Un nome che non dirà granché agli appassionati di calcio, se non solo ai più attenti. Vent’anni fa, un calciatore nigeriano cadde nelle mani della giustizia italiana dopo aver visto infrangersi il sogno di giocare nella Juventus. Questa è la storia di John Segun Omojuwa.
Sogno infranto
Nel 1998, il diciannovenne John Segun Omojuwa è un calciatore nigeriano di belle speranze. Milita come professionista in un club della Capitale e sogna il salto nel grande calcio. Precisamente in Italia, dove il connazionale Sunday Oliseh è arrivato addirittura a vestire la maglia della Juventus. Viene sottoposto a un provino, ma purtroppo senza esito positivo. La chance della vita, quindi, non si concretizza. Ma il nome di Omojuwa diventa ugualmente famoso per un altro motivo.
Pellicola
Il regista cinematografico Gabriele Buti e lo sceneggiatore Andrea Bessone restano affascinati dalla sua storia, nonostante il mancato lieto fine del viaggio di John in Italia. La vicenda di Omojuwa diventa un film di 52 minuti nel 2000, “Dreaming Barefoot” (Un sogno a piedi nudi), con il giocatore protagonista della pellicola in prima persona. Un viaggio della speranza che, nonostante l’ottima accoglienza al Torino Film Festival e l’ingresso nella programmazione di Telepiù, sarà destinato a rimanere l’ultimo momento gioioso della sua connessione con il Bel Paese.
Manette
Sì, perché nell’ottobre 2001 avviene un fatto increscioso. John Segun Omojuwa entra nel carcere torinese della Vallette perché accusato di istigazione alla corruzione, falsificazione di documenti e tentata truffa. Cos’è accaduto? L’indagine portata avanti dal Nucleo Radiomobile dei Carabinieri di Torino smaschera il calciatore e i connazionali Ologonja Johnson Ibikune (32 anni) e Titani Akinya (38). Omojuwa viene fermato per un normale controllo a bordo della sua Volvo. Agli agenti comunica la “dimenticanza” del libretto di circolazione e contestualmente fornisce la sua carta d’identità italiana, rilasciata dal comune di Torino, ma pure una patente irlandese che desta da subito sospetti. La storia viene ricostruita da La Stampa, quotidiano torinese, il 28 ottobre.
Due milioni
Sospetti che aumentano quando Ibikune, al momento di uscire dall’auto, fa scivolare qualcosa sotto il sedile pensando di non essere visto. Errore… L’azione viene notata, eccome: ha tentato di occultare un passaporto inglese con la sua foto. Nel frattempo che i Carabinieri stanno effettuando gli accertamenti del caso, i tre nigeriani iniziano a confabulare nella propria lingua. Al termine del dialogo, si rivolgono ai loro controllori senza mezzi termini. Offrono due milioni di lire in contanti per “chiudere un occhio” e lasciarli andare.
Epilogo
Come era sembrato immediatamente ai Carabinieri torinesi, la patente irlandese di Omojuwa si era difatti rivelata contraffatta, così come il passaporto britannico (e la patente) di Ibikune. Completa l’opera Akinya, anch’egli provvisto di passaporto falso. Ma non è mica finita qui! Addosso ai nigeriani vengono rinvenute ben sei finte carte di credito collegate a banche americane e inglesi, riferibili ai loro falsi nominativi riportati sui documenti, con cui hanno effettuato delle spese truffaldine. Termina così nel peggiore dei modi una storia nata sulla scia di un sogno a forma di pallone.