Pallone Noir – Jaime Hidalgo, un dispiacere troppo grande
All’interno di un immaginario librone del calcio, si possono trovare migliaia di storie. Tante passate sotto traccia, se non addirittura nel dimenticatoio. Questa è la vicenda del giocatore cileno Jaime Hernán Hidalgo González che, in seguito a delusioni sia private che sportive, decise di farla finita ad appena 22 anni.
Fine anni Sessanta. L’Audax Italiano si disimpegna nel massimo campionato cileno e lo fa in quel periodo con risultati alterni. Il sodalizio di Santiago ha vinto nella sua storia per quattro volte il titolo nazionale, l’ultima delle quali nel 1957. Quindi, la gloria manca da un bel po’ a quelle latitudini. Nell’edizione 1968 debutta il ventenne Jaime Hidalgo, elemento molto promettente, che segna una rete nelle due gare disputate. Ha umili origini, è senza famiglia se non per uno zio con cui vive. Il suo soprannome è Patapata.
Il ragazzo nell’annata successiva, quella del 1969, “timbra” 7 volte in 18 apparizioni: suo compagno di squadra un attaccante argentino transitato in Italia (Inter, Messina, Mantova), Marcelo Pagani, che di gol ne realizza 13 in 17 incontri. Per il nostro Jaime, la crescita sembra essere graduale e soddisfacente. Ma questa sensazione si scontra con il parere della dirigenza dell’Audax, che preferisce farne a meno seppur a titolo temporaneo.
E così, per la stagione 1970, Hidalgo viene inviato in prestito – con il compagno Julio Gallegos – al San Antonio Unido, in Seconda Divisione. Deve convincere l’Audax delle sue qualità. Ma Jaime non prende bene questa “retrocessione” e l’evento lo tormenta giorno dopo giorno. Nella nuova città viene coinvolto in fatti spiacevoli non provati, che abbinano il suo nome all’infamante accusa di aver abusato di un minore.
Si scatena una pesante campagna diffamatoria a livello mediatico contro Hidalgo. Un quadro di questo genere non aiuta sicuramente il suo quotidiano e contribuisce a opprimerlo sempre più. Nonostante tutto, il San Antonio Unido vince il campionato Apertura della serie cadetta, portandosi a casa la Copa Isidro Corbinos, tra l’altro l’unico trofeo nella storia della società. Arriviamo al 23 luglio 1970.
Il corpo senza vita di Jaime Hidalgo viene ritrovato nella sua abitazione, al numero 1035 di Calle Lira a Santiago del Cile. Il giovane calciatore si è impiccato e una grave forma depressiva, della cui origine abbiamo parlato in precedenza, viene considerata quale motivo scatenante. Aveva appena 22 anni e non era stato aiutato da nessuno, nemmeno dal presidente dell’Audax Italiano a cui si era rivolto disperatamente. Hidalgo lasciò una lettera alla fidanzata, una al giudice che aveva preso in carico il suo caso e un’altra destinata a un quotidiano. Si dichiarava innocente e sosteneva che tutto fosse stato montato ad arte per danneggiarne la carriera. Non aveva ricevuto altro che indifferenza dal mondo del calcio cileno, che gli aveva attaccato addosso un’etichetta scomoda e lo aveva isolato, negandogli qualsiasi aiuto o ascolto.
(Traccia sviluppata da: pagina Facebook El Museo Audino)