Nel calcio sovietico a cavallo tra la fine degli anni Settanta e l’inizio del decennio seguente, la Dinamo Minsk arrivò ai vertici in un’epoca dominata soprattutto dalla Dinamo Kiev di Lobanovski. La vittoria del campionato nel 1982 mise in luce tanti buoni giocatori, tra cui uno fatto apposta per il detto “genio e sregolatezza”: Aleksandr Prokopenko.
Bielorussia
Aleksandr Timofeyevich Prokopenko nasce a Bobruisk, nella parte orientale della Bielorussia in Unione Sovietica, il 16 novembre 1953. Centrocampista di talento, aveva iniziato a giocare con lo Stroitel nella sua città natale prima dei vent’anni. Nel 1973 il passaggio alla Dinamo Minsk, la più importante squadra bielorussa che all’epoca milita nel massimo campionato URSS. Trova spesso e volentieri la via della rete, mostrando le sue qualità. Nel 1980 entra nella rosa della Nazionale di Beskov, debuttando il 12 luglio contro la Danimarca. Nei giorni seguenti l’inclusione nella squadra per le Olimpiadi casalinghe di Mosca: l’Unione Sovietica vince la medaglia di bronzo, Prokopenko partecipa a due incontri con il numero 16 sulle spalle, insieme a elementi come Dasaev, Chivadze, Cherenkov e Oganesian. La sua carriera internazionale non avrà alcun seguito.
Luci e ombre
Resta nella memoria un bellissimo gol di tacco realizzato ai rivali della Dinamo Kiev, da autentico leader e “capobanda” di quel gruppo. Parallelamente al giocatore di successo, c’era un’altra sfaccettatura della personalità di “Prokop“. Molto più pericolosa e autodistruttiva: quella di amante della vita notturna, in cui sviluppò la pesante propensione all’alcol. Spesso si assentava dagli allenamenti, spariva per giorni, facendo disperare anche la moglie. La quale, ogni volta, ne perdonava gli eccessi con grande pazienza. Ne ebbero meno alla Dinamo Minsk quando, poco tempo dopo la vittoria del campionato nel 1982 (11 reti per Aleksandr), lo misero alla porta dopo l’ultima bravata: sparì dalla circolazione in seguito alla vittoria contro lo Shakhtar Donetsk il 16 giugno 1983. Non avrebbe più vestito la maglia del club. Fu l’anticamera del suo declino. Anni dopo, si ripresentò faticosamente sul campo per brevi periodi, prima al Dnepr Mogilev e poi al Neftchi Baku. A nemmeno 34 anni, l’ultima partita da calciatore.
La morte
Stanca del comportamento cronico di Aleksandr, la moglie decise di abbandonarlo portando via con sé il loro bambino. Al quale Prokopenko scrisse una lettera toccante e disperata: “Oggi sei più grande e capisci tutto. Qualunque cosa accada, sappi che hai avuto e hai ancora un padre. Non sono mai stato una persona cattiva. Cresci e sarai diverso da me. Meglio di me“. Un grido d’allarme, probabilmente, lanciato da un uomo ormai entrato in un vortice terribile. Il 29 marzo 1989, mentre si trovava al ristorante di un hotel di Minsk, l’ex calciatore trovò la morte a 35 anni. La causa: soffocamento a causa di un pezzo di carne. In realtà non è stata esclusa l’arresto cardiaco come motivazione del decesso. Questa la triste fine di un calciatore di talento, che la debolezza degli eccessi aveva messo con le spalle al muro.