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C’è un’Italia che il mondiale di calcio lo giocherà

Quando Paul Iyobo ha scaraventato in porta il pallone dell’1-0 contro la Polonia, i tanti azzurri che tifavano sugli spalti del Delfino Pescara Training Center hanno buttato fuori tutta la tensione che tenevano dentro. Era stata una serata silenziosa, quella precedente: in pochi nella hall a chiedere un drink, calciatori in stanza presto, staff in giardino a godersi un po’ di fresco per recuperare le energie. L’Italia di Blind Football (calcio non vedenti) il giorno dopo avrebbe giocato per qualificarsi ai mondiali di Birmingham del 2023; per riuscirci, avrebbe dovuto imporsi nel mini-girone composto dalle squadre escluse dalle semifinali dell’Europeo (organizzato da IBSA e FISPIC) che, per la cronaca, è stato vinto dalla Francia, ai rigori, in finale contro una monumentale Turchia.

L’Europeo degli azzurri era iniziato così così: sconfitta all’esordio con la Francia (poi campione), pareggio con la Grecia alla seconda, successo contro una Repubblica Ceca che di strada deve ancora farne tanta (una valanga di gol subiti, uno solo segnato) e sconfitta con la Turchia nell’ultima partita della fase a gironi. Semifinali addio (fuori portata, per ora) e testa al vero obiettivo: andare a Birmingham. Per farlo bisognava classificarsi quinti e ottenere la wild card, ovvero il posto in più lasciato dall’Inghilterra, semifinalista (quindi qualificata) ma paese ospitante, e perciò di diritto ammessa.

Che poi, se lavori duro, la vita ti viene incontro.

Prima di Italia-Polonia (gara decisiva), scendono in campo le altre due ammesse nel gironcino di qualificazione ai mondiali, Grecia e Romania. Per uno strano mix di calcoli e destino, il 2-2 finale è uno di quei regali serviti su piatto di platino: all’Italia servirà così solo pareggiare, però segnando. Con uno 0-0, spareggio shoot-out con la Grecia il giorno successivo. Con l’1-1, per differenza reti, azzurri ai mondiali. Con una sconfitta, a Birmingham ci andrebbe la Polonia.

Devastante, Paul Iyobo. Mister Pugliese gli dà una pacca sulla spalla all’ingresso in campo che sicuramente neanche ricorderà: sono cose automatiche, di quelle che fai perché l’istinto te lo dice. Una pacca sulla spalla di Iyobo che su, dalla postazione commento, si nota eccome. Preghiera e raccomandazione, era un messaggio da trasmettere. Era quel “pensaci tu” che a voce non si riesce a dire, ma il linguaggio del calcio il più delle volte non è fatto di parole.

Paul fa tre gol a modo suo. Possesso, corsa, fisico, e sinistro a incrociare. Finisce 3-1, l’Italia è ai mondiali.

Bella storia, vero? Ma qualcuno di voi l’ha sentita, o letta, in giro? C’è veramente poca attenzione a ciò che succede fuori dalla bolla della normalità. Ho avuto la fortuna di vivere due settimane a contatto con una realtà di cui sapevo poco o nulla. Ho provato inizialmente a passare inosservato, per quella paura di rompere qualche sacro equilibrio, o semplicemente perché, a contatto con qualcosa di totalmente nuovo, spesso non so come comportarmi. 18 giorni dopo, ad avventura finita, il magone è grande così.

Il calcio che fa girare milioni rimane bellissimo e intoccabile: sono il primo che ne è innamorato, e che adora raccontarlo. C’è un’altra realtà, però, che ha pari dignità e non va considerata inferiore. Il Blind Football è un tipo di calcio in cui le abilità son diverse, ma lo scopo è sempre lo stesso: fare gol. Ci sono differenze logistiche, qualche dettaglio in più o in meno nel regolamento, ma vi assicuro che, soprattutto dal vivo, è trascinante. Mettetevi una benda sugli occhi: sapreste avanzare palla al piede, giocare di sponda, passare la palla a un compagno in maniera estremamente precisa, tirare in porta e fare gol a un portiere che, specifichiamolo, ci vede benissimo? Già: i portieri ci vedono. Sono gli altri 4 di movimento che hanno una maschera che copre loro gli occhi, per livellare le disabilità visive e non creare vantaggi o svantaggi in campo. Ecco: Paul Iyobo, attaccante della nazionale, ha vinto la classifica marcatori del torneo perché ha sfondato la porta avversaria 11 volte. Il capitano dell’Italia, Sebastiano Gravina, è uno di quelli a cui la palla non gliela togli mai. Francesco Cavallotto, il numero 10, è l’esempio perfetto di box-to-box player. Bryan Ramirez, prova a superarlo in dribbling, che tu sia vedente o no: basta magari che, se lo affronti, segnali la tua presenza con la voce, lui ti viene dritto incontro e la palla non la vedi più.

Ne ho nominati pochi, ma sono da elogiare tutti: c’è un’Italia calcistica che, il prossimo anno, i mondiali li giocherà. Difendono l’azzurro anche loro, anzi: difenderanno l’azzurro soltanto loro, con la palla tra i piedi. Tiriamoli fuori dai trafiletti di fondo pagina, diamogli il risalto che meritano.