Spunti dalla Serie A per riflessioni da gustarsi nel tempo di un caffè. La redazione di MondoSportivo si riunisce, in unico pezzo, per ripensare alla giornata di campionato appena conclusa e riflettere su aspetti rilevanti, curiosi, interessanti delle partite della massima serie italiana.
Il Cagliari non riesce più a vincere: ma col Sassuolo qualcosa si è mosso (di Fabio Ornano)
Era dall’unica vittoria in campionato, contro la Sampdoria il 17 ottobre, che il Cagliari non riusciva a fare punti. Quattro sconfitte di fila: un trend spezzato ieri contro il Sassuolo, punticino che non smuove la classifica ma muove qualcos’altro. Per esempio si sono viste maggiore compattezza, attenzione (anche se le amnesie difensive restano il tallone d’Achille di questa squadra, vedi l’errore di lettura di Carboni sull’1-0 e l’ingenua falciata di Lykogiannis che è costata un penalty), concentrazione. Strootman indietro di condizione resta in panca, dentro Grassi che si è ben disimpegnato. Bravo l’azzurrino Bellanova, giocatore duttile e di gamba. Instancabile Nández, cresce l’intesa tra João Pedro e Keita Baldé autori di un gol a testa: l’ispano-senegalese ha realizzato una rete in acrobazia da spellarsi le mani. Venerdì arriva la Salernitana all’Unipol Domus e Mazzarri sa molto bene che i tre punti saranno l’unica opzione possibile. Irrinunciabile.
Salernitana, se questo si può definire godimento (di Giuseppe Pucciarelli)
“I tifosi della Salernitana si sono meritati la Serie A. Godetevela“. Così parlò l’8 luglio a un’emittente locale salernitana, l’avvocato Silvia Morescanti, curatore dell’atto che ha costituito il trust “Salernitana 2021” con il quale la compagine granata si è potuta iscrivere al torneo di Serie A, con la spada di Damocle della cessione entro il 31 dicembre pena esclusione dal campionato. Avvocato espertissimo, la dott.ssa Morescanti, ci mancherebbe. Ma anche compagna di vita di Angelo Fabiani, attuale ds della società granata. E costruttore di una squadra che sta facendo godere…i tifosi avversari e avvilire i sostenitori della Bersagliera. La sconfitta con la Sampdoria è la decima su 13 giornate per i granata, che restano ultimi in classifica con 7 punti. I tifosi oramai aspettano solo la cessione societaria. A tal proposito, l’avv. Morescanti a un’altra emittente salernitana pochi giorni fa aveva rassicurato i tifosi sulla bontà delle offerte (ma come fa a saperlo, dato che i trustee Isgrò e Bertoli sono tenuti all’assoluta riservatezza? E ancora, a che titolo il ds Fabiani è stato parte attiva nella stesura del trust, pur essendo ufficialmente solo un dipendente?). Speriamo abbia ragione. E speriamo che la nuova società porti lontano dalla Salernitana il suo compagno.
Milan, difesa da sistemare… e infermeria da svuotare (di Roberto Tortora)
Prima o poi la sconfitta doveva arrivare. Al Milan lo sanno. Perché una squadra come quella di Stefano Pioli, che ogni settimana cerca di tenere la barra dritta nonostante i tanti, troppi infortuni, ha diverse fragilità. La serata storta di Tatarusanu è di quelle che ai portieri ogni tanto capitano, non bisogna crocifiggerlo. Soprattutto dopo il rigore parato a Lautaro Martinez nel derby, che oggi consente ai rossoneri di guardare ancora tutti dall’alto, insieme al Napoli, e con un distacco ancora gestibile. Più preoccupante quella del povero Gabbia, che ha patito il trauma di dover passare dopo tanto tempo dalla comoda panchina (ma che di sicuro non gradisce) al campo di uno degli stadi più caldi d’Italia: l’Artemio Franchi di Firenze. Il Milan in difesa ha una solida certezza e si chiama Fikayo Tomori. Quando manca, la differenza si sente, perché anche il più solido Romagnoli ogni tanto incappa in qualche amnesia. Da una sosta all’altra, il Milan ha subìto 10 gol in in sei giornate. In pratica più di un gol a partita. La porta è rimasta inviolata soltanto contro il Torino. È chiaro che, per ambire allo Scudetto, questi numeri debbano necessariamente migliorare. Altra nota stonata è Brahim Diaz che, da quando ha recuperato dal Covid, sembra non esser ancora tornato su livelli accettabili. A Firenze è stato un fantasma, nel derby non ha inciso. E, per quante buone qualità abbia, in quel settore forse il Milan patisce il non avere un’alternativa fisicamente e tecnicamente valida. Messias, tornato in campo dopo un mese e mezzo, avrà bisogno di carburare per tornare in condizione e cominciare “davvero” la sua storia milanista. Infine Ante Rebic, un mistero avvolto tra le siepi di Milanello. Capace di passare dall’ingresso fiammante del derby ad un infortunio muscolare grave proprio nell’imminenza della trasferta contro la Fiorentina. Fin qui, in tredici giornate, ha disputato solo tre partite per intero. Troppo poco per un attacco che spesso fa fatica a capitalizzare l’enorme mole di gioco. Una riflessione sui metodi d’allenamento dello staff rossonero sarebbe da fare. Infine, le note positive. Intanto, sta per tornare e con grande anticipo Mike Maignan. Non che, ultima partita a parte, Tatarusanu non abbia fatto bene. Ma la sicurezza che trasmette al reparto e la qualità del francese sono di un livello superiore. La sconfitta contro la squadra di Vincenzo Italiano, poi, è stata rocambolesca, gli uomini di Pioli hanno, di fatto, regalato tutti e 4 i gol. Nel mezzo, la partita è stata interamente giocata e gestita dai rossoneri che, con personalità, sono riemersi dagli spogliatoi dopo l’intervallo senza timore di essere sotto di due gol. E, infatti, la “remuntada” stava riuscendo, se Theo Hernandez non avesse deciso di offrire a Vlahovic la palla del mortifero 4-2 all’85’. Pioli dovrà lavorare molto sulla concentrazione di una squadra che sta sulla rampa di lancio ormai da due anni, ma non è ancora decollata. Sperando che gli infortuni rallentino. Con il Napoli privo di Osimhen per almeno un mese e l’Inter ancora dietro di quattro lunghezze, è questo il momento propizio per cercare di arrivare allo scontro diretto con i partenopei del 19 dicembre non solo in testa, ma, se possibile, in solitaria. Ad Ibrahimovic e Maldini il compito di inculcare nel gruppo il concetto: “impossible is nothing”.
Le scarpe di Felix Afena-Gyan (di Alessio Milone)
Costose, sicuramente. Ma tanto mica le ha comprate lui. Sono una sorta di auto-regalo che si è fatto Mourinho. “Felix, se segni te le compro”: ne ha fatti due, di gol. Uno per scarpa, totale della spesa: 800 euro. Fidatevi: niente, in confronto al valore dei gol del nuovo talentino di casa Roma. Continua a non essere meraviglioso, il gioco giallorosso: sembra sempre eccessivamente difficoltosa, la manovra della Roma. Ok, a Genova ha fatto la partita, restando ben compatta in difesa (è vero che l’attacco rossoblù non è sembrato da annali del calcio), son mancate le solite idee a centrocampo, e l’attacco composto da Abraham e Shomurodov, niente: non ingrana. “Non ingamba”, direbbe Sergio, nella meravigliosa Serie “Boris”. Ecco: Abraham, e Shomurodov, non stanno “ingambando”. Felix sì: meno male, per Mourinho. E per una piazza che al 75′ era in tribolazione, al 90′ spera di aver trovato chi, i gol, finalmente li segna. Soprattutto se poi c’è chi gli rifa il guardaroba.
Il problema Osimhen arriva anzitempo, per questo serve recuperare adesso Insigne (di Francesco Moria)
Ci si chiedeva da tempo, quasi come un gioco di fantasia, come sarebbe stato il Napoli una volta che avesse perso Osimhen in attacco, destinato a partire a gennaio per la Coppa d’Africa. L’assenza del nigeriano, però, è diventata già realtà, ben prima del previsto e probabilmente più lunga anche di quanto sarebbe stata con la sola convocazione in Nazionale per un mese intero. Spalletti, per la prima volta, dovrà affrontare un lungo periodo senza uno dei protagonisti di questo inizio di stagione ed è già questa una sfida che mette alla prova gli Azzurri su una potenziale lotta Scudetto: dimostrare di poter mantenere un alto livello anche senza Osimhen. Ed è evidente: molto passerà da una ripresa di Mertens, dalla speranza di vedere la miglior versione possibile di Petagna, ma soprattutto da un recupero di Insigne, decisamente calato di ritmo nelle ultime uscite di campionato. E’ un evidente, primo momento di stop per il Napoli, che non ha comunque tempo di stare a riflettere troppo, visti i tanti e difficili appuntamenti che lo attendono. La chiave, per Spalletti, sarà quella di ritrovare una brillantezza soprattutto offensiva che da almeno un mese a questa parte sembra non esserci più. Il lavoro di Osimhen e la sua fisicità non trovano sostituti veri e propri nella rosa partenopea: servirà trovare qualità con altre vie e da qui non si può non passare proprio da Insigne. I discorsi sul rinnovo, ora, non devono intaccare il campo: serve la miglior versione del capitano azzurro per fare in modo che queste settimane, forse mesi, passino veloci e, soprattutto, in maniera positiva.
Brekalo è stato un colpo geniale per il Torino (di Francesco Moria)
Il Torino ha cercato per anni un giocatore con le caratteristiche di Brekalo: veloce, duttile, con un ottimo piede e capace di fornire un discreto numero di gol e assist. Ne hanno provati tanti i granata, a volte spendendo cifre anche molto importanti, ma alla fine il colpo potrebbero averlo fatto con un prestito che ha 11 milioni di euro come riscatto. Quello di Brekalo è stato un affare passato quasi in sordina nelle ultime ore di mercato, ma gli osservatori più attenti già fiutavano la possibilità che stavolta i granata ci avessero preso, non fosse per l’interessante curriculum del croato: 23 anni, cresciuto nella Dinamo Zagabria e con esperienze con maglie di prestigio come quelle di Stoccarda e Wolfsburg. La perla segnata al volo contro l’Udinese lunedì sera conferma l’evidente crescita di un giocatore forse troppo sottostimato, eppure perfettamente integrato nel sistema di gioco di Juric, come testimoniato dalla bella azione del gol sull’asse Milinkovic-Belotti. Funziona eccome Brekalo ed è tra i protagonisti di un Torino nettamente migliorato finora rispetto allo scorso anno, polemiche di facciata tra Juric e Cairo a parte. I granata non ci pensino due volte: il croato va preso al più presto per riuscire a costruire un progetto prestigioso e di qualità come vorrebbe il suo nuovo allenatore.
Si può parlare di inizio della crisi (di gioco) del Napoli? (di Florind Xhaferri)
Il 3-2 tra Inter e Napoli è l’inizio della prima crisi del progetto di Luciano Spalletti, probabilmente. Gli azzurri non sembrano più così lucidi come all’inizio, quando stavano letteralmente dominando la Serie A. Le ultime quattro partite lo testimoniano. La vittoria sofferta contro la Salernitana, l’iniziale svantaggio in Europa League nella goleada sul Legia, il pareggio con il Verona e per finire la prima sconfitta in questa stagione a San Siro.
Non c’è pace nemmeno sul lato infortuni, visto che Osimhen e Anguissa dovranno rimanere fuori per qualche settimana. La situazione è quindi preoccupante. Questi imprevisti, aggiunti alla mancata lucidità nel gioco delle ultime gare, potrebbero rallentare la fuga napoletana. E forse è un bene. Non per Insigne, i suoi compagni e i suoi tifosi, ovviamente. Ciò però aggiungerà un po’ di pepe a questa edizione, facendo risalire un po’ le inseguitrici per la lotta Scudetto. Del resto, se il Napoli le vincesse tutte, a dicembre smetteremmo già di seguire la Serie A.