L’ultima, giovanissima vittima delle proteste che da settimane stanno infiammando le piazze in Iran si chiamava Parmis Hamnava: aveva solo 14 anni ed è stata uccisa brutalmente dalle forze di polizia a colpi di bastonate, dopo che gli agenti avevano perquisito dei libri scolastici, scoprendo che uno dei volumi della giovane aveva all’interno una figura strappata di Khomeini. Un simbolo della violenza cieca con cui il governo sta provando a reprimere le manifestazioni, massacrando quotidianamente i civili e riproducendo di fatto la ferocia con cui la polizia religiosa aveva ucciso Mahsa Amini: la ragazza arrestata, torturata e ammazzata per aver indossato l’hijab in maniera non ritenuta adeguata secondo i rigidi dettami della legge islamica iraniana, facendo così scattare la miccia che ha dato vita alle numerose manifestazioni di questi giorni.
Il mondo dello sport non è rimasto a guardare e sono ormai numerosi gli sportivi che stanno solidarizzando con i manifestanti, pur consapevoli dei rischi di questa scelta (tra questi, c’era anche il calciatore Mahini, di cui vi avevamo parlato qui). E il calcio, lo sport più popolare in Iran, sta provando in tutti i modi a far sentire il proprio dissenso verso la cruda e dura risposta del governo. Un esempio significativo è arrivato dalla sfida giocata in queste ore nella Supercoppa iraniana, tra l’Esteghlal e il Nassaji: spalti vuoti, silenzio totale e festeggiamenti molto contenuti. Insomma, se lo Stato centrale sperava di poter utilizzare il calcio come strumento per “distrarre” la popolazione e fornire un’immagine luminosa e solida della propria situazione interna, l’obiettivo è stato completamente mancato, subendo anzi un notevole danno a livello internazionale.
Al momento del gol che ha deciso la partita, l’attaccante dell’Esteghlal Amir Arsalan Motahari non solo non ha festeggiato, ma è anche scoppiato a piangere, circondato dai compagni rimasti silenziosi: un’immagine molto potente, che fa comprendere pienamente il senso di dolore con cui gli stessi sportivi stanno vivendo queste giornate di massacri. La tv di Stato iraniana ha subito provato a tagliare, staccando le immagini dal campo, ma era troppo tardi per non rendere evidenti a tutti le lacrime del calciatore. Ma anche al momento della cerimonia di premiazione, l’Esteghlal ha mantenuto la più totale sobrietà: il capitano Hosseini ha alzato la coppa lentamente, con i compagni che restano fermi, senza festeggiare in alcun modo. Anche questa volta, la tv di Stato si trova costretta a tornare velocemente con le immagini in studio, nella speranza di censurare quel momento di solidarietà del mondo del calcio.
“Non festeggeremo, perché non siamo felici”, ha dichiarato Ali Fathollahzadeh. Gli fa seguito Aref Gholami: “Esprimiamo solidarietà a tutte le famiglie in lutto in Iran, specialmente quella di Milad Zareh”. Quest’ultimo è una delle tante, giovani vittime delle violenze commesse dalla polizia del regime: circa un mese fa, il ragazzo di appena 25 anni è stato ucciso davanti alla stazione di polizia di Babol con un colpo di pistola che lo ha colpito alla testa, facendolo morire istantaneamente.