Noah agli Open di Francia, al posto di partecipare a una riunione) e, soprattutto, la bocciatura definitiva del Drake (che del francese diceva che aveva il complesso del semaforo, viste le false partenze), oltre alle prestazioni non eccelse della 126 C3 (penalizzata, però, soprattutto dai pneumatici statunitensi, dalle prestazioni inferiori a quelli francesi utilizzati dalle scuderie avversarie) logorarono il rapporto tra il pilota e il team di Maranello. Inevitabile il divorzio a fine stagione, e il passaggio di Tambay alla Renault.
Il transalpino rimase così in Formula 1 fino al 1986, senza però mai più riuscire a vincere una gara. In seguito, lo ricordiamo come partecipante alla Parigi-Dakar e, soprattutto, come guida spirituale del figlio di Gilles, Jaques, che divenne poi, come sappiamo, campione del mondo nel 1997, riuscendo nell’impresa sfuggita al padre, morto prematuramente. Non era un mistero che Patrick e Gilles fossero infatti molto amici, al di là del legame simbolico tra i due, corroborato dalle vicende che vi abbiamo raccontato sopra.
Da diverso tempo, l’ex pilota della Ferrari, consumato dal morbo di Parkinson, era scomparso dai radar del Circus. A noi, che lo abbiamo visto in pista dal vivo, piace però ricordarcelo a Imola, quel giorno di primavera del 1983, per l’emozione che ci regalò, in un pomeriggio di gioventù spensierata della quale, per forza di cose, non si può che avere una nostalgia infinita.