La carriera di uno sportivo professionista, volendo fare un gioco di schematizzazione, la si può suddividere in tre grandi categorie. Esiste la carriera del “fuoriclasse“, del campione che vince con apparente facilità fin dai prodromi della sua attività e ha come principale difficoltà il mantenimento per più anni del suo talento. Esiste la carriera del “semplice atleta“, che onora il suo sport mettendocela tutta in ogni appuntamento ma che, fatta eccezione la giornata di gloria alla Steven Bradbury. Ed esiste la carriera del “buon atleta“, che avrebbe i numeri per imporsi spesso ma che, per un motivo o l’altro, stenta a trovare quella continuità di grandi risultati. Ma se riesce a sbloccarsi, non si ferma più.
Sonny Colbrelli, 31enne corridore di Salò in forza alla Bahrain Victorius, appartiene di diritto a quest’ultima categoria. Fino a giugno 2021, il gardenese era considerato da tutti un buonissimo corridore anche per le sue caratteristiche: velocista in grado di imporsi nelle volate di gruppo ma che non ha paura delle gare che prevedono salite non impegnative, in quanto in grado di reggerle. Un corridore da un curriculum vitae certo non scarno, che vede, tra i diversi successi, un Giro dell’Appennino nel 2014, una Tre Valli Varesine e una Coppa Agostoni nel 2016, un Gran Piemonte nel 2018, due edizioni della Coppa Bernocchi nel 2017 e nel 2018 e due edizioni della Coppa Sabatini nel 2014 e nel 2016.
Ma mancava per tutti qualcosa, qualcosa che avrebbe consentito al gardenese di spiccare definitivamente il volo. Mancava il suo anno. E quale stagione migliore di questo 2021 che definire trionfale per lo sport italiano appare addirittura eufemistico?
Che potesse essere scattato il cambiamento, lo si era ipotizzato dai due acuti al Romandia e al Delfinato. Se ne era avuta una prima conferma il 20 giugno, quando a Imola arrivò il successo al campionato italiano. Una maglia tricolore vestita poco, perché piacevolmente coperta da quella di campione europeo dopo la magnifica vittoria del 12 settembre a Trento davanti a un fenomeno come Remco Evenepoel.
Una manifestazione di potenza e sicurezza che ha reso Colbrelli definitivamente consapevole delle sue qualità. La strada per il Paradiso (sulla terra, eh) dei campioni del ciclismo era tracciata. Mancava l’ultima tappa. Una tappa leggendaria.
Ieri, dopo 2 anni di assenza, tornava in scena la Regina delle Classiche, l’Inferno del Nord: la Parigi-Roubaix. 257,7 km, 30 settori di pavé resi piscine di fango per la pioggia battente. Un Inferno che Colbrelli affrontava per la prima volta in carriera.
Il gardenese, senza farsi prendere dal panico, è sembrato essere un esperto delle pietre. Colbrelli non ha mai perso il contatto dai principali favoriti, battezzando nel finale la ruota giusta, quella dell’olandese Mathieu Van der Poel e, grazie a un pizzico di fortuna per gli incidenti occorsi a chi era davanti (il povero Gianni Moscon su tutti), si è ritrovato a entrare in testa nel mitico velodromo di Roubaix assieme a Van der Poel e al belga Vermeersch.
Fino a pochi mesi fa, una volata del genere avrebbe visto Van der Poel vincitore 11 volte su 10. Ma quando è l’anno della svolta, non ci sono fenomeni che tengano. Come Evenepoel a Trento, l’olandese si è dovuto arrendere al Colbrelli imbattibile di questo 2021. Il gardesano ha piazzato una volata apparsa fin troppo tranquilla e ha fatto sua la Monumento più difficile.
Sono tante le strade per il Paradiso ma la più bella, alle volte, è un Inferno. Un meraviglioso Inferno. Dopo 22 anni dal successo di Tafi, Roubaix torna tricolore. Ed è giusto che la nuova firma italiana porti il nome di Sonny Colbrelli.