Le 7 Marce, GP Arabia Saudita – F1, quella coerenza a convenienza che stride
Gran Premio dell’Arabia Saudita, 2/a tappa del Mondiale di Formula 1 2022. Analizziamo quanto accaduto sul circuito di Jeddah con la nostra monoposto fornita di un cambio vintage ma potente a 7 marce.
Viaggia in 7/a marcia, la sicurezza – Una giravolta e due volte a muro, impatti avvenuti alla velocità di 225 km/h e con un’accelerazione di 33G. Se un incidente del genere fosse avvenuto solo una quindicina di anni fa, le conseguenze fisiche per Mick Schumacher sarebbero state molto diverse e quasi sicuramente più gravi. Invece, il figlio d’arte più famoso del Circus è uscito praticamente illeso dai resti della sua Haas e anzi avrebbe voluto correre la gara (saggiamente è stato tenuto fermo). Fondamentale anche il tanto criticato HALO, che ha impedito l’urto tra una gomma della vettura e il casco del pilota tedesco. Insomma, nuove vetture, nuova era ma sicurezza sempre al primo posto. Ed è giusto che sia così.
Viaggia in 6/a marcia, Max Verstappen – Quando becchi lo “0” alla prima gara e sei Campione del Mondo in carica, alla 2/a tappa sei “obbligato” alla risposta. E la risposta, da fuoriclasse, Max Verstappen l’ha data. Dopo una qualifica sotto le attese che lo ha fatto partire dalla quarta casella, l’olandese ha prima bruciato Sainz in partenza, con un colpo di fortuna ha passato Pérez ai box e nel finale si è aggiudicato il corpo a corpo con Leclerc. Sarà difficilissimo togliergli il numero 1 dal muso della sua Red Bull.
Viaggia in 5/a marcia, la Ferrari – “Il secondo album è sempre il più difficile nella carriera di un artista“, cantava Caparezza. Ecco perché servivano conferme dalla Ferrari a Jeddah dopo la sbornia derivante dalla doppietta in Bahrain. E la conferma è arrivata, eccome se è arrivata. Leclerc e Sainz si piazzano secondi e terzi, dovendosi arrendere solo a un gran Verstappen. Il monegasco, in particolare, si è dimostrato molto intelligente quando, consapevole di dover cedere all’olandese della Red Bull, ha pensato al campionato accontentandosi del secondo posto e centrando il giro veloce che gli ha regalato un punto aggiuntivo che, in un Mondiale equilibrato come questo, potrebbe risultare persino decisivo.
Viaggia in 4/a marcia, Sergio Pérez – Alla fine “Checo” si è dovuto arrendere alla maledizione di Maldonado. Il venezuelano, infatti, è stato l’ultimo pilota a vincere la gara dove ha ottenuto la prima pole position della carriera (GP Spagna 2012). Il messicano, dopo aver strappato al sabato una grandissima partenza al palo, era pure partito bene ma ha avuto la grandissima sfortuna di fermarsi per primo ai box e di subire tra capo e collo la mazzata della Safety Car al giro successivo causa incidente di Latifi. In questo modo, Verstappen e le due Ferrari hanno effettuato il loro pit stop risparmiando la metà del tempo e Pérez è stato costretto al quarto posto, dovendo restituire la posizione a Sainz per non avergli dato precedenza all’uscita dei box. Peccato, ma il messicano da questo fine settimana esce con la consapevolezza di poter dire la sua.
Viaggia in 3/a marcia, Nicolas Latifi – Nulla da fare, i circuiti in terra araba non fanno per lui. Dopo il botto di Abu Dhabi 2021 che, de facto, aprì la strada al mondiale di Verstappen, a Jeddah il pilota della Williams esagera andando a muro sia in qualifica che in gara. E ora, oltre a Hamilton, anche Pérez ha ora un conto aperto con lui.
Viaggia in 2/a marcia, Lewis Hamilton – Una buona notizia per lui, i circuiti situati nell’Asia arabica sono terminati. Dopo il Mondiale perso ad Abu Dhabi e il terzo posto in Bahrain, a Jeddah l’inglese si ritrova con una Mercedes (a detta sua) inguidabile e viene clamorosamente eliminato in Q1 con il sedicesimo tempo. In gara, grazie a una strategia conservativa dettata dalle gomme dure montate in partenza, conquista almeno un punticino con il decimo posto. Ma per uno come lui è una magrissima consolazione.
Viaggia in 1/a marcia, la Formula 1 come “politica” – Per la prima volta in 72 anni di Mondiale, i piloti hanno corso su un circuito collocato a distanza di 20 km da un bersaglio di un missile. Episodio che ha portato agli onori delle cronache la guerra civile dello Yemen che sta coinvolgendo anche l’Arabia Saudita e che ha visto piloti, organizzatori, Team Manager e FOM riunirsi fino alle 3 di notte per decidere sul da farsi. Non è un mistero che parecchi piloti avrebbero preferito fare le valigie e rinunciare alla gara, invece ha prevalso la logica dello “the show must go on“. Giustissimo? Allora perché annullare il GP di Russia a Sochi per la guerra con l’Ucraina? Come (giustamente) si è deciso in questo modo per la corsa in Russia, allo stesso modo a Jeddah non si sarebbe dovuti proprio andare. Altrimenti, si parla di “coerenza a convenienza”. E non va bene.