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Da un campo rifugiati e la casa in fiamme al Real Madrid: chi è davvero Camavinga

È stato uno degli ultimi, clamorosi colpi di questo folle calciomercato estivo ed è da anni considerato come uno degli astri nascenti a livello mondiale, eppure da bambino Eduardo Camavinga non voleva nemmeno fare il calciatore. Nei primi anni di vita, l’ormai nuovo centrocampista del Real Madrid sembrava destinato a diventare un judoka: era soprattutto la madre a spingere per questa via, sperando che il giovane potesse percorrere le stesse orme del padre. Non era però quello il vero talento di Camavinga, che passava ore in casa distruggendo ogni cosa, usando un pallone tra i piedi. Era il chiaro segnale, per la sua famiglia, che sarebbe stato meglio lasciar sfogare il figlio su un campo da calcio. Ed è così che, a sette anni, il padre Celestino lo iscrisse al Drapeau Fougeres, la squadra della loro città, a circa 50 chilometri nel nord-est di Rennes, in Francia: era l’inizio di una scalata che, 11 anni dopo, lo avrebbe portato a vestire una delle maglie più importanti nel mondo del calcio.

Terzo di sei figli, Camavinga in realtà è nato nel 2002 a Miconje, una piccola località situata in un campo rifugiati in Angola, dove si erano ritrovati i genitori congolesi per sfuggire dalla guerra. Erano gli anni della seconda guerra del Congo, la più grande della storia recente in Africa, coinvolgente ben 8 Stati e causa di 5 milioni di morti, tanto da essere anche chiamata la Guerra Mondiale Africana. Un conflitto estremamente intricato, coinvolgente anche scontri etnici come quello tra Hutu e Tutsi e inizialmente nato nell’allora Zaire, salvo poi sfociare in un conflitto interstatuale, coinvolgente Namibia, Zimbabwe, Angola e Ciad da una parte (a sostegno del governo della Repubblica Democratica del Congo) e Uganda, Ruanda e Burundi dall’altra. Una volta riuscita a scappare dal Paese, la famiglia di Camavinga è riuscita a partire per la Francia, nella speranza di trovare lì sicurezza e un futuro per i figli.

Così il calcio è diventato anche per Eduardo un’occasione di riscatto. È un dono che la vita offre talvolta anche nelle situazioni e nelle storie più drammatiche e impensabili, riuscendo a regalare una luce a chi attorno a sé sembra avere solo buio. Camavinga, questo dono, ha dimostrato da subito di saperlo sfruttare: i suoi tocchi al pallone erano incredibilmente eleganti, mentre l’intelligenza in campo era degna di un ragazzo normalmente più grande. E, infatti, con la maglia del Drapeu Fougeres ha sempre giocato con bambini più avanti di età. Era un talento troppo chiaro per tutti, tanto che l’allenatore Nicolas Martinais se lo portò addirittura via con sé al CF2L quando cambiò panchina. Ed è lì che il Rennes, uno dei club più attenti in Francia nella valorizzazione dei talenti, notò il giovane centrocampista, decidendo di invitarlo per un campo estivo: attraverso gli occhi dell’allora allenatore dell’Under 19 Julian Stephan, il club francese fu il primo ad accorgersi, in quel momento, che dietro quei movimenti eleganti e la sua capacità di dominare il centrocampo ci fosse qualcosa di speciale.

Ma il calcio, in realtà, ha salvato davvero Camavinga anche successivamente, nel 2013, quando aveva appena 11 anni. La sua avventura al Rennes era ormai cominciata, ma improvvisamente rischiò di ritrovarsi senza nulla: la sua casa andò a fuoco durante alcuni lavori, distruggendo tutto ciò che c’era all’interno. È lo stesso ragazzo ad aver raccontato a Ouest France, in un’intervista del 2020, quella drammatica mattina:

“Eravamo in quella casa che avevano costruito i miei genitori da meno di un anno. Ricordo le fiamme come se fosse ieri. Ero a scuola e vidi i pompieri fuori dalla finestra. Alla fine della lezione, l’insegnante venne da me e mia sorella già piccola e ci spiegò cos’era successo. Mio padre venne a prenderci. Tutto era andato a fuoco, tutto era stato distrutto.”

“Il giorno dopo dovevo andare ad allenarmi e il calcio mi ha aiutato a rilassarmi. Era un modo per evadere. Mio padre mi disse di non preoccuparmi, che sarei diventato un grande calciatore e avrei ricostruito quella casa. Ero la speranza di famiglia. Improvvisamente, trovai la motivazione. I miei genitori erano già felici, ma sapevo che avrei potuto renderli ancora più felici.”


Quella promessa Camavinga l’ha mantenuta. Dopo aver aiutato i genitori a ricostruire la casa, anche grazie a una raccolta benefica, in pochi anni è emerso dal settore giovanile del Rennes, si è conquistato le prime convocazioni in prima squadra da parte proprio dell’uomo che l’aveva scoperto, Stephan (diventato nel frattempo allenatore dei “più grandi”), e ha iniziato a offrire le prime, incredibili prestazioni con i rossoneri. Il tecnico, oggi allo Strasburgo, aveva deciso di trasformare il suo gioiellino in un regista capace di giocare a tutto tondo, andando anche oltre le classiche caratteristiche del ruolo: un giocatore, insomma, capace di sfruttare il suo talento tra i piedi in fase di costruzione, alternando passaggi brevi e geniali sventagliate per i compagni e dettando così i tempi, ma allo stesso tempo sufficientemente sfrontato per prendersi i rischi di partire in progressione e rompere le linee, anche grazie al suo fisico snello, ma possente. D’altro canto, un 16enne che si conquista la palma di migliore in campo in una sfida come quella contro il Paris Saint-Germain, con alle spalle appena una decina di partite, può effettivamente essere considerato “un fenomeno di precocità”, come lo definì L’Equipe.

Da lì, Camavinga ha dato il via a un’evidente crescita, cominciando a migliorare vistosamente su tante caratteristiche che lo hanno reso più imprevedibile e “totale”. Non è un caso che, a circa un anno dall’esordio con il Rennes, sia arrivata anche la prima convocazione con la Nazionale francese, con cui oggi conta 3 presenze e anche una rete, segnata nel 7-1 rifilato all’Ucraina lo scorso ottobre: dal dopoguerra, mai nessuno era riuscito a trovare il gol così giovane, ad appena 17 anni e 10 mesi. Insomma, che fosse arrivato il momento di spiccare il volo lo avevano intuito ormai tutti. Il contratto in scadenza nel 2022 con il Rennes ha fatto il resto, accelerando la possibilità di una sua partenza per altri, più prestigiosi lidi.

Proprio quel PSG contro cui si era di fatto conoscere al mondo era disposto a tutto per inserirlo nella propria rosa e trasformarlo nell’ennesimo pezzo pregiato da mostrare nella vetrina del progetto qatariota. L’offerta dei parigini, però, non è stata sufficientemente interessante per superare la concorrenza del Real Madrid, che ha di fatto investito quasi tutti i soldi ricevuti dalla cessione di Ødegaard all’Arsenal, ennesimo trequartista nella rosa di Ancelotti non più utile alla causa madrilena, per assicurarsi un centrocampista in rapida ascesa ma con già un mix di discreta esperienza e coraggio molto interessante. Un’unione così atipica in un ragazzo di 18 anni che, però, ha già dimostrato di avere qualcosa di diverso rispetto agli altri ragazzi della sua età: gli occhi sognanti di un giovane che ha ancora davanti a sé un brillante futuro, ma già consapevoli di un adulto che ha vissuto la sofferenza e ha trovato la strada per il riscatto. Con l’obiettivo, ora, di continuare il suo percorso anche in Spagna.