Come in molti altri paesi, anche in Russia il calcio venne importato dai marinai inglesi che stazionavano nei porti in attesa di ripartire. Inizialmente questo nuovo sport destò non poche perplessità. Ma ben presto la popolazione locale si convinse della sua bontà e cominciò a praticarlo. Nell’espansione del calcio recitò un ruolo fondamentale un giovane di origini scozzesi il cui nome era Arthur MacPherson. Questi diventò ben presto un punto di riferimento per lo sport, tanto da venire insignito dallo zar Nicola II di una prestigiosa onorificenza – l’Ordine di San Stanislao – diventando l’unico a beneficiarne per “servizi resi allo sport”.
Una delle prime squadre fondate fu il Nevka, completamente composta da operai scozzesi che lavoravano nella fabbrica tessile Samson di San Pietroburgo. La rivale cittadina era il Nevsky, in cui invece giocavano lavoratori inglesi di un’altra fabbrica della città. Si narra che gli industriali spingessero fortemente per la creazione di queste squadre per disincentivare i lavoratori a bere vodka durante il fine settimana. La scia della novità fu seguita anche nell’entroterra, più in particolare a Mosca, dove nacque il primo club, il Morozovsti (che in seguito, nel 1923, sarebbe diventato Dinamo Mosca).
Nel 1912 MacPherson svolse un ruolo significativo per un altro passo, la fondazione della Federcalcio russa. C’era bisogno di un’associazione che regolamentasse il calcio e MacPherson, che era persona stimatissima, venne eletto presidente quasi per acclamazione. Tutto sembrare volgere per il meglio, il calcio era all’apice della sua popolarità. Ma quando il paese venne scosso dal tumulto della Prima Guerra Mondiale e dalla crescente resistenza al regime dei Romanov, tutto andò a rotoli. I progetti di MacPherson si sgretolarono contro il nuovo corso della politica, che non ammetteva ingerenze.
La vita di Arthur prese una svolta tragica. Dopo la Rivoluzione d’Ottobre venne arrestato dai bolscevichi con l’accusa di aver introdotto gli “sport borghesi” in Russia: fu spedito in prigione a Mosca e qui morì di tifo qualche mese dopo. Si racconta che il suo corpo fosse talmente irriconoscibile che poté essere identificato solo grazie a biglietto di carta che si era legato al polso poco prima di morire, e sul quale era riuscito a scarabocchiare il proprio nome. A soli 49 anni se ne andava il vero padre fondatore del calcio russo.