L’importanza di chiamarsi Stefano
Possiamo dire che, ad eccezione di Antonio Conte, per il momento ancora fermo, Stefano Pioli sia attualmente il miglior allenatore italiano in attività? Per il fatto stesso che quest’affermazione vanga fatta in punta di piedi, quasi chiedendo il permesso, è il segnale che, forse, siamo nella direzione giusta. Nella giornata in cui ben quattro allenatori delle big di Serie A saranno costretti a guardare la partita dagli spalti, perché espulsi per manie di protagonismo nel turno precedente, ce n’è uno invece che guarda gli altri tutti dall’alto della classifica. Ed è proprio l’uomo barbuto che siede sulla panchina del Diavolo, da ormai 737 giorni. Mai una parola fuori posto, mai un atteggiamento che lo erga al di sopra della squadra. Mai protagonista come altri suoi colleghi, a volte antipatici nelle proteste reiterate contro gli arbitri. Idee chiare e atteggiamento lineare. Barra dritta, costi quel che costi. Da quando è arrivato il Milan, salvo un primo periodo di assestamento culminato con l’umiliante 5-0 di Bergamo a Natale, è lentamente progredito in un’evoluzione costante che, al cospetto di una squadra tecnicamente non di primissimo piano, lo ha riportato stabilmente ai vertici del calcio italiano. E possiamo dire anche che Paolo Maldini oggi sia il miglior dirigente del calcio italiano? Ha cominciato la sua carriera dietro la scrivania il 5 Agosto 2018, sono passati poco più di tre anni ed è diventato il deus ex-machina del Milan. Capace non solo di fare mercato e di firmare le carte, ma vero e proprio punto di riferimento di tutto l’ambiente rossonero. Faro per i giocatori che a lui si appigliano nei momenti difficili e ai quali lui fa sentire sempre la propria presenza. Innamorato, com’è sempre stato, dei colori a strisce verticali rosse e nere. Vero e proprio vessillo di famiglia, da papà Cesare tramandato.
In attesa della partita del Napoli contro il Bologna, dopo dieci giornate il Milan svetta in classifica davanti a tutti con uno score mai ottenuto nell’era dei tre punti: 28 tacche, frutto di 9 vittorie e 1 pareggio. Quest’ultimo in casa della Juventus. Cinque successi su cinque al Meazza, quattro lontano da casa. Ventitré gol fatti, secondo attacco dietro quello dei cugini dell’Inter, e 9 subìti. Quattro di questi finiti alle spalle di Tatarusanu soltanto nell’ultima settimana, per mano di Verona e Bologna e qualche distrazione di troppo. I numeri, insomma, parlano bene per il Milan di Stefano Pioli. Che da inizio campionato, in un macabro trend di infortuni che sta diventando fastidioso, è costretto sempre a rinunciare a pedine chiave, non potendo mai schierare l’undici ideale. Ora i graduali rientri dal Covid di Théo Hernández e Brahim Díaz, il recupero di Kessie e Ibrahimovic e i lenti progressi di Ante Rebic mettono l’allenatore di Parma in condizioni incoraggianti per affrontare un ultimo strappo importante, prima della nuova sosta per le nazionali di Novembre. Domenica c’è la Roma di Mourinho all’Olimpico, mercoledì con il Porto comincia l’operazione “impresa Champions” in cui qualificarsi vorrà dire vincerne tre su tre, quindi il 7 Novembre sarà derby contro l’Inter. Batterla potrebbe significare estromissione quasi definitiva dei cugini dalla lotta Scudetto.
In questo momento le certezze sono rappresentate da diversi elementi. In difesa Calabria ha ormai cementificato il suo processo di maturazione e, in un equilibrio quasi perfetto tra fase difensiva e offensiva, padroneggia la fascia destra con costanza. Tomori è l’acquisto migliore del tandem Maldini-Massara. Un riscatto da 28 milioni ripagato fin qui alla grande dall’anglo-canadese, vero e proprio pilastro come non se ne vedeva dai tempi di Thiago Silva. Coadiuvato da un altro leader calmo, Simon Kjaer. In mezzo al campo è impressionante il cambio di passo di Sandro Tonali. L’anno di apprendistato, che aveva scoraggiato molti, è evidentemente servito per fargli prendere confidenza con il centrocampo milanista. La sua crescita fisica è andata di pari passo e oggi l’ex-Brescia ha scalzato nelle gerarchie il campione d’Africa Bennacer. Davanti finalmente c’è un centravanti che, pur senza strafare e anche lui con qualche acciacco di troppo, concretizza la semina dei compagni. Olivier Giroud è un concentrato di esperienza, tecnica e personalità che fa dormire sonni tranquilli a Ibrahimovic, ormai non più in grado di sostenere una titolarità costante. E, soprattutto, fa i gol “semplici”. Quelli che semplici poi non sono per niente, ma che spesso il Milan ha rimpianto nei precedenti numeri nove.
È il primo vero momento chiave della stagione e il Milan l’affronta con la forza gentile di Stefano Pioli, un uomo che non ha bisogno di urlare per gridare la propria ambizione alla guida di un club che ha voglia di tornare ad essere protagonista. In Italia e in Europa.