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Lugano, c’è il presidente: nominato Philippe Regazzoni

A Lugano, alla vigilia della ripresa, la società ha convocato una conferenza stampa per la presentazione del nuovo organico della società e delle strategie (non solo sportive) del club. Si è quindi parlato di moltissimi temi, oltre ad annunciare il nome del nuovo presidente del club: si tratta di Philippe Regazzoni, ticinese di Mendrisio ma cresciuto e residente in Svizzera interna, dove si è costruito una brillante carriera nel campo assicurativo.

Di lui, il CEO Martin Blaser ha detto che avrà un ruolo centrale in società ma, a differenza di tanti suoi predecessori, non sarà un presidente che parlerà delle partite con i media. Nel suo intervento, durato oltre 45 minuti, il dirigente bianconero ha parlato molto della nuova struttura societaria: un CdA di 3 membri “per essere più rapidi a prendere le decisioni” composto da lui, Regazzoni e da Georg Heitz.

La proprietà ha inoltre assunto diverse persone in ruoli strategici, affidando a Luca Pedroni la gestione dell’innovazione digitale. Saranno cinque i dipartimenti societari (per questo motivo, verranno aperta dei nuovi uffici in città, pur mantenendone alcuni nella sede attuale). Blaser ha anche detto che sono stati appianati tutti i debiti ancora in essere (poco più di 2 milioni di franchi).

Novità anche sul fronte sportivo. Dal 1 aprile Roman Hangarter prenderà il posto di Leonid Novoselskiy nell’Academy del settore giovanile. La squadra del Team Ticino U21 dalla prossima stagione giocherà come FC Lugano, mentre, per quanto riguarda la squadra femminile, il futuro è tutto da scrivere. Blaser ha infatti fatto notare che, non essendoci molte ticinesi e svizzere in squadra, la società non ritiene strategico investire in questo ambito: mancheranno quindi all’appello circa 400.000 franchi.

All’incontro era presente anche il tecnico Mattia Croci Torti, che ha parlato della ripresa (FC Lugano): “La preparazione è andata molto bene, nonostante sia saltata la trasferta in Spagna. Il tempo, in Ticino, ci ha comunque dato una mano, così come la città, che ci ha messo a disposizione un campo ben preparato. Ho visto buone cose in amichevole, i nuovi si sono integrati, hanno mostrato voglia di aiutarci, dando i segnali giusti a me e allo spogliatoio. Sabato a Berna sarà durissima ma, come sempre, andremo a giocarci la nostra partita.”

Il tecnico ha quindi proseguito: “Il buon girone d’andata non ci condizionerà. Da tempo siamo consapevoli di potercela giocare con tutte, sapendo che non può sempre andare bene. La Coppa? Ogni svizzero che gioca a calcio o che vive in questo mondo sogna di poter, un giorno, essere al Wankdorf per la finale. È un pensiero per ciascuno di noi, senza diventare ossessione e pressione: si tratta di una cosa piacevole alla quale guardiamo. Qualcuno è partito: m’interessa vedere che chi è rimasto gioca con la giusta carica. Chi ci ha lasciato non sentiva così tanto questa cosa.”

Al di là degli aspetti di gioco, che verranno magari approfonditi più avanti, a colpire gli addetti ai lavori è stata la scelta del presidente. Più di uno, nello spazio aperto alle domande, ha evidenziato il fatto che non fosse presente e che, nelle schede di presentazione, ci fosse scritto che padroneggia diverse lingue ma (pur avendo un nome ticinesissimo) non l’italiano. Per qualcuno, un segnale di scarso interesse per la realtà locale, e uno strappo con la tradizione del passato.

Blaser ha dato la propria interpretazione: “Abbiamo già diverse persone che si occupano delle cose di campo: serviva qualcuno in grado di portare esperienza e di contribuire allo sviluppo del Lugano SA in tutti gli altri settori. Abbiamo, come obiettivo a lungo termine, di portare il Lugano ai vertici del calcio elvetico, dentro e fuori dal rettangolo di gioco. Del resto, esistono in Svizzera diverse realtà: c’è quello dello Zurigo, con Ancillo Canepa che lavora diverse ore al giorno per curare la sua creatura, e quella dello Young Boys, più manageriale, dove i vertici hanno delegato i problemi più squisitamente calcistici ad altri dirigenti. Il nostro modello è proprio quello bernese.”