Una leggenda del futebol brasiliano e mondiale, che da oltre 60 anni è sinonimo di successo e travalica le epoche fino all’universo social: Mário Zagallo è ancora in prima fila, nonostante i problemi di salute e l’età avanzata. Un esempio di passione sconfinata per il calcio.
Un mito del calcio
Dici Mário Zagallo e dici Brasile, Mondiali, successo, l’inizio dell’epoca dorata del calcio verdeoro a livello internazionale. Quello che, tanto per capirci, prese il volo in occasione della Rimet 1958 in Svezia. L’estrema mancina di quella Nazionale, capace di trionfare nel Vecchio Continente e trascinare il Brasile nel grande calcio, era proprio lui: Mário Jorge Lobo Zagallo da Maceió, stato dell’Alagoas, può vantare di aver partecipato alla vittoria di quattro campionati del mondo. Nessuno è riuscito e probabilmente riuscirà a fare altrettanto nella storia.
All’ala
Nato il 9 agosto 1931 da genitori libanesi, Zagallo (Zakour il suo cognome originale) ha giocato dalla fine degli anni Quaranta fino a metà dei Sessanta, vestendo solamente tre maglie: América di Rio de Janeiro, Flamengo e Botafogo. Un’ala sinistra di elevata affidabilità, tatticamente intelligente, con un piede mancino ben educato. Tanto per capirci, uno di quegli elementi indispensabili negli equilibri di squadra: se ne accorse anche la Nazionale brasiliana quando, con la Coppa Rimet di Svezia ’58 alle porte, il giocatore di Maceió fu chiamato in verdeoro. Il resto è storia… Il bis quattro anni più tardi in Cile e il graduale ritiro dalle scene. Nel 1964 giocò l’ultima delle 33 partite con la Seleção (22 reti, non male) e l’anno successivo chiuse anche a livello di club, con cinque titoli carioca in bacheca.
Dal campo alla panchina
Non ci fu quasi interruzione di continuità tra la conclusione della carriera d’atleta e l’avvio di quella come allenatore. Già nel 1967 gli venne affidata la panchina del Botafogo dove aveva smesso di giocare: un triennio ricco di trofei, il quale portò come (quasi) inevitabile conseguenza di riportarlo prepotentemente in auge pure a livello federale. Fu scelto proprio Zagallo per sostituire l’esonerato Saldanha alla vigilia della Rimet di Messico ’70. Purtroppo, noi italiani sappiamo bene come andò! Era la squadra stellare che poté permettersi il lusso di schierare contemporaneamente Jairzinho, Gérson, Tostão, Pelé e Rivellino, e che si garantì un posto nella leggenda. Sulla scia di quel trionfo, Zagallo rimase in sella fino al successivo torneo iridato in Germania Ovest, esercitando allo stesso tempo il ruolo di allenatore di club con Fluminense, Flamengo e Botafogo. Queste ultime due piazze lo hanno visto ritornare ancora negli anni a seguire. Per la cronaca, al Mondiale ’74 non andò così bene come in Messico.
Autentico giramondo
Dalla seconda metà degli anni Settanta Zagallo intraprese il mestiere del giramondo, chiamato ad insegnare calcio in realtà ancora da esplorare ed educare al verbo del pallone. Così, si spiegano le esperienze come selezionatore del Kuwait (1976-78), nell’Al-Hilal e nell’Al-Nassr (Arabia Saudita), sulla panchina della Nazionale saudita tra il 1981 e il 1984. Certo, un periodo pure molto remunerativo per l’iridato verdeoro, il quale cercò di seminare qualcosa di buono per il futuro del calcio in quei territori. Riesce nell’impresa di qualificare gli Emirati Arabi Uniti a Italia ’90, gli viene però contestata dalla federazione una dichiarazione alla stampa in cui si sarebbe preso tutti i meriti del successo. Viene esonerato quindi a gennaio, per lasciare spazio al fido Carlos Alberto Parreira. La coppia guiderà il Brasile al “Tetra” di Stati Uniti 1994, ancora contro l’Italia. Zagallo completò così un favoloso poker, che non poté essere incrementato nel ’98 per la sconfitta in finale con la Francia. L’anno prima aveva vinto la Copa América.
Dopo il campo
Lasciò il calcio ad alto livello dopo essere stato nuovamente Direttore Tecnico del Brasile tra il 2003 e il 2006. A 75 anni, Zagallo cominciò a godersi la vecchiaia con gli inevitabili acciacchi fisici. Oggi, che ha toccato il traguardo dei 90, appare regolarmente sulla propria pagina Instagram (zagallooficial) che conta 102.000 follower. Ormai costretto su una sedia a rotelle, non ha perso la propria fibra e non ha timore di mostrarsi, pure in brevi video: a luglio, ha criticato con grande rammarico il tifo contrario di alcuni brasiliani nei confronti della amarelinha, in occasione della gara contro l’Argentina. Un amore infinito, quello per il suo Paese e la maglia verdeoro, che resteranno un esempio eterno anche in futuro. W Zagallo!