Apprezzato attaccante argentino rimasto legato all’Italia una volta diventato allenatore, Beniamino Santos trovò la morte appena quarantenne in un tragico e insolito incidente stradale al rientro dalle vacanze in Spagna.
Un bomber consumato, Benjamín César Santos. Con queste credenziali, nel 1949, lo scoprì l’Italia. E non una città qualsiasi: quella metà granata di Torino appena ferita brutalmente dalla tragedia di Superga, accaduta il 4 maggio. Una squadra da rifondare, che doveva provare a ricostruire tutto dal punto di vista sportivo e umano. In questo centravanti dalla figura filiforme ma non troppo, che ogni tanto si faceva crescere i baffi e aveva disseminato di reti il suo passaggio al Rosario Centrál, Ferruccio Novo sperava di trovare un uomo-gol affidabile.
Nato a Cafferata – nella provincia di Santa Fe – il 7 febbraio 1924, Santos aveva appena vinto il titolo di capocannoniere del campionato argentino 1948 con 21 marcature in 20 partite. I bomber sudamericani, in particolare argentini e uruguagi, avevano sempre esercitato un certo fascino in Italia. E così è stato anche per Benjamín, prontamente ribattezzato Beniamino. La stagione d’esordio nel Torino è da urlo: 27 centri (di cui 10 dal dischetto) fanno tirare un sospiro di sollievo a Novo e lo trasformano in idolo della tifoseria granata. Tuttavia, nella seconda annata dimezza di fatto lo score (14) e passa a fine stagione alla Pro Patria, dove arretra a centrocampo: un infortunio al ginocchio lo costringe prematuramente al ritiro nel 1952. Tornerà in campo solo alcuni dopo in Spagna, nel Deportivo La Coruña, per un’ultima comparsata.
Diventa allenatore nel settore giovanile della Pro Patria alla fine del decennio, poi nel 1960 viene ingaggiato dal Torino. L’argentino resta in granata tre campionati, ottenendo un 12°, un 7° e un 10° posto. Nel 1963 passa al Genoa e raggiunge una discreta ottava piazza, già stempiato. Apprezzato dal punto di vista squisitamente calcistico e sportivo, ma altrettanto sul versante umano, Beniamino Santos decide di prendere un periodo di vacanza insieme alla famiglia recandosi a La Coruña. Si appresta a ritornare in Italia, per ricominciare il lavoro con il Genoa (con cui ha appena vinto la Coppa delle Alpi) in vista dell’annata 1964-65. Viene descritto come uomo onesto e affabile.
21 luglio 1964. Santos fa guidare la moglie Liana, sul sedile posteriore ecco le figliolette Merilde (8 anni) e Nicolette (5). A una decina di chilometri dalla località spagnola di Medina del Campo, la signora perde il controllo della vettura – targata Varese – che si schianta sull’unico albero presente nelle vicinanze. Lei riporta lesioni lievi, Merilde alcune ferite al capo come Nicolette, colpita anche in altre parti del corpo. Beniamino Santos sembra aver superato l’incidente negli attimi successivi ai fatti. Ma poco dopo cede, sopraffatto da una forte emorragia interna, come stabilito dall’esame autoptico che segnala inoltre sette costole rotte e un’incrinatura nella colonna vertebrale. Gli accertamenti successivi all’incidente hanno collocato Santos quale più probabile guidatore dell’auto, al posto della consorte. L’allenatore del Genoa muore così ad appena 40 anni e viene sepolto nel cimitero di Busto Arsizio.