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ESCLUSIVA Calcio a 5 – Nitti (CMB Matera): “Il successo di Manfedonia rappresenta una prova di grande maturità”

Credit photo: Leonardo Campagna

Il Petrarca difende il suo primato in Serie A, mentre alle sue spalle c’è un avversario che sta uscendo fuori. Stiamo parlando dell’Opificio C.M.B. 4.0 Matera secondo in classifica a cinque punti dai patavini. Nella Città dei Sassi si respira aria di grande futsal e l’ultima vittoria contro il Manfredonia ha lanciato le quotazioni dei biancazzurri, che nella settima giornata saranno protagonisti nel posticipo televisivo di Salsomaggiore Terme contro il Futsal Pescara.

A guidare la granitica formazione materana è Lorenzo Nitti, tecnico giovane ma già con tanta esperienza nel proprio curriculum. Nel corso degli anni ha avuto modo di studiare nei dettagli la massima categoria e oggi mette a disposizione il suo bagaglio di conoscenza per poter realizzare qualcosa di importante a Matera. 

Mister Nitti nell’ultimo turno avete ottenuto un successo esterno sul Manfredonia. Una prestazione notevole, arricchita dalla tripletta di capitan Cesaroni, e un’ottima gestione del match contro un avversario ostico nonostante la classifica.

Sì, a mio avviso loro sono un’ottima squadra, ben allenata e tatticamente molto preparata; la classifica deficitaria non rispecchia il loro effettivo valore. L’avevamo studiata bene durante la settimana, sapevamo che ci avrebbe aspettato un ambiente molto caldo e un palazzetto pieno. I ragazzi hanno interpretato la partita perfetta perché hanno saputo contenere l’inizio arrembante degli avversari. Siamo riusciti a incanalarla sui binari giusti e il Manfredonia, anche se ben allenato, non ha avuto la forza di reagire. Quando hanno schierato il portiere di movimento siamo stati molto attenti a non prendere gol, difendendo bene e trovando anche la rete. L’abbiamo vinto molto sul piano mentale.

Piano mentale, quindi più concentrati e con meno pressioni?

Un discorso molto ampio. Siamo una squadra ancora in costruzione, Andrés Santos e Damian Stazzone sono arrivati da poco dal Mondiale, altri si sono uniti più tardi, ci manca ancora Santiago Basile. Visto che non abbiamo potuto lavorare molto con la squadra, abbiamo colmato le problematiche tattiche con la cattiveria agonistica, con un’organizzazione semplice e con una buona fase difensiva. Quando iniziano ad arrivare i risultati è normale che si prenda consapevolezza dei propri mezzi. Manfedonia rappresenta una prova di grande maturità, abbiamo saputo soffrire su un campo difficile, dove nessuna squadra aveva mai vinto con un risultato così ampio. 

Siete la seconda forza del campionato, una partenza da 10 in pagella come lei stesso ha sottolineato. Nonostante le tante partite in pochi giorni, la squadra ha fornito un’ottima risposta.

Il segreto sta nel fatto che tutti i ragazzi sono consapevoli del loro ruolo all’interno della squadra e dei limiti. Giochiamo con umiltà e coraggio, ma sempre massimo rispetto dell’avversario. Questi risultati però non devono trarci in inganno perché conosciamo il nostro valore e sappiamo che c’è da lavorare tanto, proprio questa voglia di migliorarci è il motore della squadra. Il campionato è molto equilibrato e ogni squadra vivrà momenti positivi e negativi, le dinamiche sono queste, non si può essere ipocriti. Dobbiamo mantenere i piedi saldi a terra.

Credit photo: Leonardo Campagna

Il vostro obiettivo per questa stagione?

Continuare a crescere. Lo scorso anno siamo riusciti a entrare nella Coppa e nei playoff, è normale volersi migliorare. Il CMB ha intrapreso un percorso importante che l’ha portato dalla serie D fino in A. Una società che cerca di strutturarsi e crescere anno dopo anno. In questa stagione è stato allestito anche un roster giovane. Il nostro è un progetto a medio-lungo termine per cercare di raggiungere i vertici del calcio a 5 italiano: per ottenere questo bisogna passare attraverso il lavoro e serve tempo. Lo sport richiede sempre programmazione, sacrifici e anche pazienza e noi alle spalle abbiamo una società seria. 

Lei è uno degli allenatori più giovani nel panorama nazionale. Ci racconta il suo amore per il futsal?

Sì, ho 31 anni, ma il mio è un percorso che parte da lontano, alleno da quando avevo 18 anni. Ho cominciato a Napoli insieme a Carmine Tarantino, un grandissimo amico che ritrovo da avversario quest’anno al Real San Giuseppe. Ho vissuto tanti anni nel settore giovanile, successivamente come vice allenatore ho avuto la fortuna di lavorare con tantissimi allenatori e poter rubare qualcosa da ognuno di loro. C’è stata l’esperienza con Augusto Di Iorio alla Partenope per diversi anni, poi all’Acqua&Sapone con Fuentes, un bravissimo tecnico che adesso allena in Giappone. Ricordo con piacere i tre anni splendidi a Latina dove ho collaborato con  Massimiliano Mannino, Alfredo Paniccia e Piero Basile fino a quando sono subentrato iniziando la mia carriera in serie A. Sono stato anche in Spagna per vari mesi per studiare le metodologie di allenamento. Un percorso lungo, tanta gavetta e sacrifici, e ora cerco di fare del mio meglio per dimostrare di meritare questo palcoscenico, una categoria che conosco bene.

Tanta esperienza dunque che va oltre la carta d’identità.

Bisogna sfatare il mito dell’età altrimenti l’Italia rischia di diventare un paese per vecchi. Quello che conta è la preparazione e il percorso realizzato da una persona. Sono contento di ciò che ho fatto, ma sono all’inizio e ho ancora tantissimo da dimostrare perché nello sport si vive di presente: la gara di Manfredonia già non conta più e tocca pensare alla sfida con Pescara. Un messaggio che voglio mandare a tanti allenatori giovani è di lavorare, di fare sacrifici e di credere nei propri sogni, perché se si persevera alla fine si realizzano. Ci sono casi in cui si ricevono opportunità importanti in panchina solo perché si è stati grandi giocatori, io invece penso che giocare è una cosa, allenare è un’altra. Giocare ad alti livelli ti concede un bagaglio di esperienza importante, però allenare richiede conoscenze specifiche e un percorso di studio. Per questo motivo le società devono investire nei settori giovanili e nella formazione degli allenatori, mentre chi si approccia alla panchina lo deve fare con voglia di studiare e di fare qualcosa di importante, che non vuol dire allenare in serie A, ma fare bene il proprio lavoro indipendentemente dalla categoria. Il calcio a 5 per crescere ha bisogno di tanti addetti ai lavori bravi. Ognuno di noi deve dare qualcosa in più: gli allenatori e i dirigenti sono il futuro di uno sport. 

Una crescita che deve interessare anche il settore giovanile.

Come movimento siamo un po’ indietro. Noi tecnici dobbiamo avere coraggio e lavorare di più sui ragazzi italiani mettendoli in campo. Le società inoltre devono dare tempo a questi calciatori di crescere poiché è uno sport complicato con variabili complesse dal punto di vista tecnico e tattico. Cerco di lavorare tanto da questo punto di vista; lo scorso anno dopo Ostia eravamo la società che giocava con più ragazzi italiani, quest’anno abbiamo tre Under 19 fissi in rosa e cerco di dare spazio a tutti. Come dicevo in precedenza, si deve investire sui settori giovanili. Questo non vuol dire fare l’Under 19, ma pagare dei tecnici, perché c’è bisogno di professionisti, formarli e partire dall’attività di base: entrare nelle scuole, promuovere questo sport, formare i giocatori di domani. Negli ultimi anni in Italia i ragazzi non hanno mostrato tanta voglia di fare sport, un po’ distratti da altre cose. Non è importante diventare un giocatore di A o di A2, il messaggio che deve passare è di fare sport e farlo a livello agonistico, perché è uno strumento di crescita e formazione a 360° oltre a essere un’attività sana.