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Non riuscivamo a essere felici di vedere Djokovic agli Australian Open

lev radin / Shutterstock.com

Novembre 2021. Il direttore degli Australian Open, Craig Tiley, conferma l’obbligo di vaccinazione contro il Covid per tutti i giocatori che intendano (e riescano) a partecipare.

Il torneo, che fa parte del blasonato circuito del Grande Slam, si gioca al Melbourne Park dell’omonima città, contraddistinta da rigide restrizioni, durante la pandemia. Sempre a novembre, lo stato di Victoria – la cui capitale è appunto Melbourne – aveva escluso di concedere un’esenzione ai giocatori non vaccinati, affinché potessero partecipare al torneo. A ribadirlo fu anche il Premier, Daniel Andrews: “Al virus non importa quale sia il tuo ranking in classifica o quanti Slam hai vinto. Il palmares è irrilevante, bisogna vaccinarsi per tenere se stessi e gli altri al sicuro”.

Parallelamente a queste dichiarazioni, il tennista n.1 al mondo, Novak Djokovic, difendeva la sua posizione in merito alla vaccinazione, continuando a lasciare intendere una ferma posizione no-vax (attualmente, lui, non è vaccinato), e facendo appello al diritto di proteggere la propria privacy: “Non importa se si tratta di vaccinazioni o qualsiasi altra cosa nella vita: dovresti avere la libertà di scegliere, di decidere cosa vuoi fare. In questo caso particolare, cosa vuoi mettere nel tuo corpo. Sono sempre stato un sostenitore di questo e della libertà di scelta, e lo sosterrò sempre perché la libertà è essenziale per una vita felice e prospera”.

È proprio su questo punto che è lecito soffermarsi un attimo: il concetto di libertà, di cui si è ampiamente abusato e che spesso si è decontestualizzato, è il trend topic degli scettici, il must have di stagione per chi non crede nella scienza, l’ultimo alibi dei no-vax contro Omicron. “Il vaccino limita la libertà”, “non viviamo in dittatura”, “non siamo pecore”, e via allo show del complotto. Ignorare il fatto che senza vaccini conteremmo altri morti, ignorare il fatto che senza vaccini questa nuova variante porterebbe al collasso gli ospedali, ignorare la memoria di chi magari con questo vaccino si sarebbe potuto salvare, e ignorare – soprattutto – che il vaccino è un modo per rendere libera la collettività (se fossimo tutti vaccinati, il virus farebbe molta meno paura).

Digerita questa breve e personale digressione, e tornando al match Nole-Vax, anche la posizione del papà del tennista serbo appare ambigua. Un paio di mesi fa, Srdjan Djokovic aveva seriamente messo in dubbio la partecipazione di suo figlio al torneo: “Vorrebbe giocare con tutto il cuore perché è un atleta, ma con questi ricatti e queste condizioni, probabilmente non lo farà. Io non lo farei, ma è mio figlio che deve decidere da sé. Per quanto riguarda i vaccini, è un diritto personale di ciascuno di noi essere vaccinati o meno”, aveva dichiarato ai media serbi.

Ma davvero Nole, campione in carica degli Australian Open da tre anni consecutivi, non partecipando al torneo avrebbe rinunciato all’obiettivo di ottenere tutti e 4 i titoli del Grande Slam in una sola stagione? Strano.

Dopo la sconfitta in Coppa Davis, Djokovic aveva deciso di comunicare le sue intenzioni al riguardo, risultando tra gli iscritti nella lista ufficiale dei partecipanti all’Australian Open, non riportando però alcun certificato di vaccinazione e lasciando nel dubbio gli stessi organizzatori del torneo. Poi, come spesso di questi tempi accade, arriva il post chiarificatore che spazza via tutti i dubbi: “Buon anno a tutti! Vi auguro tutta la salute, l’amore e la felicità in ogni momento presente e che possiate provare amore e rispetto verso tutti gli esseri su questo meraviglioso pianeta. Ho trascorso del tempo fantastico con i miei cari e oggi sto andando in Australia grazie a un’esenzione. Andiamo 2022!!!”, ha scritto il tennista serbo su Instagram. Djokovic vola in Australia dunque, nonostante la chiara volontà di escludere i no-vax dal torneo, da parte delle autorità competenti e degli organizzatori della competizione.

Un “permesso speciale per persone speciali”, è la polemica che si innesca tra social e stampa, tra guru e profani del tennis, tra tifosi e detrattori del n.1 al mondo, che pur non rispettando le regole riuscirà comunque a disputare un torneo dove probabilmente centrerà l’obiettivo dei 4 Slam in una stagione.

Un’esenzione medica che merita chiarimenti, dato che di solito “è prevista per chi ha avuto reazioni allergiche alle prime dosi o per chi ha patologie acute o infiammazioni cardiache recenti”, ci ricorda il virologo Burioni, e non sembra questo il caso. L’integerrimo, e ormai scricchiolante, CEO del torneo Craig Tiley si affretta subito a chiarire che a Djokovic non è stata concessa nessuna opportunità speciale, e che ci sono altri tennisti che hanno chiesto l’esenzione.

Comunque, anche il governo australiano aveva avuto modo di considerare possibile l’ottenere un’esenzione medica, ma solo in 4 situazioni:
– una condizione medica acuta che comporterebbe un ricovero o un intervento importante;
– una recente positività al tampone che porterebbe ad uno slittamento del vaccino di sei mesi;
– effetto collaterale grave derivato dalla somministrazione della prima dose;-condizioni legate alla salute mentale che potrebbero rendere il vaccino temporaneamente un rischio. E anche qui, le condizioni sembrano non esserci.

Un altro punto che mette ulteriormente in discussione la posizione di Djokovic è il caso un altro tennista (lui dichiaratamente contrario al vaccino), Tennys Sandgren, che ha affermato di non averla neanche chiesta l’esenzione medica, proprio perché nessuno dei suddetti criteri era applicabile al suo caso, anche se sui social aveva commentato ironicamente la partecipazione di Djovovic affermando “non ho le stesse spinte”, per poi smorzare il tutto incoraggiandolo, su Twitter, augurandoli di vincere tutto.

Ma di tutta questa vicenda, cos’è che rimane?
A me, personalmente, che nonostante non parli di ranking e Grande Slam tutti i giorni, vedrò uno dei miei sportivi preferiti sicuramente sotto un’altra luce. Djokovic – lo ricorderete – aveva già organizzato un torneo in pieno lockdown, e si erano infettati praticamente tutti, lui e staff compresi. I vaccini, purtroppo, non erano ancora disponibili, ma a quanto pare lui era già convinto di teorie che collegavano lo scoppio della pandemia a temi complottisti.

Dispiace, poi, notare il fatto che il regolamento non sembri essere uguale per tutti, che ancora una volta autorità e organizzatori si dimostrano meno tenaci di quanto dovrebbero essere (evidentemente memori del fatto che pecunia non olet) e pazienza se bisognerà mettere a rischio la salute di qualcuno, e se Djokovic perderà qualche tifoso. Concedergli di giocare è uno schiaffo a lavoratori e settori che cercano di riprendersi da ormai due anni, che rispettano i protocolli e vogliono la ripartenza della collettività, non del singolo. Perché libertà è partecipazione. Da oggi i no-vax hanno un altro paladino, ma ci auguriamo che oltre a vincere Slam nella sua carriera, Nole un giorno possa battere qualche personale convinzione.