La fisica lo spiega benissimo. Si definisce “grandezza” tutto ciò che può essere misurato. Lo spazio e il tempo sono due esempi importanti di grandezze, anzi “fondamentali” dato che rientrano tra le sette grandezze che possono a giusta (e scientifica) ragione fregiarsi di tale appellativo.
Grandezze fondamentali alle quali associare ovviamente due unità di misura, il metro e il secondo. Unità di misura che sono il pane quotidiano per chi ha scelto di cimentarsi nel pattinaggio di velocità su ghiaccio, sport dove non bisogna tagliare il traguardo fisicamente prima dell’avversario, come nell’assonante short track, ma bisogna percorrere “semplicemente” una determinata distanza nel minor tempo possibile.
Sport dal quale l’Italia ha ottenuto la sua prima medaglia in questi Giochi Olimpici Invernali di Pechino 2022, grazie a Francesca Lollobrigida, splendido argento nei 3000 m. La 31enne di Frascati ha finalmente visto ripagata la sua dolorosa scelta del 2008, quando decise di rinunciare parzialmente alla velocità su rotelle (disciplina dove ha ottenuto “qualcosina” come 16 titoli mondiali) per inseguire il sogno olimpico sul ghiaccio.
Da allora, sono cominciati per lei tanti viaggi lungo la tratta Roma – Baselga di Pinè, sede del centro federale del pattinaggio di velocità. Con anche una parentesi nei Paesi Bassi, Paese dove il pattinaggio è religione, a Heerenveen, dove diventa protagonista nelle gare a lunga distanza. Tanti sacrifici che oggi, al terzo tentativo olimpico dopo Sochi 2014 e Pyeongchang 2018, sono culminati nella medaglia a cinque cerchi. Una medaglia che porta con sé anche qualcosa di paradossale. Sul ghiaccio di Pechino l’Italia ha rotto…il ghiaccio non solo nel medagliare ma anche sfatando un tabù. L’argento della Lollobrigida è infatti anche il primo successo olimpico per una donna in questa disciplina.
E chissà se, tra i tanti pensieri che sono affiorati nella mente della bravissima atleta frascatana, ve ne sia stato uno rivolto a chi 28 anni fa ha solo sfiorato il podio olimpico. Sì, perché ai Giochi Olimpici di Lillehammer 1994 Elena Belci conquistò un’amarissima medaglia di legno nei 5000 m. Amarissima perché a giungere terza fu una carneade giapponese, Hiromi Yamamoto, che quel giorno di Febbraio 1994 indovinò la gara della vita.
Ecco perché questa medaglia ha un valore doppio. E nel giorno in cui si celebra giustamente Francesca Lollobrigida, è doveroso trasportare virtualmente un pezzo di medaglia anche al collo di Elena Belci. Per chiudere un filo azzurro lungo 28 anni.