Ultimo turno di stagione regolare per la massima serie maschile dell’hockey inline. I rinoceronti di Milano devono difendere la prima posizione da eventuali sorprese. Più avvincente alle loro spalle le sfide tra Asiago Vipers e Ferrara Warriors per il terzo posto e tra Ghosts Padova ed Edera Trieste per il quinto. Quest’ultimi nel penultimo turno hanno sprecato una ghiotta occasione perdendo la sfida interna con il Cus Verona e mancando il sorpasso in classifica ai danni dei patavini. L’Edera Trieste può comunque ritenersi soddisfatta per quanto mostrato nell’arco di una stagione partita con il freno a mano tirato tra problemi di roster e palazzetto. Ne abbiamo parlato con il tecnico dei giuliani Roberto Florean.
La sconfitta con il Cus Verona ha ostacolato la vostra corsa al quinto posto. L’esperienza è stata un fattore importante in questa sfida?
Siamo saliti dalla Serie B con un gruppo di ragazzi molto giovani e sapevamo che in questa categoria ci aspettavano squadre ben più attrezzate di noi. Per questo motivo abbiamo impostato un gioco fatto di contenimento e di ripartenze. Il Cus Verona ha scelto di aspettarci, noi avremmo dovuto gestire il pallino del gioco, ma non ci siamo fatti trovare abbastanza pronti a questa evenienza. Possiamo dire di aver dormito un po’ tutti quanti, dall’allenatore ai giocatori, quando ci siamo svegliati era già troppo tardi. I nostri ragazzi si sono innervositi, ci siamo scoperti, lasciando dei facili attacchi in contropiede. La sconfitta ci sta, è un momento di crescita per tutta la squadra.
La sfida per il quinto posto con i Ghosts Padova si risolverà all’ultima giornata. Siete attesi dalla trasferta con Ferrara, cosa si aspetta da questo incontro?
Purtroppo il Covid fa da padrone in questo campionato, quindi, come capita a tutte le squadre, per prima cosa bisognerà vedere quale rosa avremo a disposizione venerdì sera. A roster completo andiamo lì per giocarcela, non abbiamo paure reverenziali, cercheremo di dare il nostro meglio perché non abbiamo nulla da perdere.
A un turno dal termine si può definire comunque positiva la stagione per l’Edera Trieste.
Siamo partiti con l’obiettivo di arrivare all’ottavo posto e avere la sicurezza di poter partecipare ai playoff. Abbiamo raccolto tutti i punti che potevano tranne quelli casalinghi con Verona, però è anche vero che ci sono stati tre punti inaspettati ad Asiago, quindi alla fine i conti tornano. Il nostro è un bellissimo campionato. Ci siamo rinforzati con un portiere molto giovane, un 2002 che conoscevo sin dalle giovanili, e con un uomo di esperienza come Klemen Sodrznik che ci sta dando tanto. Ci sono stati tanti problemi durante l’anno, Morgan Fumagalli, uno dei due attaccanti di prima di linea, si è seriamente infortunato alla clavicola. Finora non siamo mai stati al completo e gran parte della stagione è stata disputata con un roster da 7 esterni. Ho dovuto far esordire ragazzini di 16 anni. Ma sono molto orgoglioso di ciò che hanno fatto i ragazzi perché da qui in avanti non potranno far altro che crescere.
Concludo chiedendole un giudizio finale sul livello dell’hockey inline italiano. Milano e Vicenza si confermano le candidate per la finale, mentre dietro tanti nomi a lottare per il terzo posto.
Sono da tanti anni in questo mondo. In passato Edera e Asiago primeggiavano, mentre le altre lottavano per i posti dal terzo in giù. Non è cambiato molto ora, Milano e Vicenza giocano per lo scudetto, le altre sono uno o due gradini sotto. Voglio fare una riflessione. Noi dell’Edera abbiamo un gruppo di ragazzi cresciuti giocando a roller, in questo deve stare la crescita dell’intero movimento. Se andiamo a pescare dal ghiaccio e non facciamo attenzione alle giovanili, non si migliora. Se ancora oggi ci sono 40enni che fanno la differenza in campo, non posso parlare di crescita. Sono molto orgoglioso di aver preso dei ragazzini, aver insegnato loro a pattinare ed essere riuscito a conquistare con questo gruppo la serie A. Un percorso che fanno in pochi.
Qual è la strada da percorrere?
In questo momento sono in una scuola in cui sto portando avanti un progetto nazionale di “Sport e salute”. Insegno a pattinare a circa 200 bambini, da queste iniziative escono poi la voglia di imparare a pattinare con i roller e tenere una stecca in mano. Stiamo parlando di uno sport complesso a livello di psicomotricità, ma più pregnante rispetto ad altri. In questo momento ci mancano i numeri nel movimento. Quando una società potrà contare su un vivaio di almeno cento bambini cambierà tutto. Bisogna lavorare sulla base, far conoscere la disciplina. Una volta aumentato il numero dei praticanti bisognerà vedere se avremo tecnici in grado di insegnar loro a essere dei futuri campioni.
Ai pochi numeri bisogna aggiungere poi le recenti difficoltà nella disponibilità degli impianti.
Se non puoi dare certezze alle famiglie scelgono altro. Ti trovi a lavorare un paio di anni con dei bambini e poi di improvviso non ne hai più e devi ricominciare da capo. Anche la pandemia non ha aiutato, non tutti i genitori hanno piacere di portare i loro figli in giro a giocare le partite.