Right here, right now: AEW All Out, “Wrestling is All Elite”
“Wrestling is All Elite”. Non esageriamo assolutamente, All Out non solo ha rappresentato il miglior ppv nella storia AEW ma costituisce una rivoluzione, un’inversione di tendenza netta e radicale negli equilibri del wrestling statunitense. Abbiamo assistito ad uno show memorabile, con un lottato a cinque stelle, qualsiasi match (a parte la breve e a senso unico vittoria di Wight) ha fornito il top in termini di lottato e pathos.
L’apice è stato raggiunto in occasione del match con in palio i titoli tag – team; in questo momento non esisteva un tandem più meritevole dei Lucha Brothers per porre fine al regno incontrastato degli Young Boys. La tipologia della gabbia ha permesso di limitare le consuete intromissioni dell’Elite, geniale e originale il ricorrere alle scarpe con le puntine. Fenix conferma, come se ce ne fosse ancora bisogno, di essere un fenomeno capace di qualsiasi acrobazia, Penta ha offerto una delle migliori performances in carriera, mettendo sul ring tanto cuore, fratellanza e lucidità da abbinare alle consuete qualità tecniche. Quale sarà il futuro a breve termine dei nuovi campioni: un feud con i FTR? Vedremo.
CM Punk, Adam Cole e Brian Danielson, “oh my God!”. Sono ancora elettrico dalla prima entrata di CM Punk a Chicago, non ho mai visto un’accoglienza del genere da quando seguo il wrestling, l’arena tremava e i cori del pubblico sovrastavano la theme song, il mondo AEW e non solo erano letteralmente impazziti, un’atmosfera incredibile che va ben al di là del rapporto tra fan e atleta, ci si è concentrati sull’aspetto personale e la condivisa ricerca di una disciplina di vecchio stampo, con molti appassionati sfiduciati della disciplina pronti a riabbracciarla. Tutta l’attesa verso il match contro Darby Allin ci ha fatto vivere un pathos indescrivibile, più unico che raro.
Ascoltare un bel “holy shit” ancora prima che suonasse il gong mentre il beniamino di casa cercava lo sguardo di Darby, ancora seduto all’angolo del ring in uno stato quasi tra il posseduto e l’aldilà con gli occhi semisocchiusi, vale da solo il prezzo del biglietto. Il match è stato emozionante, bravi i protagonisti a gestire al meglio la fisiologica fase di studio anche tenendo in considerazione la lunga assenza di Punk dai ring di wrestling. Finale prevedibile ma senza ridimensionare il pupillo di Sting, la cui comparsa nel post match ha dato quell’ulteriore valore aggiunto al contesto.
Andare ad individuare i top in un ppv memorabile costituisce un’impresa ardua, se non addirittura oltre le capacità umane. Io ci provo e, oltre alla sfida valevole per i titoli tag – team destinata ad entrare di diritto nel top dei match nella gabbia e in generale nella storia della categoria di coppia, vado a citare due sconfitti della serata: MJF e Christian Cage. Il leader del Pinnacle ha tenuto in pugno una buona fetta del match, riuscendo a collezionare un paio di ottime mosse che lo hanno portato ad un passo dal quarto e definitivo successo contro Chris Jericho.
MJF ha avuto il merito di collocare la sfida su un buon livello sul quadrato, andando a compensare la naturale lentezza del rivale in alcune fasi, e accendere ulteriormente l’arena con un’attitudine heel da standing – ovation. Mi è piaciuta da parte dei due protagonisti la gestione della seconda parte della sfida, ripresa dopo l’intervento del secondo arbitro. Tanto di cappello a Professionisti con la P maiuscola, capaci di farci vivere al massimo una rivalità nella quale abbiamo toccato con mano presunzione, odio, voglia di scrivere la storia, determinazione nel non appendere gli stivali in AEW, orgoglio, un mix pazzesco di emozioni.
Gli incredibili arrivi di Adam Cole e Brian Danielson non devono però finire per portarci ad accantonare quanto visto nel main event di AEW All Out. Sinceramente davo quasi per scontata la sconfitta di Christian Cage contro Kenny Omega dopo il passaggio del titolo Impact, ma, al tempo stesso, non mi aspettavo un match a cinque stelle. Che il campione in carica AEW sia un fenomeno e in questo momento il miglior interprete della disciplina nel mondo ci sono davvero pochi dubbi, mi ha riempito di orgoglio assistere ad una prestazione così superlativa di Christian Cage.
Nonostante gli anni che passano, la lunga lontananza dal ring, la scelta della WWE di non dargli un ruolo da protagonista in termini di lottato, questo Campione della disciplina ha dimostrato condivisione della filosofia portata avanti dalla federazione, voglia di rimettersi in discussione, umiltà, ambizione, orgoglio, condizione fisica, tanto cuore e una qualità tecnica destinata a non tramontare mai. È riuscito a portare Omega al limite, ha resistito ad un numero infinito di ginocchiate in pieno volto, ha sfiorato il secondo trionfo titolato nel giro di poche settimane con un paio di spears davvero poderose. Applausi e ancora applausi.
Adam Cole e Brian Danielson innalzano ulteriormente la caratura del roster AEW a livelli probabilmente inimmaginabili in un breve intervallo temporale. L’ex leader dell’Undisputed Era ha tutto per ritagliarsi uno spazio da protagonista: età, bagaglio tecnico – atletico, carisma. Non ce lo vedo nel lungo periodo a vivere parzialmente nell’ombra di Kenny Omega, penso che ne vedremo delle belle.
Nel frattempo inspiegabile l’incapacità della WWE nel puntare con decisione nei roster principali sul campione più duraturo nella storia di NXT, a sua volta oggetto di una trasformazione – potenziale involuzione della quale capiremo la portata soltanto nei prossimi mesi. Omega vs Danielson rappresenta il match dei sogni dei fans in giro per il mondo, lo vedremo a breve, giustamente non ci sarà il titolo in palio perchè in AEW esiste il sistema ranking e certi equilibri all’interno del roster vanno tutelati. Per i nostri occhi e i nostri cuori poco cambia, sarà spettacolo autentico.
Il Dark Order sta vivendo il suo periodo più complicato dopo la scomparsa di Brodie Lee, il gruppo è ad un passo dalla scissione, da un’implosione, è andato a vuoto il tentativo di eleggere Hangman Page (completamente assente nelle ultime settimane e tra i principali candidati a sfidare Kenny Omega per il titolo) e da quel momento si sono persi cocci lungo la strada. Il possibile arrivo in AEW dell’ex Bray Wyatt potrebbe rivelarsi l’uomo giusto al posto giusto nel momento giusto, occorre una guida con certe caratteristiche di leadership e follia, riconosciuta da tutti. Un personaggio del genere avrebbe tutto per far rinascere e portare la stable verso nuovi obiettivi.
La profonda amicizia con Brodie Lee fuori dal ring darebbe ulteriore spessore alla scelta. A causa delle complicazioni aeree dalla Gran Bretagna abbiamo dovuto attendere Rampage per goderci il duello tra Andrade e Pac, come mi aspettavo un qualcosa di sublime, sulla carta uno dei match più attesi dal sottoscritto. L’inattesa rottura con Chavo Guerrero potrebbe far spalancare le porte all’arrivo di Ric Flair, già uno stretto familiare acquisito di Andrade nella vita reale e presente al suo fianco all’ultima edizione di TripleMania. E poi poter rivedere The Nature Boy al fianco di vecchi amici come Anderson e Blanchard e soprattutto incrociare lo sguardo di Sting non avrebbe prezzo…
Concludo soffermandomi su Malakai Black, tanta roba dentro il ring e un personaggio credibile fino in fondo. Sta salendo l’attesa per la rivincita contro Cody Rhodes, nella quale il vicepresidente deve dimostrare di essere capace di ribaltare i pronostici e rimettere in equilibrio un feud che finora ha visto assoluto dominatore il rappresentante dell’oscurità, reduce da vittorie schiaccianti contro la un’intera scuderia, L’eventuale doppietta di Malakai accelererebbe non poco il suo push verso i quartieri più alti della federazione, andando alla ricerca di nuovi avversari quotati e, perchè no, di inattesi alleati lungo il cammino.
Un dominio incontrastato anche quello di Miro, ma il titolo TNT è stato messo seriamente in bilico nel duello contro Kingston, il quale ha tirato fuori dal cilindro una delle mie migliori, se non la numero uno in assoluto, prestazioni da quando milita in AEW. Alcuni discutibili episodi arbitrali nel finale hanno consentito al bulgaro di prolungare il regno, quella rivalità meriterebbe però ulteriori approfondimenti.