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Serie A 21/22, pillole e spunti dall’11a giornata

Spunti dalla Serie A per riflessioni da gustarsi nel tempo di un caffè. La redazione di MondoSportivo si riunisce, in unico pezzo, per ripensare alla giornata di campionato appena conclusa e riflettere su aspetti rilevanti, curiosi, interessanti delle partite della massima serie italiana.

Correa promette l’inizio di una nuova stagione (di Francesco Moria)

Quando Correa segna una volta, allora stai certo che lo farà una seconda. Almeno, questo dicono le statistiche: in tutte le ultime quattro occasioni in cui l’argentino ha trovato il gol in Serie A, poi ha firmato una doppietta. Contro l’Udinese, il Tucu si è così riconquistato una buona fetta di fiducia da parte del pubblico nerazzurro, rimasto scettico nelle ultime settimane sulle prestazioni dell’ex Lazio. Ma nelle interviste ha fatto capire il perché di un avvio meno convincente di quanto ci si aspettasse: “Purtroppo questi due infortuni non mi lasciavano entrare in forma. Invece ora sto bene e voglio aiutare in tutti i modi”. Inzaghi, comunque, ha continuato a crederci, anche nella partita contro l’Udinese, in cui Correa certo non aveva brillato particolarmente fino al gol. Poi si è sbloccato e, come ha fatto tante volte con la Lazio, si è preso per mano tutta la squadra. Inizia da qui la vera stagione del Tucu in nerazzurro?

Oltre a Simeone, Tudor ha fatto rinascere Caprari (di Francesco Moria)

Non ci sono dubbi: Giovanni Simeone è l’uomo del momento dell’Hellas Verona e merita, per i gran gol fatti e la tanta dedizione messa in campo in queste ultime gare, le prime pagine dei giornali. Ma, nella rinascita del Verona firmata Tudor, ci dovrebbe essere più spazio anche per i meriti di Gianluca Caprari, arrivato in estate per l’ennesima tappa della sua carriera con il teorico compito di sostituire un certo Zaccagni. Rischiava di essere un nuovo buco nell’acqua, uno dei classici acquisti dell’ultimo, delirante giorno di mercato destinato a non lasciar traccia di sé e, invece, in maglia gialloblù l’ex Samp sta ritrovando la forma migliore. Finora, tre gol e quattro assist in nove gare in Serie A e due prestazioni capolavoro soprattutto contro Lazio e Juventus. Agisce da regista offensivo, non dà punti di riferimento e si sposta con massima libertà, servendo per i compagni passaggi che tagliano in due le difese avversarie o con cross precisi, senza disdegnare talvolta anche conclusioni (con anche gol molto belli, come quello allo Spezia di un mese fa). È, di fatto, il vero collante tra centrocampo e attacco e sta dimostrando, soprattutto, una visione di gioco che si pensava smarrita: lo ha confermato contro la Juventus, diventando una costante mina vagante per la difesa di Allegri, anche perché capace di mantenere un’intensità straordinaria per praticamente tutta la partita. Oro in più, oltre a quello già luccicante di Simeone, per Tudor e un Verona che viaggia a grandi ritmi.

I gol di Vlahovic non placano la delusione della Fiesole (di Elia Modugno)

La Fiorentina non è una squadra per beniamini. Il tifoso viola negli ultimi anni non trova più dei punti di riferimenti, giocatori in grado di trascinare la squadra e farsi amare a lungo. Chiesa, il figliol prodigo, era un serio candidato, ma fu portato via da logiche di mercato contrarie alla passione calcistica. La curva Fiesole, che non ha ancora del tutto digerito il suo trasferimento all’odiata Juve, aveva dirottato i propri sentimenti su Vlahovic, una proiezione verso futuri più gloriosi: nulla da fare, anche stavolta sedotta e abbandonata. La piazza di Firenze sta diventando masochista perché proprio nel miglior momento della squadra di Italiano, elogiato in lungo e in largo su tutti i media nazionali, è spuntato il caso Vlahovic a scuotere l’ambiente. Una situazione illogica. La Fiorentina ora accarezza l’Europa trascinata proprio dai gol del suo attaccante contro lo sventurato Spezia, ma il tifo più caldo ha deciso di ignorarlo tra un mix di delusione e pessimismo per un contesto già vissuto. La valigia è pronta, il countdown sta per scadere e i dubbi sono veramente tanti. Cosa sarà di questa Fiorentina? la partenza del serbo rischia di farla crollare come un castello di carte.

Gli Scudetti passano anche dagli 1-0 a Salerno (di Francesco Moria)

Quasi per paradosso, tra le squadre contro cui il Napoli finora ha fatto maggiormente fatica a segnare in questo campionato ci sono due neopromosse: Venezia e Salernitana. Eppure, il successo ottenuto all’Arechi, di forza e di grande sostanza, pesa eccome nella stagione degli azzurri. Un po’ perché di fronte si sono ritrovati una Salernitana agguerrita, carica per un derby sentito che non si vedeva da 17 anni; un po’ perché l’assenza di Osimhen e la panchina di Insigne hanno confermato che, senza di loro, l’attacco di Spalletti inevitabilmente gira meno. Non è dipendenza, ma si tratta del normale peso che i campioni hanno nelle prestazioni della propria squadra. Più che di Mertens, ancora lontanissimo dalla sua miglior forma, il Napoli ha avuto bisogno di un attacco di peso e, alla fine, ha saputo uscire da una situazione intricata, da una di quelle classiche gare che, con Gattuso e Ancelotti, erano costate tanti punti in passato. E poi, ovviamente, grandi meriti a una difesa che funziona, difficilissima da penetrare. Non sappiamo quanto durerà questo ritmo forsennato degli azzurri, ma se riesci a vincere anche giocando complessivamente male e soffrendo, significa che l’obiettivo più grande lo devi puntare. Dietro, Milan e Napoli avrebbero già fatto il vuoto se non ci fosse l’Inter a mantenere viva una parvenza di lotta a tre. E questo, sul piano mentale, conterà eccome, anche quando arriverà il momento di alzare l’asticella.

Mourinho, mentalità. Solo fuori dal campo però. (di Alessio Milone)

Mourinho è un grande comunicatore. Nei momenti difficili, sa come tenersi stretta la benevolenza dei tifosi. È un atteggiamento da leader, capiamoci: da vincenti. Nel senso: dopo aver preso sei gol in Norvegia in Conference League, aver perso tutti gli scontri diretti compreso quello con il Milan di ieri sera, la piazza giallorossa si sarebbe rivoltata in strada pretendendo la testa dell’allenatore. Mou, da comunicatore eccellente qual è, sta invece riuscendo a tenere dalla sua il calore della piazza, al netto di quei pochi che iniziano a pensarla diversamente e che – paradossalmente – son definiti bastian contrari. Ha colpe, l’allenatore portoghese? Sicuramente sì: ha spaccato in due lo spogliatoio, tracciando una linea di separazione netta non tra titolari e panchinari, ma tra chi sarebbe degno o non degno di giocare in Serie A. Gonzalo Villar è diventato all’improvviso un calciatore da terza categoria? Borja Mayoral ha perso tutto il talento? Ovviamente no, ma c’è poco da fare: Mourinho la pensa così, Mourinho comanda, Mourinho decide. Almeno, fin quando sarà in grado di tenersi Roma dalla sua parte.

Salernitana-Napoli derby? Quando i capitani si dimostrano più maturi dei tifosi (di Giuseppe Pucciarelli)

Ci sono partite che si fregiano da sempre dell’appellativo di derby e nessuno osa contraddire quest’etichetta. Chi oserebbe contestare a un Milan-Inter l’appellativo di derby? Chi oserebbe contestare a un Palermo-Catania l’appellativo di derby? Chi oserebbe contestare a un Legnano-Pro Patria l’appellativo di derby? Salernitana-Napoli ha tutte le caratteristiche per essere definita giustamente un derby tra le squadre rappresentative delle due principali città della Campania. Ebbene, la maggioranza dei tifosi partenopei, in maniera del tutto incomprensibile, non la pensa in questo modo. Perché spinti da una spocchia della quale sinceramente non se ne capisce la ragione. Risultato? Salernitana-Napoli si è giocata, la capolista ha vinto 1-0 non senza fatica e i due calciatori più rappresentativi del Napoli, Kalidou Koulibaly e Lorenzo Insigne, si sono espressi chiaramente sui propri profili social. Il primo ha parlato di “derby vero“, il secondo ha scritto che i “derby si vincono e non si giocano“. Utilizzando l’appellativo “derby” per Salernitana-Napoli senza problemi. Quando i capitani si dimostrano decisamente più maturi dei loro tifosi.

Il volto rabbuiato di Giulini: un’altra annata cagliaritana all’insegna della sofferenza (di Fabio Ornano)

Il Cagliari è in caduta libera. La sconfitta maturata ieri al Dall’Ara contro il Bologna di Mihajlovic – il quale, nel post partita, ha parlato di “vittoria strameritata e gara dominata“, calcando la mano – lascia i sardi nell’amarissima ultima casella della classifica. Una squadra piena zeppa di problematiche, a ogni livello, impressione confermata dal presidente rossoblù Giulini alla fine del match: “Gli stessi problemi che c’erano quando in panchina sedeva Semplici, ci sono ancora oggi“. Un’ammissione amara, pesante, in cui ha trovato spazio la massima fiducia nei confronti di Mazzarri, considerato “tra le poche certezze a cui aggrapparsi“. Chissà… potrebbe bastare un exploit per cambiare il trend e sbloccare una realtà in perenne sofferenza: viene però in salita scorgere una spruzzata di blu in un cielo carico di nubi minacciose.