Una stagione da dieci in pagella per Alice Betto. In estate la talentuosa triatleta delle Fiamme Oro è stata tra le protagoniste della squadra italiana presente a Tokyo 2020: un sogno olimpico finalmente concretizzato dopo essere sfuggito per ben due volte in passato. Il suo percorso però non si è fermato e nel mese di ottobre ha confermato un’ottima condizione fisica, portando a casa nel giro di poche settimane due titoli italiani. A Cervia si è laureata per la prima volta campionessa italiana nella prova sprint precedendo Carlotta Missaglia e Beatrice Mallozzi. Due settimane dopo, a Lignano Sabbiadoro, è nuovamente festa con la vittoria nei Campionati Italiani di triathlon olimpico davanti alla compagna di squadra Verena Steinhauser e ad Alessandra Tamburri. Una serie di successi che la confermano tra le atlete più forti e sicuramente tra le più rappresentative del panorama italiano.
Un 2021 di grandi soddisfazioni sportive per Alice Betto. Le ultime sono arrivate in questo mese di ottobre quando è riuscita a realizzare una strepitosa doppietta: titolo italiano nella sprint e nell’olimpico. Quali sono state le sue sensazioni in gara?
Il successo nella sprint è stato cercato e voluto perché in tutti questi anni non ero ancora riuscita a vincere questo titolo. Tante volte sul podio ma mai prima, quindi speravo di chiudere in bellezza l’anno con la vittoria del Campionato Italiano. Sull’olimpico ero un po’ più sicura anche perché lo avevo già conquistato in anni passati, poi la distanza la sento più mia e sono consapevole delle mie capacità; sulla sprint invece alcune volte entrano in gioco altre dinamiche, essendo una gara più veloce, e non riesco a esprimermi al meglio.
Torniamo indietro di qualche mese. In estate finalmente la partecipazione ai Giochi Olimpici conclusa con un importante e storico settimo posto. Qual è il ricordo più bello di questa esperienza?
Tutto il periodo. Ho vissuto un sogno. Ho sempre cercato di immaginare come fosse quell’ambiente, la gara, il clima e l’atmosfera all’interno del villaggio olimpico; devo dire che non sono mai riuscito a realizzarlo fino a quando non sono arrivata lì. Conoscevo le mie avversarie e il percorso, perché ci avevo già gareggiato nel 2019. Mi porto a casa non solo l’emozione della gara, ma proprio tutto il clima, l’atmosfera, il fatto di sentirsi così importanti agli occhi degli stessi giapponesi, che ci hanno sempre accolto, il sentire un’unione così forte con la nazionale italiana e vedere atleti da tutto il mondo. La gara è stata il coronamento di tanti anni di sacrifici, passati tra infortuni e due olimpiadi sfuggite. Era la mia prima partecipazione e non posso fare confronti con le altre edizioni, però per me la cosa importante era essere lì e me la sono vissuta benissimo. Rispetto ad altri sport non gareggiavamo in uno stadio perciò lungo le strade del circuito abbiamo avuto un po’ di pubblico locale: questo ha aiutato a creare la giusta atmosfera.
Risultati frutto di una preparazione adeguata e ben strutturata per presentarsi al meglio a Tokyo 2020.
La stagione che sta terminando è stata particolare perché ho iniziato a gareggiare ad aprile e non ho disputato tante prove prima dell’appuntamento olimpico: una situazione diversa rispetto a come sono sempre stata abituata. Devo dire ideale per i Giochi Olimpici perché avendo solo due appuntamenti grossi prima di Tokyo ho avuto modo di fare un bel periodo di preparazione in inverno, gareggiare in maniera centellinata ed eseguire un secondo blocco in altura per preparare al meglio le Olimpiadi.
Con la bici ha un particolare feeling. Cosa la affascina di più delle due ruote rispetto al nuoto e alla corsa?
Mi trovo sempre in difficoltà a rispondere a questa domanda. Ho un passato da nuotatrice, è stato il mio primo amore, e ho iniziato a fare triathlon relativamente tardi a 22 anni. In realtà amo tutti e tre gli sport, però nella bici trovo quell’idea di viaggio che non è solo allenamento ma anche scoperta: nel nuoto e nella corsa invece l’allenamento è allenamento. La bici l’ho scoperta viaggiando e quando l’ho presa in mano la prima volta non è stato per allenarmi ma per girare e scoprire posti nuovi. Poi è ovvio, quando il triathlon è diventato il mio lavoro è anche cambiato il concetto del mio ciclismo, però mi è rimasta questa passione. Durante il periodo di riposo prendo la bici e mi faccio dei giri solo per il piacere di andarci.
Tra un nuotatore, un ciclista e un podista, quale figura pensa possa avere meno difficoltà nell’approcciarsi al triathlon?
Nel triathlon si vince con la corsa perché è la frazione finale e ti porta al traguardo. Essere un forte nuotatore e uno scarsissimo podista serve a poco, quindi ottime doti di corsa sono necessarie per puntare alla vittoria. Alla base però bisogna possedere una buona acquaticità, perché chi non nuota o inizia tardi si troverebbe sempre dietro nel triathlon di oggi: se esci già attardato dal nuoto, devi avere una bici mostruosa altrimenti sei destinato a stare nelle retrovie. La corsa tra le tre discipline è la più naturale, il ciclismo si può costruire facilmente, mentre il nuoto richiede molta tecnica.
Il 2021 si sta avvicinando alla conclusione. Per il futuro cosa la attende?
La prossima settimana partirò per Adu Dhabi per la seconda tappa di World Series del calendario 2022, la prima è stata ad Amburgo. Dopo mi attende un periodo di riposo di circa due settimane, poi una lenta ripresa in cui si cercherà di ritrovare il volume, quindi ritmi aerobici e di costruzione per poi arrivare a febbraio-marzo e inserire lavori più qualitativi. Il calendario prevede le prime prove tra marzo e aprile con punte stagionali tra giugno e agosto, ma non ho ancora definito il mio programma gare.