Lo abbiamo già scritto ieri: la conferma, sulla panchina del Lugano, del Crus, ci ha lasciato al momento un po’ stupiti. Stupore che si è poi trasformato in soddisfazione: Mattia è una presenza costante in questi ultimi anni, sempre sorridente, sempre pronto a regalare battute e buonumore all’ambiente. In diversi, nelle scorse settimane, erano andati a cercare, tra le pieghe del regolamento, un cavillo che gli consentisse di restare. E, per quanto inattesa, la notizia è stata salutata con favore sia tra gli addetti ai lavori che dalla tifoseria, che non ha mancato di esprimersi favorevolmente sui canali social.
Sia chiaro: quest’ultimo passaggio, soprattutto, non era così scontato, perlomeno per chi conosce le dinamiche delle rivalità sportive cantonali in Ticino. Il Crus è il prototipo dei magna Lügan: momò, bandiera del Chiasso e, manco a dirlo, tifoso dell’Ambrì Piotta di hockey (come da tradizione, per chi abita a sud del Ponte Diga). Eppure si è fatto benvolere dal tifo Sbroja, il tutto senza mai rinnegare il proprio passato (che, a onor del vero, parla anche di 99 partite giocate in maglia bianconera, e di una mamma tifosissima del club di via Trevano).
A parte il folklore, però, le ragioni che hanno spinto la nuova proprietà a fare questa scelta sono state, ovviamente, altre. Al di là di quello che è stato detto, ieri, in conferenza stampa, e che vi abbiamo riportato, la sensazione è che i plenipotenziari elvetici di Joe Mansueto abbiano già colto alcune dinamiche. Probabilmente, in pochi si aspettavano che Abel Braga avesse lasciato un segno così profondo in un ambiente, come quello di Lugano, normalmente diffidente nei confronti di chi viene da fuori. La risposta, quindi, non poteva essere un tecnico svizzero tedesco magari, per forza di cose, non di prima fascia.
Diversi erano i nomi girati in queste settimane: da Frei a Wicky (attualmente, con scarsa fortuna, proprio a Chicago), passando per Christian Gross, visto più volte in Ticino in questo periodo. Addirittura, qualcuno aveva ipotizzato un possibile ritorno di Tramezzani, in cerca di riscossa dopo le diverse delusioni su altre panchine, in Svizzera e non.
Intendiamoci: a stagione in corso, non era facile trovare un profilo che potesse soddisfare tutti i requisiti e, soprattutto, non risultare una diminutio rispetto a un monumento come il brasiliano che resta, comunque, uno degli allenatori più titolati (se non il più vincente in assoluto) mai approdato in Svizzera. Quando, ieri pomeriggio, Martin Blaser ha detto che c’è stato un grande lavoro dietro questa scelta, non abbiamo quindi faticato a credergli.
Non sappiamo se, in qualche momento, qualcuno abbia pensato di aver fatto una scelta troppo affrettata, allontanando Braga, o se ci sia stato qualche imprevisto, con nomi importanti che abbiano ritirato, all’ultimo istante, la propria disponibilità. Certo, la nuova dirigenza bianconera (ieri la SFL ha ufficializzato il passaggio di proprietà) appare tutto tranne che sprovveduta. Tuttavia, è oggettivo che il mese di settembre sia il meno indicato per cambiare allenatore a una squadra di Super League.
Premesso questo, Blaser avrà sicuramente pensato alle parole di Renzetti, il quale ha sempre espresso, in questi giorni di commiato, elogi per il proprio staff, in campo e fuori. Parole non obbligate, che venivano dal cuore e, che soprattutto, rimarcavano il forte legame del club (e di chi ci lavora) con la città, e non solo. Come dimenticare, per esempio, l’iniziativa dello scorso anno quando, in piena pandemia, la società ha mandato in giro per il Cantone un furgoncino a consegnare, ai propri abbonati più anziani, gadget e generi alimentari di prima necessità?
E la chiave, secondo noi, è stata proprio questa: il legame con il territorio. Non sappiamo se Joe Mansueto abbia avuto questa sensazione ma, di sicuro, l’hanno avuta i suoi collaboratori che sono, prima di tutto, svizzeri, anche se vengono da su. Il Crus, con il suo collaudato staff (e non solo, tra l’altro: la squadra e lo spogliatoio hanno parlato, con quel linguaggio del campo che chi è dell’ambiente non ha potuto non comprendere) ci hanno poi messo del loro.
Blaser, che prova a fingere di non capire troppo di calcio e di non avere dimestichezza con questo mondo, ha colto perfettamente. Da Silva, il quale è invece uomo di campo a tutto tondo, e che ha la piena fiducia della proprietà, ha fatto anch’egli le proprie valutazioni, che ha espresso ieri davanti alla stampa. Il risultato di queste considerazioni è oggi sotto i nostri occhi.
Il Lugano ai ticinesi, dunque, con la coppia Mattia Croci Torti – Cao Ortelli (lui, invece, garanzia di luganesità al massimo livello); probabilmente, l’unica alternativa che la piazza avrebbe accettato con entusiasmo, dopo la partenza di Abel Braga. Un azzardo? No, secondo noi. Il tecnico vive questo spogliatoio da quattro anni, e garantisce continuità a un gruppo che ha bisogno come il pane di certezze. E al quale il terzo tecnico in tre mesi avrebbe sicuramente regalato, per forza di cose, altre incertezze su tattiche, gerarchie e dinamiche.
Si parte da una squadra che, lo scorso anno, ha fatto un quarto posto che, con un po’ più di concentrazione nel finale, avrebbe potuto essere un terzo, per non parlare di uno sfortunatissimo quarto di finale di Coppa svizzera, perso anche e soprattutto a causa del vento. Si possono dire tante cose, discutere sui difetti tecnici dei singoli: però, di sicuro, quella che non manca è la coesione dello spogliatoio, garantita da un amalgama tra vecchi e giovani che, tutto sommato, funziona.
Queste due settimane (oltre allo schizofrenico periodo estivo, con i giocatori del Sona ad allenarsi in Ticino…) lo hanno dimostrato. Se questo è il punto forte della squadra, non valeva la pena sterilizzarlo, magari facendo arrivare un allenatore di seconda fascia dalla Svizzera interna. Tra l’altro, il Crus parla un buon tedesco, oltre al francese, da quello che sappiamo (si era parlato della necessità di un tecnico giovane, che sapesse parlare anche le lingue).
In conclusione: scommessa sì (Croci Torti sta ancora facendo il corso allenatori, e ha solo 39 anni), ma fino a un certo punto. Di sicuro, la scelta ha messo, sinora, d’accordo tutti quanti, tifosi compresi. Ora, a parlare, sarà il campo, giudice inappellabile. Tuttavia, è un dato di fatto che la conferma consentirà al tecnico di lavorare con serenità e di inserire i nuovi arrivati che, in allenamento, stanno già facendo vedere cose interessanti. Testa al Grasshopper, quindi, che torna a Cornaredo dopo due anni di assenza: ci saremo, vi racconteremo la partita, e raccoglieremo le impressioni del tecnico a fine gara. Buon lavoro, Crus.